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Viaggio in Mali con l’amico Leo Lombardi, geologo (2)
Per la puntata precedente, leggi qui . Arrivati al villaggio ci sedemmo con una delegazione di saggi del villaggio, raccolti sotto un albero a parlare, dopo che ci era stato offerto il thè di rito. Passò più di un’ora prima di riuscire a tranquillizzare quei poveri bambini che poi fecero a gara poter toccare Emanuela. Leo era venerato come un divinità perché era riuscito a portare una pompa a mano fino al villaggio quando il pozzo distava 500 metri. Durante la conversazione con i membri del villaggio, tutti sistemati sotto un baobab, notai che il sistema di dialogo era molto primitivo: mentre il tipo del governo parlava, il capo villaggio ripeteva le stesse parole come un sottofondo, una cantilena che accompagnava con movimenti della testa. Lo stesso fece il rappresentante governativo che aveva studiato a La Sorbonne. Riunione col capo villaggio; Leonardo è quello seduto all’estremo dx della foto L’organizzazione del villaggio era così fatta: Impossibile inserire altre famiglie al villaggio perché quel poco non bastava per tutti. Tutto era di tutti e veniva ripartito con delle regole ben precise. C’era una grande pietra, una sorta di basamento, poggiata su delle colonne di roccia alte non più di un metro dove si riuniva il gran consiglio del villaggio. Era la sala riunioni dove venivano prese le decisioni più importanti e si era obbligati a stare seduti perché il soffitto era molto basso. Tanti sono gli accorgimenti in uso presso il popolo dei villaggi maliani, con temperature di oltre 40 gradi, senza negozi, senza corrente, senza agricoltura e senza acqua, a due passi dal deserto. Credo che davvero loro siano capaci di fare miracoli. Nella parte nord del Mali si trova l’antica città di Timbuctu, sulle rive del fiume Niger. Nei pressi della città si trova un famoso carcere francese, composto da un solo muro in mezzo al deserto senza sbarre né catene per i detenuti che vengono lasciati liberi (si fa per dire). Una volta alla settimana arrivava un camion e lasciava acqua e viveri a sufficienza fino all’arrivo del prossimo camion. Impossibile scappare perché dopo due ore di cammino nel deserto si muore. Un’altra cosa che mi ha colpito è stato incontrare in questi villaggi dei bianchi che facevano volontariato: sporchi e puzzolenti da far paura. Svolgendo il loro compito perdevano, se si può dire, la loro dignità, mentre i neri, pur nella loro miseria, mi apparivano molto ma molto più dignitosi. In Mali i copertoni non muoiono mai: si usano per l’auto, poi sui carretti, poi diventano parabordi per le barche, poi suole per le scarpe e infine combustibile per cucinare. Si commercia tutto e niente, la gente cammina senza sembrare mai stanca, avvolta durante il cammino in una magica polvere rosa, quella speciale del tramonto nella savana.
Le foto in bianco e nero sono una gentile concessione del fotografo Robbi Hüner Dedicato all’amico Leo Lombardi, grande camminatore . [Viaggio in Mali con l’amico Leo Lombardi, geologo. (2) – Fine] Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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