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Chi, come noi sardi della costa, vive a contatto col mare, lo tratta con un misto di confidenza, ammirazione, rispetto e paura: è sempre stato lì, bello e mutevole. Bello quando è calmo, bello quando è increspato, bello quando è in tempesta, bello nei colori dell’alba e del tramonto, bello nelle notti nere e al chiaro di luna …E voi a Ponza?
In tutto questo e in quelle barche dipinte da van Gogh vedo una metafora della vita, ma anche in quella frase che Roberto Vecchioni, nella sua versione di “Vincent” (vedere in seguito), fa dire da Paul Gauguin al suo amico van Gogh:
Quest’opera è stata dipinta nel 1881 in Camargue nella zona alle foci del Rodano presso Saint-Maries-de-la-Mer a poche decine di chilometri da Arles dove il maestro olandese aveva trovato casa nel 1888 con l’idea di fondare un circolo di artisti. Dopo aver a lungo desiderato di vedere il Mediterraneo, in questi luoghi Vincent Van Gogh trovò finalmente la luce che gli occorreva per dipingere.
Vincent van Gogh: “Barche sulla spiaggia di Les Saintes-Maries-de-la-Mer” 1888 – Van Gogh Museum, Amsterdam
La vita, per molti, è un mare quasi calmo o comunque con poche, accettabili tempeste e questo può, qualche volta, aiutare a campare a lungo.
La vita di Vincent van Gogh (1853-1890) è stata praticamente un’unica tempesta; è fin troppo evidente, leggendo la sua biografia e le sue parole: “Nella mia febbre cerebrale o follia, non so come chiamarla, i miei pensieri hanno navigato molti mari; a momenti, come le onde disperate s’infrangono sulle scogliere indifferenti, un desiderio tumultuoso di abbracciare qualcosa”.
Vincent van Gogh, in trentasette anni vide di tutto: i biografi segnalano una vita sentimentale travagliata, epilessia, alcolismo e schizofrenia. Tutto ciò che nella società di allora (ma direi che non è cambiato molto, nel senso comune di “normalità”) dava valore a una vita – e cioè provvedere al proprio sostentamento, costruire una famiglia, stabilire appaganti rapporti umani ecc. – fu per Vincent un amaro fallimento.
“La sua vita fu un unico insuccesso”, leggo in una pubblicazione sull’argomento; l’arte fu il suo sfogo …e che sfogo!
Ma tutta la sua grandezza fu riconosciuta quando lui ormai non c’era più.
Una breve vita, divorata in modo dissennato, ma alcune persone – per caso, per necessità o per vocazione – non sanno che farsene dei consigli per vivere in modo sano ed equilibrato. Possiamo forse dire che non hanno scelta; si trovano ai margini della cosiddetta ‘normalità’. I loro travagli materiali e spirituali li portano a distruggersi sino a morirne, più spesso senza lasciare tracce; ma talvolta anche a creare opere straordinarie che sfidano il tempo.
Queste opere sono, per noi comuni mortali che magari campiamo sino a novant’anni, una finestra per guardare il bello e comprendere quali vette può raggiungere la mente umana nel mistero della sua genialità, spesso accompagnata a quella che noi, forse impropriamente e certo frettolosamente, chiamiamo “follia”.
I cantautori hanno pescato a piene mani in tutta questa vicenda, carica di significati, di creatività, di palpitante sensibilità e di dolore.
Diritto di precedenza alla prima versione di Vincent, bellissima e molto famosa, di Don McLean, e poi spazio alla struggente rivisitazione di Vecchioni e Nascimbeni che danno voce alla tormentata amicizia tra van Gogh e Gauguin.
Notte stellata è un dipinto a olio su tela (92×73 cm), realizzato nel 1889 da Vincent Van Gogh e conservato nel Museum of Modern Art di New York. Rappresenta un paesaggio stellato visto dalla finestra del sanatorio sopra la città di Saint-Rémy-de-Provence in Francia; una visione notturna, sebbene sia stato eseguito di giorno
Vincent (Starry starry night) – Parole e musica di Don McLean: dall’album “American Pie” (1971:
Starry, starry night
paint your palette blue and gray
look out on a summer’s day
with eyes that know the darkness in my soul.
Shadows on the hills
sketch the trees and the daffodils
catch the breeze and the winter chills
in colors on the snowy linen land
Now I understand what you tried to say to me
end how you suffered for your sanity
how you tried to set them free.
They would not listen, they did not know how.
Perhaps they’ll listen now.
Starry, starry night
Flaming flowers that brightly blaze
Swirling clouds in violet haze
Reflect in Vincent’s eyes of china blue
Colors changing hue
Morning fields of amber grain
Weathered faces lined in pain
Are soothed beneath the artist’s loving hand
Now I understand what you tried to say to me
And how you suffered for your sanity
And how you tried to set them free
They would not listen, they did not know how
Perhaps they’ll listen now
For they could not love you
But still your love was true
And when no hope was left in sight
On that starry, starry night
You took your life as lovers often do
But I could have told you, Vincent
This world was never meant
For one as beautiful as you
Starry, starry night
Portraits hung in empty halls
Frameless heads on nameless walls
With eyes that watch the world and can’t forget
Like the strangers that you’ve met
The ragged men in ragged clothes
A silver thorn, a bloody rose
Lie crushed and broken on the virgin snow
Now I think I know what you tried to say to me
And how you suffered for your sanity
And how you tried to set them free
They would not listen, they’re not listening still
Perhaps they never will
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Immagine di copertina: Il mare a Les-Saintes-Maries-De-La-Mer. 1888. Olio su tela 51×64 cm.; Rijksmuseum Vincent van Gogh Amsterdam
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[Il mare della vita e Vincent (1) – Continua]