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’U stracqu’ abbasci’a Scarrupata (3)

di Mimma Califano

 

Più o meno nella stessa epoca della vecchia ’i Veterass’ (leggi qui [1]), chi abitava sugli Scotti aveva come zona principale di recupero d’u stracqu’, la spiaggia del Bagno Vecchio e ’a scarrupata.
Lì erano il vento e le mareggiate del quadrante ovest a portare materiale a terra.

Notte di luna piena. Evidentemente quando la luce della luna lo consentiva, le persone si muovevano il prima possibile, anche in piena notte, per cercare di anticiparsi a vicenda.
Anche qui ricordo per filo e per segno il racconto di mio padre ma non il nome del protagonista, che poi era un sopranome. Chiamiamolo per semplicità Luigino.

Luigino decide di partire da solo e di buon’ora. Percorre tutto il sentiero che superato il pianoro degli Scotti svolta e inizia la discesa versa la Scarrupata.
A quel tempo il sentiero era diverso da come lo conosciamo oggi, con l’acciottolato che scende verso il mare abbastanza diritto e ripido. C’era invece un sentierino stretto a zig zag che passava adiacente alla ripida parete di roccia sovrastante, in alcuni punti il percorso accostava alla parete in altri si allontanava, solo nell’ultima parte diventava ripido in discesa. Qualche traccia di questo vecchio sentiero è ancora oggi visibile.

My beautiful picture [2]

La stradina che taglia la scarrupata, con il vecchio sentiero a zig-zag che scendeva sotto il dirupo. La roccia bianca di cui si parla nel testo (clicc. per ingrandire)

Luigino di buon passo scende e arriva quasi vicino al mare, più o meno dove oggi c’è lo sbarcatoio per il Faro. Incomincia di buona lena a cercare: diversi pezzi di legno, c’è anche una corda in buone condizioni. Inizia a preparare il suo mucchio e tutto soddisfatto vede che intorno c’è ancora diversa roba da recuperare. Nel mentre, sente delle voci che dal sentiero degli Scotti si vanno facendo sempre più nitide man mano che si avvicinano.

Accedènt’! – pensa Luigino, sono in tre o quattro, non faccio in tempo a raccattare tutto, mi perdo un  bel bottino! Come fare per fermarli?
Un attimo e gli viene una idea. Risale rapidamente la prima parte del sentiero, in un punto in cui il percorso è un po’ più scostato dalla parete, c’era – dovrebbe esserci ancora – una lastra di roccia liscia e chiara, quasi da sembrare di marmo.

Luigino rapidamente lascia il sentiero, la raggiunge, si spoglia praticamente nudo, e si mette tutto dritto con le braccia aperte come un Cristo in croce, totalmente immobile. La luce della luna che lo prende in pieno fa il resto, proiettando la sua immagine sulla roccia.
Quando i nuovi cercatori camminando e chiacchierando in tutta tranquillità arrivano di fronte a quella immagine, lanciano un urlo: Uh, Giesù Crist’ mie, perdono!
E facendosi il segno della croce, iniziano a scappare verso gli Scotti.
Luigino, tutto soddisfatto della sua trovata si riveste e può riprendere il suo stracqu’.

Ritornando a stracqu’ più usuali…
Capitava, soprattutto giù la spiaggia di Sant’Antonio, ma non solo, che a stracquare fossero i totani o a volte calamari. Allora diventava una festa. Tutti a correre giù la fortunata spiaggia per impadronirsi di un po’ di quell’inaspettato regalo.

Poi negli anni bui della guerra, lo stracqu’ divenne drammatico, ma di questo si è già parlato; come pure del recupero del materiale bellico. Con quello, negli anni del dopoguerra, furono preparate rudimentali bombe utilizzate per la pesca di frodo, con ulteriori dolorose conseguenze per alcuni degli improvvisati artificieri.

Oggi l’abbondanza e varietà di oggetti che il  mare restituisce alla terra è la misura da un lato della nostra ricchezza e dall’altro dello scempio che andiamo perpetrando sul nostro habitat.
Inoltre nessuno vuole più quel che il mare ci lascia ed allora l’opportunità di un tempo è diventata il degrado di oggi. In primis l’indistruttibile plastica.

Perché mentre un tempo si litigava su chi avesse visto per primo un qualsiasi oggetto, oggi bisogna – quando va bene – sostenere spese per far pulire le nostre coste dagli inutili rifiuti dello stracquo…..

…A meno che non arrivi un artista ad offrire una nuova opportunità a quel che il mare ci ha lasciato.

 

[Mimma Califano: ’U Stracqu’ (3) – Fine]