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Stracquo d’antan. ’A vecchia ’i veterass’ (2)

di Mimma Califano
Chiaia di Luna. 1951 copia [1]

 .

della stessa Autrice, per un articolo precedente, su questo tema, leggi qui [2]

 

Forse ci sarà ancora qualcuno che ricorda questo nome – in realtà un sopranome, quello vero io almeno non l’ho mai saputo -: ’A vecchia ’i veterass’ . All’epoca si diventava presto vecchi e con tale termine si veniva identificati, senza troppe sottigliezze.
Abitava a Giancos, poco oltre l’attuale Conad, andando verso Santa Maria.

La poverina, viveva di poco. Si racconta che non avesse né figli,  nè parenti stretti in grado di poterla  aiutare a mettere insieme il pranzo e la cena; condizione per altro frequentissima per le persone anziane, non esistendo le pensioni.

’A vecchia ’i veterass’ cercava perciò di arrangiarsi come poteva, non mancando peraltro di spirito di iniziativa.

La sua principale attività era fare le calze di lana; per intenderci quelle lavorate a quattro ferri, che girano intorno alla calza senza che debbano poi servire cuciture. Come si usava allora portava sulla lunga gonna scura un grembiule stretto in vita ed arrotolato su se stesso, dentro il gomitolo e le mani erano sempre intente a sferruzzare. Anche se doveva andare da qualche parte, camminava e le mani andavano per conto loro. Quando necessario, riponeva nel grembiule anche la calza che stava facendo per poi riprenderla appena possibile. Da questo lavoro incessante lei ricava da mangiare. Calze in cambio di una manciata di legumi, di un po’ di verdura, del pesce, qualche galletta etc.
Sempre pronta a cogliere ogni occasione, ’a vecchia ’i veterass’ non si lasciava mai sfuggire un temporale, al quale seguiva, misero o fortunato, ’nu stracqu’.

E qui inizia la nostra storiella.

Dopo una bella ponentata, il mare ancora mosso, il buio della notte rischiarato da una bella luna piena, ’a vecchia decide si avviarsi per tempo verso Chiaia di Luna, fidando nel detto: chi prima arriva, meglio alloggia.
Sicuramente i timori tipici dell’epoca le passavano per la mente, ma la necessità la vinceva su tutto, perciò attraversa il tunnel – cosa fatta già chissà quante volte – sbuca dall’altro lato e vede che le onde non sono ancora diminuite abbastanza; ma non si perde d’animo. Trova un angolo riparato, si siede e al chiarore della luna, riprende a sferruzzare […all’epoca nessuno si preoccupava delle eventuali pietre che potevano cadere!]

Passa forse un’ora o due e lentamente le onde vanno scemando. Così che lei si incammina lungo la riva e inizia la sua ricerca, raccogliendo un po’ di legna.
Sta preparando la sua fascina, quando vede un po’ oltre – più o meno nella zona dove per tanti anni c’è stato il ristorante ’i scassettiéll’ – una enorme cosa scura…
Il cuore le balza in gola: Oh Madonna mia! Ch’è state… che’gghié ?
Ha un momento di incertezza, però non smette di camminare, finchè, con sua enorme sorpresa, capisce che il mare ha portato a riva… una botte! Che meraviglia!

È una bella botte ancora in buone condizioni, le gira intorno, la guarda per bene. Accidenti! …è un piccolo tesoro, però portarla via, manco a parlarne. Spostarla? Ci prova ma con scarsi risultati. Che fare? La botte è coricata a terra e manca del coperchio dal lato rivolto verso il mare.

’A vecchia ’i veterass’ pensa: se la lascio e vado cercare aiuto, arriva qualcun altro e me la porta via… No, aggia resta’ ’cca!
Così che, per mettere un punto chiaro sull’appartenenza della botte, decide che la miglior cosa da fare è sedercisi  dentro!
Magari, organizza un rudimentale appoggio con la stessa fascina che ha raccolto sfruttando poi qualcosa di un po’ più asciutto. Accomodata che si è, faccia al mare illuminata da una splendida luna, riprende la sua calza.
Non passa neppure troppo tempo, quando inizia a sentire delle voci. Altra gente che arriva p’u stracqu’.
Mano mano le voci si avvicinano. Sono due uomini – mio padre mi diceva pure chi erano – ’a vecchia ’i veterass’ resta zitta.

Quando i due parlando, camminando e raccogliendo scorgono la botte, esclamazioni di gioia: Ué, ’uard ch’avimm truvate! Che bellezz’! …Avimm fatt’ buon’ a parti’ a’’mbress. E mmo! …comme facimm a ci’a purta’? Pruvamm ad aizzarl’.

Come provano, però, a spostare la botte, da dentro una voce imperiosa dice: Lu’ate i’ mman ’a coppa ’a votta mia!

I due malcapitati si guardano spaventatissimi: Madonna Santa, stanotte nn’é cosa bbona! …E scappano a gambe levate, facendo spaventare anche altri che stavano arrivando verso la spiaggia. .

’A vecchia ’i veterass’ continuò la sua calza.
A giorno fatto trovò poi il modo di contrattare la cessione della “sua” botte, ricavandone anche un discreto compenso.

 

Immagine di copertina: Chiaia di Luna quasi buio; 1951