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Il Fieno. Un sogno durato venticinque annidi Giuliano Massari . Pubblichiamo, su richiesta della Redazione prontamente esaudita, ed esplicitamente in memoria di Giustino da poco scomparso, le prime pagine (Premessa) del più recente libro di Giuliano Massari dedicato alla vita del Fieno.
So di aver attraversato un mare rosso [Erri De Luca: “E disse”; 2011] . Πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός – Tutte le cose della vita si modificano. Anche l’area del Fieno ha avuto le sue modificazioni ma soltanto di alcune possiamo individuare gli aspetti che li hanno caratterizzati. E’ mia intenzione di raccontare un periodo, quello dell’ultimo quarto di secolo, di cui oggi si parla quasi mitizzandolo, per restituirlo alla storia isolana, con tutte le attenzioni ed il rispetto per una piccola storia vissuta da pochi e poco raccontata, sfrondata da contaminazioni spesso lontane dal vero e da fantasiosi racconti. Per quello che è stato prima di questo periodo, complimenti e per quello che sarà, auguri. Il sentiero del Fieno. Immagine tratta dal DVD “Viarelle e parracine” di Nino Picicco, 2013.
Naturalmente mi sono avvalso di più memorie ma sopratutto della autorevole consulenza e dei ricordi di Giustino Mazzella a cui devo, con alcuni altri, anni indimenticabili Intorno agli anni sessanta era cominciato per Ponza il confronto con una nuova realtà: il turismo. L’impatto con un modo di vivere diverso, quello turistico spesso esasperato nella breve durata della vacanza, il confronto con un benessere che poteva essere alla portata, la possibilità di proventi meno dolorosi di quelli derivanti dalla attività su una terra inventata e strappata alla “montagna”, la vincente concorrenza dei prodotti agricoli e della vigna portati dalla nave, aveva provocato nei giovani il rifiuto del bidente e l’interesse per nuove attività di tipo commerciale e il graduale, straziante disincanto dei vecchi che venivano avvertendo, con i cambiamenti, la vanità delle loro fatiche. Mi racconta Giustino che soltanto alcuni anni prima di quella data vivevano del lavoro al Fieno una diecina di famiglie per una comunità di quasi 100 persone. Giustino Mazzella. Foto di G. Massari del 1975 ca.
Nel 1955 arrivò Giustino dagli USA: piantò al Fieno la bandiera americana e continuò il lavoro del padre producendo vino che vendeva in un suo locale di S. Antonio con l’insegna THE BEST WINE IN THE ISLAND, dipinta dal “Messicano”, allora pittore di insegne. Sul retro negozio c’era la non meno importante, allora, sede del Circolo dei Cacciatori. Una notazione. Gaetano Migliaccio detto ‘a Jatta. Foto di Giuliano Massari del 1975 ca. Alcuni continuarono la loro attività di vignaroli saltuariamente, quando cioè era il tempo degli adempimenti essenziali per il vigneto come fare la potarella, dare lo zolfo e il verderame, pulire i percorsi scippando l’erba e poi preparare la cantina per la vendemmia. Adalgiso Coppa aveva un incarico comunale alle acque, Gioì, diminutivo-vezzeggiativo americano di Giuseppe, Albano era diventato ormeggiatore, Giulillo, Angelo Migliaccio, aveva l’incarico di presidente della Coldiretti ponzese, Antonio Conte impegnato nelle attività commerciali del suocero Silverio Scotti conosciuto come Ninotto ed infine Carminuccio Pagano, detto ‘bboffacazone dal soprannome del suocero, che, sbarcato dal “Palmarola”, fu assunto come motorista alla Centrale (SEP) ma il suo primo impegno era di fare compagnia e da spalla alle battute di Ciro Jacono. Altri invece continuarono “anima e corpo” nelle loro fatiche: avevano quel lavoro e soltanto quello sapevano e avevano fatto per tutta la vita: Luigi Mazzella, detto ‘u Nero, per il suo colorito bruciato dal sole e Silverio Coppa, ‘a Bufera. “Le Caterine”. Immagini ricavate dai DVD di Rossano Di Loreto e Nino Picicco, 2013
Andavano di prima mattina e, in particolare ‘a Bufera, con qualunque tempo. L’unico che non perdeva occasione per stare al Fieno ed aspettava con ansia di andare in pensione era Ninotto, Silvio Mazzella, al quale mi hanno legato fino alla fine un grande affetto e amicizia e forse ammirazione quale inconsapevole interprete “beat” della propria esistenza. Alcuni di coloro chiamavano spesso a lavorare “a giornata” o “a forfait”, Biagio Coppa, ‘u cantoniere, Guido Scotti tornato dagli USA come Liberato Mazzella e Pasquale Mazzella, a tutti noto come Pascale Bbùm per una probabile difficoltà di udito e che forse vi teneva anche qualche terra di parenti. Il rendiconto delle presenze che ho appena descritto, metteva in evidenza la trasformazione in atto e la situazione che si veniva configurando: – la maggior parte dei coltivatori rimasti avevano altri lavori più redditizi e sicuramente meno faticosi; – altri dovevano continuare con lo stesso antico accanimento le fatiche di sempre perché di quello vivevano; – soltanto due, Giustino e Ninotto, non dovevano vivere della campagna. Lavoravano certo alla vigna, ma non la terra per la quale si servivano di aiuti. Ho sempre pensato che fosse stata una forte scelta di vita, oltre le considerazioni che riguardavano la proprietà, a trattenerli al Fieno. Ma erano in pochi. Erano le sentinelle del Fieno e per questo invitavano spesso gli amici, orgogliosi di offrire il proprio vino e perfino speravano che si presentasse qualche sconosciuto turista. Ma il desiderio era stare insieme. E bere del vino insieme a quelli che lo amano e che, sconosciuti, si amano. E a questo si deve quel Fieno che mi accingo a raccontare. Un segnale di continuità viene soprattutto da Antonio De Luca che, negli ultimi decenni del secolo scorso, decise di riavviare i vigneti della famiglia e di realizzare un ricovero che nel tempo, mi dicono, si è venuto trasformando in uno straordinario luogo di poesia dove spesso si ritira e vi accoglie gli amici che lo raggiungono dai più vari paesi del mondo. Ancora il mio ringraziamento a: – Giustino Mazzella che ha aderito a collaborare nella redazione di questi ricordi, che mi ha dato assistenza tecnica e con il quale abbiamo avuto qualche momento di nostalgia, – Luigino Mazzella che è sempre stato il mio silenzioso riferimento, – il prof. Silverio Lamonica, che tormento come consulente filologico e grammaticale e per la collaborazione, – Rossano Di Loreto e Nino Picicco per le immagini che mi hanno consentito di ricavare dai loro filmati, – tutti coloro che mi hanno aiutato coscienti che, anche se fatto da un forastiero, questo lavoro è, e rimane, soltanto per loro. Le palette. Giuliano Massari, 1993. Acrilico su tela, cm. 50×50. Propr. Miriam Sabatini Valenti. Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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