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La Memoria. Cose che vogliamo salvare dal fuoco. (6). Il sogno

di Sandro Russo
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Il sogno. Alle cinque categorie ‘sensoriali’ classiche, ben codificate, ne aggiungerei una meno definita: il sogno.
Non è raro svegliarsi con un’agnizione, l’aura di qualcosa che vuole uscire, che è proprio lì, sull’orlo della coscienza. Il ricordo di un sogno…

Il sogno pesca a caso, o in maniera imperscrutabile, nel museo segreto – a noi stesso precluso – della nostra memoria, ma spesso i suoi effetti sono sconvolgenti.
Sognano – per fare due esempi opposti – Ebenezer Scrooge nel Canto di Natale di Dickens (A Christmas Carol, 1843) e Giacomo Casanova (1725 -1798) quando nel gelo del castello di Dux, in Boemia, si accinge a por mano alla stesura delle sue memorie: Histoire de ma vie (1791). In entrambi i casi e in molti altri, nella letteratura e nella vita reale, la loro vita ne verrà cambiata.

È quanto accade nel più classico dei film sul sogno: Il posto delle fragole, di Ingmar Bergman (1957), dove il sogno, attraverso i suoi oscuri simboli incentrati sui ricordi che più profondamente hanno segnato la vita del protagonista; lo spingeranno a fare una scelta. Da quel sogno lui viene cambiato.

Il posto delle fragole copia [2]

Locandina de “Il posto dell fragole” (1957). Le fragole (smultron), frutto che in Svezia rappresenta la primavera, sono per traslato, il mondo incantato dell’infanzia

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A volte il sogno attinge alla Memoria, e sconfina nella Nostalgia, nel rimpianto del tempo passato. Di quella, anche nella sua forma esotica di saudade, abbiamo già scritto, enumerando le varietà di specie, i seicentotredici tipi di tristezza citati in un libro… [leggi qui] [3].

Ma non intendiamo qui parlare della nostalgia né di ricordi, nei sogni; solo della memoria spontanea, involontaria, nel senso di Proust. Una memoria indipendente da ogni nostro tentativo di richiamarla a volontà; dai contenuti che possono coprire tutta la gamma emotiva, dall’estremo piacere al terrore puro.

Ma allora – si dirà – sono discorsi oziosi quelli di sistematizzare delle categorie per la memoria?
Forse, ma possono trovare una loro ragione nella ripetitività dei meccanismi suscitatori, e/o spingere ciascuno a riconoscere i propri. Potrebbero anche indurre a far più attenzione, educare ai messaggi che vengono da un particolare senso.

È che le memorie sono preziose. Se non provvediamo a salvarle in qualche modo – in qualunque modo – muoiono con noi, come, emblematicamente, il segreto di Charles Foster Kane – Citizen Kane, ‘Quarto potere’ (1941) – nel primo vero film diretto da Orson Welles, quando aveva soli venticinque anni: quel nome “ROSEBUD” scritto sulla slitta che brucerà nel rogo delle sue cose e della sua memoria.

Rosebud [4]

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Finale con  Proust, per riannodare con l’inizio di questo discorso sulla memoria, perché pochi scrittori hanno saputo come lui descrivere il fascino violento, sensuale e malinconico dei luoghi che esistono nella memoria, nel sogno, nell’attesa, nel suono del loro stesso nome e non là dove sono. O non più.

“I luoghi che abbiamo conosciuto non appartengono soltanto al mondo dello spazio, nel quale li situiamo per maggiore facilità. Essi non erano che uno spicchio sottile fra le impressioni contigue che formavano la nostra vita d’allora; il ricordo d’una certa immagine non è che il rimpianto di un certo minuto; e le case, le strade, i viali, sono fuggitivi, ahimè, come gli anni”.

[Da: La strada di Swann – op. cit.]

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Immagine di copertina, da: “L’arte del sogno” (La Science des rêves) di Michel Gondry (2006)

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[La Memoria. Cose che vogliamo salvare dal fuoco. (6) – Fine]