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Come sta cambiando il Mediterraneo – Appunti dal workshop di Gaeta sulla sostenibilità delle risorse marine

di Vincenzo Di Fazio (Enzo)

il mediterraneo [1]

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Abbi cura della terra e dell’acqua: non ci sono state donate dai nostri padri, ma prestate dai nostri figli”
(detto dei pastori nomadi del Kenya)
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Si è svolto ieri mattina presso l’Istituto Nautico di Gaeta l’annunciato workshop sulle specie non native presenti attualmente nel Mediterraneo organizzato dal Laboratorio di Endocrinologia Comparata del Dipartimento di Biologia (EC Lab) dell’Università Federico II di Napoli, diretto dai professori Gaetano Ciarcia e Giulia Guerriero.
Al Convegno sono intervenuti relatori di diverse università italiane, docenti di alcuni Atenei Egiziani nonché il biologo prof. Adriano Madonna, che conosciamo bene anche per la sua preziosa collaborazione con il nostro sito.

I lavori si sono svolti nell’accogliente sala della Memoria dell’Istituto dove si respira un’aria di mare per la presenza di carte nautiche alle pareti, per alcuni modelli di navi che l’arredano e per la grande immagine di Giovanni Caboto che identifica la scuola.

stemma gaboto [2]
La sala era gremita ed è stato bello vedere che una grande componente fosse costituita da allievi della guardia di finanza e da tanti giovani biologi appena laureati.

Sicuramente è stato un convegno per addetti ai lavori visto il modo scientifico con cui l’argomento è stato trattato, ma nelle cose dette c’è abbastanza da tenere a mente per capire cosa comportano i cambiamenti climatici e quali conseguenze derivano dall’inquinamento marino.

La prof.ssa Guerriero ci ha ricordato che segnali di cambiamento vengono da fenomeni come le trombe d’aria, le voragini, i ghiacciai che si ritirano, altri segnali dalle fioriture precoci e dal volo anticipato degli uccelli. Cambiamenti di notevole impatto li provocano le piogge acide con conseguenze nefaste per le foreste e per le falde acquifere.
Questi fenomeni che sembrano lontani da noi, in effetti, con il passare degli anni stanno minando la sostenibilità delle risorse marine del Mediterraneo, un patrimonio da tutelare per la ricchezza nutrizionale che fornisce.
Il cambiamento spesso non è visibile. Dice la prof.ssa Guerriero: “Non soffermiamoci solo su quello che è bello ma guardiamo al disotto di quello che appare per individuare i problemi anche dal punto di vista della salute riproduttiva. I cambiamenti climatici stanno determinando l’arrivo nel nostro mare di nuove specie non conosciute, è importante che tutto ciò che appare strano venga segnalato, è necessaria la collaborazione di tutti per creare una coscienza civica in grado di aiutare “il mare Nostrum”.

Molto interessante è stato l’intervento della prof.ssa Gravilli, dell’Università di Lecce, che ha condotto un’indagine sulle specie non indigene presenti presso le coste pugliesi.
L’ingresso di queste specie dipende da vari fattori. Quelli presi in considerazione sono la tropicalizzazione, cioè l’aumento della temperatura del Mediterraneo, l’apertura del canale di Suez che ha consentito l’ingresso di specie provenienti dall’Oceano Indiano, lo shipping, cioè il movimento delle navi con specie aggrappate agli scafi, l’acquacultura con l’allevamento di specie non autoctone

shipping [3]

Lo studio della prof.ssa Gravilli ha portato all’individuazione di 38 specie aliene di cui 12 nuove entrate. Alcune sono alghe, altre delle meduse; alcune provengono dal Giappone, evidentemente fissate agli scafi delle navi, altre dal Brasile aggrappate ad alcune specie di mitili utilizzati per l’acquacultura.

le 38 specie aliene sulle coste pugliesi [4]

Riferisce la prof.ssa Gravilli che da qualche tempo è apparsa nel nostro mare anche la Physalia physalis, volgarmente conosciuta come “caravella portoghese”, un invertebrato marino, una sorta di enorme medusa con lunghissimi tentacoli altamente tossici.

caravella portoghese [5]

Abituata a vivere nelle zone calde dell’Oceano Atlantico è arrivata nel Mediterraneo attraverso lo stretto di Gibilterra e vi è rimasta perchè ha trovato condizioni ambientali simili a quelle di provenienza.

E’ poi intervenuto il prof. Magdy Alwany del centro Ricerche Egiziano, che ha trattato del problema della caccia agli squali e del progetto di creare nella gente la consapevolezza di tutelare questa specie.
Lo squalo, ha riferito il prof., Magdy, è all’apice della catena alimentare e da sempre svolge un ruolo regolatore nell’ecosistema marino. Il fatto che il loro aspetto sia minaccioso non deve indurre nell’errore che non merita la giusta protezione.
Viene cacciato perchè è considerato cibo prelibato da alcuni popoli, come i coreani e i cinesi; di particolare interesse sono le pinne per l’effetto afrodisiaco che dovrebbero avere; molti squali vengono catturati solo per recuperare le pinne, dopodiché vengono gettati in mare.
Nel 1994 il numero degli squali ammazzati  era di 600.000 unità, nel 2004 sono stati 810.000, oggi sono circa 1.000.000, cifre non sostenibili per la sopravvivenza.

150_squalo_bianco-300x221 [6]

Il ciclo di vita degli squali, a differenza della maggior parte delle altre specie di pesci, è molto lento.
Crescono lentamente, raggiungono la maturità sessuale in età avanzata, hanno livelli di fecondità bassi, periodi di gestazione lunghi e di solito producono un basso numero di figli. Tutto ciò li rende particolarmente vulnerabili alla pesca intensiva che non consente alla specie di ricostruire la popolazione in tempi brevi.

Uno squalo non pericoloso in quanto si nutre solo di plancton è lo squalo balena e, per la continua caccia che gli fanno, è in estinzione.

thanks [7]

E’ stata, quindi, il turno del prof. Adriano Madonna che ha trattato più specificamente della presenza presso le coste laziali e campane di specie non native nel Mediterraneo, specie aliene che sono state trovate anche a Ponza e Ventotene.
Sono specie provenienti dai mari più caldi e che sopravvivono avendo trovato condizioni ambientali adatte al loro ciclo di vita. Va ricordato che negli ultimi dieci anni, grazie all’effetto serra, la temperatura media del Mediterraneo è aumentata di un grado.
C’è un altro fenomeno che si sta verificando: è la “meridionalizzazione”, cioè la tendenza di alcuni organismi marini, abituati a vivere nelle acque delle coste meridionali del mar Mediterraneo, a spostarsi verso regioni più temperate dove precedentemente erano assenti o molto rari. E’ il caso dei barracuda che stanno colonizzando le nostre coste con massicce presenze anche nel mare di Gaeta, Ponza e Ventotene.

barracuda [8]

Altra presenza ostile e sempre più frequente è il pesce palla, famoso per la sua elevata tossicità.
Pensate che contiene una neurotossina 50 volte più potente del cianuro.
Anche cotto è pericoloso; nella confusione, potrebbe essere scambiato per uno scorfano e magari inserito in una zuppa con conseguenze letali.

pesce palla [9]

C’è, poi, la cubomedusa, trovata nelle prossimità di Sperlonga, una medusa urticante a tal punto da poter causare uno shock anafilattico.

cubomedusa [10]

Infine il vermocane con aculei molto pungenti simili alle setole del fico d’india, la cui presenza fino a qualche anno fa era segnalata solo in Sicilia.
Il prof. Madonna ha anche riferito che un esemplare di squalo bianco è stato avvistato tempo fa al largo di Gaeta e si sa che gli squali non viaggiono mai da soli.

Molto interessanti sono stati verso la fine della mattinata gli interventi del prof. Andrea Iuliano, nutrizionista, e del prof. Salvatore De Rosa, esperto sulle sostanze naturali che provengono dal mare.
Il primo ha riferito dell’importanza della tracciabilità biologica di ogni specie per scongiurare la presenza di frodi alimentari, per conoscere bene le capacità nutrizionali e per evitare di incorrere in spiacevoli intolleranze ed allergie.
Si è soffermato in particolare su due specie che fanno largamente parte della nutrizione mediterranea: i crostacei ed i molluschi sia i bivalvi che i cefalopodi descrivendone le caratteristiche organolettiche e le capacità nutrizionali.
Apprendiamo, così, che i crostacei sono ricchi di colesterolo e di sodio, con alto contenuto proteico e basso apporto calorico, buoni e gustosi fatti in tutti i modi ma… non adatti a chi ha il colesterolo alto e l’ipertensione.
Anche i molluschi bivalvi sono ricchi di sodio, che assorbono filtrando l’acqua. Più raccomandabili per il basso contenuto di colesterolo ed il basso apporto energetico i cefalopodi.

Il prof. De Rosa ha parlato del mare dal punto di vista della capacità alimentare, qualità riconosciuta fin dalla preistoria considerato che sono stati ritrovati reperti che ce lo confermano.

reperti preistorici [11]
La pratica di utilizzare le sostanze provenienti dal mare come medicamenti risale agli Egizi. Documentazioni storiche ci dicono dell’uso delle spugne come emostatici e delle alghe coralline per creare infusi adatti ad eliminare i disordini intestinali.
Negli anni 50, ricordiamo, che era di moda dare ai bambini l’olio di fegato di merluzzo, ricco di vitamina A e D, indispensabili per combattere il rachitismo e le malattie dermatologiche.
A tutti è noto l’uso delle alghe nella cosmesi per ammorbidire e rigenerare i tessuti della pelle.
Il prof. De Rosa ha infine fatto cenno a recenti studi che hanno portato all’individuazione di sostanze che si stanno mostrando efficaci nei confronti della malaria che fa ancora oltre 1.500.000 di morti all’anno e di una malattia progressiva come l’Alzheimer.

Dalle cose ascoltate e qui sinteticamente riportate emerge un grande messaggio.
Il Mare Nostrum sta cambiando ma come sarà domani non possiamo saperlo.  Dobbiamo, per quanto è nelle nostre possibilità, vigilare e proteggerlo, per il resto dobbiamo prepararci al cambiamento.
La mattinata si è conclusa con le immancabili foto ricordo.

foto di gruppo [12]

foto ricordo [13]

Mi piace finire con  una frase detta dal prof. Madonna nel suo intervento:
“La biologia ci stupisce come un libro di favole perché la biologia è una storia di favole”