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Padre e figlio

di Sandro Vitiello (Alessandro)

 .

E’ passato un anno dalla scomparsa di Costantino Vitiello. Lo ricordiamo con le parole di intensa e trattenuta commozione del figlio Sandro.
La Redazione

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– Sandro?
– Buon giorno…
– Amma ì?
– Iamm…

Poche sillabe… iniziavano così le mie giornate ponzesi fino ad una ventina di anni fa.
Quando tornavo a Ponza, dalla mattina successiva, ridiventavo il marinaio di mio padre e con la sua barchetta di cinque metri si andava a pescare insieme.

2.In barca [1]

Mio padre ha smesso di praticare il mare alla fine del ’92: aveva più di ottanta anni.
Già da qualche anno, d’inverno, la sua barchetta veniva lasciata in pace, al riparo della cala del Pitruzziello.
La primavera successiva, quando il freddo si faceva meno cattivo e il mare tornava più tranquillo, lui riprendeva a pescare.

4.Petruzziello [2]
Questo luogo – il Pitruzziello – è un piccolo angolo della nostra isola pressochè sconosciuto a gran parte dei nostri compaesani.
In tanti conoscono quella strana faccia di pietra che guarda verso la costa del Circeo, a levante di Cala Fonte; ma pochi, solo pochi sanno che lì dietro c’è un anfratto dove in altra epoca venivano tirate fino a dieci barchette.
Ci sono un paio di malazzeni un po’ malmessi e c’è una scalinata ripida che porta alcuni metri sopra da dove, con un sentiero, si arriva sopra cala Fonte.
Il Pitruzziello era il luogo dove mio padre con i suoi fratelli e, prima ancora, con il nonno Silverio, sistemavano le loro barche.

5.Cala Fonte [3]

Cala Fonte

A cala Fonte c’era troppa confusione e si faceva fatica a sistemare la barca nella maniera migliore. Al Pitruzziello si era in pochi perchè era complicato entrare ed uscire ed era più ripido lo “scaro”.
Tirare su le barche era molto più faticoso ma alla mia gente andava bene così.

Dicevamo che mio padre ha smesso alla fine del ’92 di andare a pescare.
Durante quell’inverno non aveva avuto acciacchi particolari: conservava la sua voglia di vivere e conservava la sua salute con uno stile di vita molto semplice ma molto efficace.
Nella primavera successiva la sua Nannina, mia madre, se n’è andata e con lei è finita una parte importante, la più importante, della sua vita.
Per chi andare a prendere pesci se non c’era più la sua donna che lo aspettava a casa?
Abbiamo creduto che se ne andasse anche lui ma, non si sa come, ha deciso di farci compagnia per altri venti anni; venti anni giusti giusti.
Forse si erano dati appuntamento su quella stella che solo loro sapevano e per non fare confusione hanno scelto una data facile da ricordare.

3.Barca ormeggiata. SeagullL [4]a barca ormeggiata, con il glorioso Seagull a poppa

Torniamo a noi: “Amma ì?”… “Iamm”.
Si partiva che era ancora buio e si puntava verso est: cala Felce, Gavi, le Scoglietelle, u’ Scuoglie, a volte pure Zannone.
Ci faceva compagnia, dopo aver tirato su i remi, un motore Seagull che stava insieme con il “pilo di seta”.
– Papà potremmo comperare un fuoribordo nuovo?
– E quanti pesci dobbiamo pescare per pagarlo?
Nei suoi ragionamenti doveva esserci sostanza; era inconcepibile spendere soldi per un motore che non si sarebbe ripagato con la pesca.
Ma fino a quando si è andati per mare, quel motore d’altri tempi ha fatto il suo dovere.
A volte però non lo usavamo; certe mattine erano così belli il mare e l’aria che ci piaceva remare eliminando quel fastidioso rumore del motore.
C’erano mattine senza pesci e c’erano mattine in cui bisognava fare due viaggi per portare a casa tutto il pescato.

Ho visto più soldi io tra i settanta e gli ottanta anni che quando ero giovane.
Quante volte sono tornato a casa senza un pesce da mangiare e con cinquantamila lire in tasca perchè quel bel fellone o quello scorfano o addirittura quella aragosta erano stati quasi portati via a forza da un turista di passaggio.

Certo l’anziano pescatore aveva il suo fascino: sapeva sorridere e aveva il gusto di raccontare con orgoglio il suo mondo. Lui e il suo mare erano tutt’uno.
E poi era anche un bell’uomo, mio padre.

7.Costantino pulisce i pesci [5]
Abbiamo vissuto momenti di grande passione e anche momenti di paura.
Un pomeriggio di un fine agosto – era uno degli ultimi giorni che stavo a Ponza – vicino allo Scoglio Russo abbiamo preso una carrettata di pagellini.
Tanti, ma tanti, di un bellissimo colore arancio dorato.

E poi quei felloni pescati anche con lo specchio e ‘u circhie: tecnica che richiede una raffinata bravura.

E vogliamo parlare della seppia femmina che, in primavera, ci faceva pescare decine di maschi in amore sfruttando uno dei bisogni più insensati delle specie viventi?
Ma c’erano anche mattine, soprattutto in primavera, in cui ci siamo persi nella bellezza di certe albe.

Il marinaio di Lucio Dalla aveva incontrato Dio a ovest di Tahiti: noi spesso passavamo pezzi di tempo in silenzio a guardare la bellezza dei nostri posti.
Erano così le nostre mattine: pescare e dirsi qualche parola.
Poche in verità. L’essenziale.
Ma a che serve parlare quando bastano pochi gesti per capirsi?
Abbiamo passato anche momenti di paura, ma non ce lo siamo detto.

8.Petruzziello mareggiata [6]
Una mattina siamo partiti che c’era solo un po’ di maretta. Niente di che: ne avevamo fatte di peggio.
Mentre si alzava il sole, però, il tempo si è guastato e quello che era un po’ di “levantuolo” è diventata una bella grecalata.
Al Pitruzziello non si entra con il Grecale: le onde salgono fin sopra allo scivolo delle barche e sbattere contro gli scogli appuntiti che fanno da corridoio è molto facile.

Mio padre era prossimo agli ottanta ma pur avendo capito che sarebbe stata dura non aveva voglia di portare la barca da altre parti e allora mi spiegò il modo per arrivare a terra, ma proprio a terra.
– Tu ti metti sulla prua e quando l’onda ci avrà portati più in alto che può, appena incomincia a tornare indietro salti a terra e impugnando i piedi devi tenere la barca dov’è, aiutandoti con quella fune.

L’ho guardato e ho capito che quella mattina potevamo romperci le ossa, ma se lui diceva che si poteva fare, si doveva fare.

Arrivammo con la dovuta calma all’ingresso della nostra cala e appena arrivò l’onda giusta mio padre mise la barchetta proprio sopra questa e in pochi secondi ci trovammo a sei o sette metri sopra quello che avrebbe dovuto essere il livello del mare, abbastanza in alto allo scivolo.
Feci come mi aveva detto lui: un salto a terra e i talloni impugnati a tener ferma la barca.
La corda stretta tra le mani e il mare che scivolava piano piano tra le mie gambe.
In un istante quell’onda che ci aveva portato fin lassù tornò al suo posto e noi restammo dov’eravamo.
I suoi quasi ottanta anni non furono di impedimento a mio padre che scese dalla poppa della barchetta, mi aiutò a tenerla dritta e, dopo un istante, a portarla qualche metro più in alto, senza sivo e senza falanghe.

1.Casa nasse. BN [7]

In realtà la scelta del Pitruzziello non era solo legata alla possibilità di lasciare la barca in un riparo tranquillo.
In quella cala si stava più riservati e quando c’era bisogno di fare cose un po’ strane era il posto giusto. Durante l’ultima guerra Ponza è stata sfamata anche con i pesci pescati di frodo.
Mai una volta la “Legge”, in quegli anni, ha avuto da dire. Anche loro mangiavano quei pesci.
– Erano uomini pure loro.

C’era Voccastorta che provvedeva a portare i pesci al porto con il suo ciuco e mio padre con i suoi fratelli glieli faceva trovare dalle parti di dove adesso c’è il ristorante Angelino.
Ma per pescare i pesci in quel modo molto pericoloso bisognava avere l’esplosivo e bisognava prepararlo.
Al Pitruzziello, lontano da occhi indiscreti, si facevano queste operazioni.

Erano bravi a smontare mine e siluri e tranne una sola volta che una barca, partita da Le Forna, ha raccolto incautamente sulla spiaggia di Foce Verde alcune mine ancora col detonatore, guai grossi non ce ne sono mai stati. Quella barca tornò a Ponza con due morti a bordo.

Erano comunque temerari.
Una volta trovarono un siluro americano ancora intatto che galleggiava fuori da cala Fonte.
Dopo aver tentato in tutti i modi, pur di aprirlo, lo sventrarono a colpi di piccone.
Andò bene.
Ciaulino, il fabbro di Le Forna, fece anche diverse pentole con l’alluminio del siluro.

Un’altra volta davanti ad una mina enorme, quando capirono che non sarebbero stati mai capaci di aprirla, la portarono con grande fatica sulla collina dell’Incenso e la spinsero sotto, verso gli scogli del Caparanno.
Non arrivò in mare: un botto incredibile svegliò mezza isola.

La storia di mio padre non è finita nella primavera del ’93.
Ci ha messo un po’ di tempo a rimettere ordine nella sua vita, a dare un senso al suo tempo, ma poi ce l’ha fatta.
Ha vissuto tre naufragi ma è morto nel suo letto.
Lui che non aveva grande passione per la terra ha riscoperto l’orto e ha rinnovato il suo vigneto, a ottantadue anni.

10. Curare la vigna [8]

A curare la vigna, insieme ai nipoti

6.Nonno e nipote [9]

Non ci sarebbero state più sveglie prima dell’alba ma quel vecchietto ci avrebbe ancora stupito.
Quando si arrivava a casa, da Milano, c’era un rito.

“Vien’ a v’dè” – e quasi prendendomi per mano mi portava nel suo orto dove c’era il ben di Dio.
Soprattutto i suoi amati friarielli.
Svegliarsi la mattina e trovare sul tavolo in cortile tutto quello che poteva servire per pranzo e cena era regola.
A volte abbiamo odiato i fagiolini, talmente ce n’erano.
Per fortuna la grande famiglia correva in soccorso.

E così per quasi vent’anni ancora.

9.Ascoltar storie [10]

…E adesso?

Oggi che è passato un anno da quando non c’è più, lo voglio ricordare così, raccontando i tanti bei momenti che abbiamo passato insieme…

…E tanto basta.

 

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