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Lo sguardo degli altri. Il reportage di Christoph B. Keller (3). L’incontro con Giuseppe Mazzella

di Ike Brokoph (Ulrike)
Le Forna. Cala Feola [1]

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Continua, con la terza puntata, il reportage su Ponza di Christoph B. Keller, giornalista della radio svizzera, preparato la scorsa estate (2013), come è stato tradotto e riportato da Ike .
Il ‘servizio’ è vario e movimentato; su più piani. Alterna le impressioni dell’Autore, i suoni “in presa diretta”, le voci degli intervistati…
In questa puntata l’incontro con ‘il nostro’ Giuseppe Mazzella.
la Redazione

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Schermata intervista SRF [2]

Cliccare sul link per accedere all’intervista in audio [3]

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Christoph Keller incontra Giuseppe Mazzella nel suo albergo su Cala Feola; gli è stato indicato come persona con una buona conoscenza della storia dell’isola e capace di farne una sintesi.

Giuseppe gli illustra con molti dettagli la storia di Ponza, inserendo anche delle esperienze autentiche dalla sua infanzia e gli parla anche  della creazione del sito web ponzaracconta.it di cui è redattore.

Giuseppe parla della storia della colonializzazione borbonica, la diversa composizione delle due etnie con cui l’isola è stata colonizzata dai Borbone, rispettivamente nel 1734 e circa 40 anni dopo, nel 1772:  la popolazione del porto consisteva di maggior parte in contadini (provenienti da Ischia), mentre a Le Forna prevalevano i pescatori (trasferiti da Torre del Greco).
Successivamente i primi si mutano in commercianti, ricomprando i depositi dei pescatori sulle banchine del molo borbonico e trasformandoli in negozi.

Porto Borbon. e Canalone. O. Fasolo [4]

Si delineano le modalità con cui la storia del piccolo mondo isolano seguì la Grande Storia.
Racconta – Giuseppe – della costruzione delle mura a secco con le pietre prese dal dissodamento degli stessi terreni e qualche volta dal mare; della scelta di coltivare le viti che, a differenza di altre piante da frutta, resistono al vento; di un’economia agricola e costumi sobri che poi vengono travolti (e stravolti) dall’avvento del turismo; e mentre il porto si trasforma in un centro di commercio, le zone una volta coltivate sono abbandonate a se stesse e costituiscono la concausa dell’attuale dissesto idro-geologico dell’isola.
Si parla dell’acquedotto romano che era ancora in funzione quando lui (Giuseppe) era bambino; di Ponza come punto strategico, nell’antichità romana, specialmente nelle guerre contro Cartagine. A quei tempi si costruivano e si riparavano, nel bacino di carenaggio di Santa Maria – oggi ostruito e scomparso, se non nel nome: mar’e coppa) – delle agili navi per le battaglie navali.
Poi – prosegue il racconto – l’isola si spopola e diventa eremo monastico; San Silverio, l’abbandono di Ponza dopo gli attacchi dei Saraceni (830, circa); Ponza che diviene covo di pirati; la criminalità e le epidemie che seguono; Raniero da Ponza (1130 – 1207) che scopre l’isola come luogo di meditazione (monasteri a Zannone, a Santa Maria, a Punta d’Incenso).

Zannone Ruderi del Monastero copia [5]

Giuseppe fa notare che la qualità di vita in quel periodo è scarsa, si vive di pesca, non c’è sicurezza, non ci sono medici; la durata media della vita è breve. E nonostante i Borbone ‘regalino’ la terra ai coloni (con una formula complessa) e diano varie altre agevolazioni, la gente tenta di scappare due volte nella storia dell’isola, perché la vita vi è molto dura: inverni lunghi e tempestosi, la terra avara, e il viaggio per il continente lungo e pericoloso. Mancano le scuole e l’assistenza medica e la comunità supplisce con dei ‘guaritori’ locali. Gli uomini sono in mare per tanti mesi…
Qui arriva ad un punto interessante del suo viaggio nella storia. Dice Giuseppe: – Qui, in queste condizioni si è manifestato un fenomeno che ha sorpreso gli studiosi di antropologia: si è creata di fatto una situazione di matriarcato che ha governato l’economia ponzese in modo pacifico fino all’avvento del boom turistico.

Si parla del periodo della Miniera – il progetto nuovo di cui il giornalista aveva sentito parlare nella riunione cuiaveva distrattamente assistito nel corso della passeggiata al porto – che prevede alberghi, un porto turistico privato ed appartamenti sul vecchio terreno della miniera.

Domanda del giornalista: – Cosa significa il turismo per Ponza? Dannazione o grazia?

È Giuseppe a portare la risposta su quello che cerca la gente che arriva qui: – Il turista vuole vedere e vivere qualcosa di diverso dalla propria realtà quotidiana, quindi se Ponza viene “plastificata”, perde la sua identità (…gli stessi braccialetti di Bulgari come a Roma, gli stessi piatti di Parigi…).
Ponza ha bisogno di un altro tipo di turismo; dice che se stesse a lui determinare la politica di sviluppo, sosterrebbe: il restauro degli antichi sentieri per passeggiate e trekking, e degli incentivi a quel movimento che sta riavviando la coltivazione delle terrazze, tornando alla tradizione del vino.

Terrazzamenti-al-Fieno.1 [6]

Due-parracine-ricostruite [7]

 Sopra: terrazzamenti ripristinati al Fieno. Sotto: due paracine (ricostruite ) zona Schiavone, le Forna

L’isola ha bisogno di una base economica, culturale e sociale! Quella che si crede oggi di vedere come un’isola è in verità solo una scenografia. Per l’isolano oggigiorno vivere in un luogo come Ponza è ‘mortificante’. Il cittadino non ha la possibilità di partecipare ad una vera vita culturale e sociale, specie in inverno.
Esiste l’illusione che si viva bene qui, è tranquillo, c’è pace… ma in verità è la “morte civile”.
50 anni fa, con 5000 abitanti – ora sono meno della metà, nei mesi invernali – era diverso: c’era una banda musicale, delle feste, una solidarietà oggi dimenticata.
La gente di Ponza era povera… si sono arricchiti velocemente, però sono rimasti ‘chiusi’. Arricchimento rapido e ‘chiusura’ sono una combinazione esplosiva…

Questi in sintesi i temi trattati con Giuseppe Mazzella


Il giornalista fa ritorno al porto e prende nota:
“…Ogni sera c’è festa, la promenade delle donne delle iniezioni di botulino, la promenade dei cagnolini da decorazione…”.
Ora riesce a vedere una traccia di malinconia nei occhi dei Ponzesi che lavorano per i turisti; più che di “malinconia dell’isola”, gli sembra di capire “che sono stufi!.

L’indomani andrà a Palmarola…

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[Lo sguardo degli altri. Il reportage di Christoph B. Keller (3) – Continua]