Ambiente e Natura

La Corsica onora il maestro Pepino, Giuseppe Lamonica di Ponza, memoria vivente dell’ultimo cantiere navale di Bastia

di Giuseppe Mazzella
Pepino

 .

“In un’epoca in cui i giovani non hanno più punti di riferimento e conoscenze certe, restano ancora uomini che conservano il gusto del lavoro e delle cose ben fatte”.
Così inizia il reportage che la rivista corsa Stantari” (hiver 2013) ha dedicato a Giuseppe Lamonica, nato a Ponza nel 1921.

Se quando pensiamo alla Corsica la associamo al suo passato agricolo e pastorale, ricorda ancora l’articolista etnologo Patrice Segalou, è pure vero che esistono angoli e storie nascoste che meritano di essere conosciute.
E una è la vita operosa del maestro Lamonica, qui giunto da Ponza nel 1953 con la moglie e tre figli. Un quarto nacque in seguito a Bastia.

Nell’intervista Pepino, come ormai è affettuosamente chiamato, si ricorda bambino mentre passava intere giornate sulla spiaggia di Santa Maria ad osservare il maestro d’ascia Luigi Parisi, presso il cui cantiere a diciotto anni farà le sue prime esperienze di lavoro.
La sua memoria solida va anche al ricordo dell’altro mastro d’ascia, Ciro Iacono, che negli ultimi anni, dismessa l’attività, si era dedicato a realizzare modelli in scala di varie imbarcazioni, compresa quella in cui è portato in processione San Silverio, protettore di Ponza.

Dalle parti di Biguglia il giovane Lamonica completa la sua formazione artigianale, non prima però di aver ‘pagato dazio’ come bracciante agricolo al signor Planet, latifondista e allo stesso tempo proprietario di concessioni e di cantieri, dove lui è impiegato nella costruzione di  imbarcazioni da pesca fino al 1958.

Trasferitosi poi a Bastia, conquista ufficialmente il titolo di carpentiere nel “Cantiere Bastiani”, il cui proprietario proveniva da Livorno.
Alla scomparsa di Bastiani, il cantiere passa, conservandone il nome, ad Aldo Fagiu, originario di Padova, fino al 1972.
Dall’anno successivo Lamonica si metterà in proprio, lavorando con immutato entusiasmo fino al 2006. Anche dopo la pensione, però, Pepino  non ha mai fatto mancare il suo consiglio e la sua esperienza a chi gli si rivolgeva.

Pepino è, infatti, l’ultimo rappresentante di quella cantieristica italiana, genovese e poi ligure – e io aggiungerei anche ponzese – che si era completamente persa in Corsica e che Pepino ha saputo contribuire a rilanciare e rinnovare.

– A volte – racconta con una punta di nostalgia al giornalista – iniziavo la costruzione di una nuova barca senza un progetto, sviluppandolo man mano e a memoria. La scelta dei legni è importante: quercia, abete, frassino, tutto ben stagionato, deve essere utilizzato per le singole parti, e da me era lavorato sempre con passione e entusiasmo… –  passione ed entusiasmo che conserva negli occhi vivi e acuti.
– Certo oggi ci sono mezzi moderni, ma io ricorro sempre ai miei vecchi e fidati attrezzi con i quali ho lavorato per tutta la vita
– conclude.

La sua è una vocazione che contagia ed è d’esempio per le nuove generazioni un po’ appiattite e demotivate. La sua vivacità intellettuale, la sua inflessione linguistica che ricorda l’Italia e la sua isola, come scrive il giornalista, si rispecchiano in noi tutti, orgogliosi di avere, seppure lontano, un nostro conterraneo che si è fatto valere e che ha promosso la tenacia e la creatività di una popolazione che, seppure nelle condizioni disagiate di vivere in mezzo al mare, ha saputo trarre da se stesso vigore e creatività. Grazie Pepino!

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Le quattro pagine del servizio su zio Peppino sulla rivista “Stantari”: sulla seconda la dedica autografa alla famiglia

 

La famiglia di zio Peppino in Corsica

La famiglia di zio Peppino in Corsica

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 Copertina del n° 33 della rivista “Stantari” (cliccare per ingrandire)


Sommario del n° 33 dellla rivista Stantari

Copertina del n° 33 della rivista “Stantari” (cliccare per ingrandire)

Stantari. Una copertina

“Stantari”. La copertina del n° 14

1 Comment

1 Comment

  1. La Redazione

    11 Febbraio 2014 at 17:04

    All’articolo sono state aggiunte le foto gentilmente fornite da Silverio Lamonica, fratello dell’intervistato, con tanto di dedica autografa di Peppino Lamonica ‘alla famiglia’

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