Ambiente e Natura

Cavernicoli & C. (2)

di Adriano Madonna

grotta-sottomarina[1]

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per la prima parte (leggi qui)

Continuiamo e concludiamo in queste pagine il nostro racconto sulla vita delle grotte sommerse. I pesci vedono nel buio? Quali sono le sorprese più suggestive a cui andiamo incontro?

Anche negli ambienti cavernicoli esiste una sorta di rete trofica, per cui ogni animale può essere predatore e preda.

Nel caso dei piccoli gamberi, di cui abbiamo parlato la volta scorsa, essi sono il cibo di alcuni pesci. Ad esempio, il gamberetto esca (Palaemon serratus) e il gambero parapandalo (Parapandalus narval) sono il cibo preferito della musdea (Phycis phycis). Questo pesce predilige gli ambienti cavernicoli, dove spesso fa tana in fenditure e spacche secondarie di una certa ampiezza. Il suo aspetto è inconfondibile per un particolare ben preciso, ovvero la presenza delle pinne ventrali filiformi (un sottile filo), che si attaccano nella zona giugulare (sono, quindi, in posizione avanzata rispetto agli altri pesci) e presentano l’estremità bifida (biforcuta).

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Una volta, durante una indimenticabile immersione nella Grotta dei Gamberi, a Ventotene, dove mi accompagnarono Valentina e Dario, del Diving World Ventotene, vidi una grossa musdea che di tanto in tanto afferrava qualcuno dei numerosissimi gamberi sega che sciamavano dappertutto e lo trangugiava in un attimo.

I gamberetti esca, invece, sono prede anche delle spigole: questi pesci, infatti, nonostante siano dei formidabili predatori di acque libere, possono penetrare nelle grotte sommerse e, se l’ambiente è favorevole, vi trascorrono lunghi periodi.

Ancora crostacei
Un crostaceo tipico dell’ambiente cavernicolo (non ci riferiamo solo a grandi grotte, ma anche a piccoli anfratti) sono la magnosa (Scyllarides latus) e la magnosella (Scyllarus arctus), più note come cicala e cicaletta. Insieme con l’astice e con la granseola, la magnosa è uno dei più grossi crostacei del Mediterraneo.

magnosa o cicala

Appartiene al sottordine dei reptanti (come l’astice e l’aragosta) e alla famiglia degli scillaridi. Il suo carapace è forte e massiccio, le zampe sono corte e i segmenti addominali sono ricoperti da tubercoli.

Più comune è la magnosella (o cicaletta), decisamente più piccola della magnosa, con una colorazione brunastra che presenta le articolazioni tra i vari segmenti bordate di rosso.

magnosella o cicaletta

Sia nella magnosa sia nella magnosella, le antenne sono a forma di paletta.

In alcune grotte sommerse, a volte mi è capitato di trovare una vera chicca, il gambero vinaio (Drimo elegans), così detto per avere il corpo allungato, più o meno a forma di otre, con una classica punteggiatura rossa o marrone su fondo scuro.

gambero vinaio (drimo elegans)

Il gambero vinaio, della famiglia degli gnatofillidi, può essere considerato una specie rara, tant’è che in molte acque nostrane è addirittura sconosciuto. In realtà, è più probabile trovarlo negli ambienti precavernicoli (le cosiddette “angigrotte”), ma a volte, per le sue modestissime dimensioni, può passare inosservato. Il gambero vinaio può trovarsi sia in grotta sia in acque aperte (spesso di notte) e a volte addirittura tra le foglie di posidonia.

E i pesci?
Ci sono dei pesci, come la succitata musdea, che vivono molto bene in ambiente cavernicolo. Ne è un altro esempio la corvina, che di notte spesso esce dal suo castello roccioso per vagare in acque libere in cerca di cibo.

corvine

Un altro pesce tipico della grotta, che oserei definire quasi estinto, è la boccadoro (Argyrosomus regius) e qui voglio raccontarvi una storia che ha dell’incredibile.

Boccadoro (Argyrosomus regius)

Tanti anni fa mi parlarono di uno stretto cunicolo che taglia un istmo roccioso e mette in comunicazione le baiette di due spiagge contigue. Mi dissero che nell’immediato dopoguerra un giovane missionario salesiano, che si dilettava d’immersione e di pesca subacquea (un vero antesignano!), spesso si infilava in quello stretto e lungo tunnel che bucava la montagna, servendosi di un vecchio autorespiratore Davis, che caricava presso un piccolo ospedale, dalle bombole di ossigeno per gli ammalati.

Per anni non seppi se quanto mi avevano raccontato fosse una fantasia o realtà, poi, un giorno, seguendo istruzioni più precise, finalmente trovai il budello. Con titubanza e una piccola bombola mi ci infilai dentro e mi resi conto che dopo i primi metri il passaggio si allargava. Bene! A un certo punto mi trovai davanti tre pescioni che nei miei lunghi anni di subacquea non avevo mai visto prima. Si trattava di tre grosse bocche d’oro, che “navigavano” lente nel loro tunnell subacqueo. Fu una scoperta straordinaria: pensate, infatti, che questi pesci, ormai rari, possono raggiungere il peso di molte decine di chili e di notte possono trovarsi anche in acque libere, prediligendo quelle salmastre delle foci dei corsi d’acqua dolce.

Per terminare la storia, un innalzamento del livello della sabbia ha chiuso, ormai da tanti anni, l’ingresso del tunnel subacqueo, che è rimasto, così, solo un ricordo, ma certamente uno dei più suggestivi della mia vita di sub.

Anche i gronghi (Conger conger) sono pesci che possono prediligere le grotte, a patto che sia di loro gradimento qualche spacca particolare, lunga e stretta, in cui possano infilarsi tenendo il corpo completamente disteso.

gronco

Come vedono i pesci cavernicoli?
La domanda viene spontanea: come vedono i pesci che vivono in ambienti oscuri come quello cavernicolo? In realtà, il quesito preciso è il seguente: “Vedono o non vedono nel buio?”

Prima di rispondere, vediamo per sommi capi come sono fatti gli occhi dei pesci, che non sono molto dissimili da quelli dei vertebrati terrestri, con la differenza che l’accomodamento del cristallino per osservare soggetti vicini e soggetti lontani, nei pesci avviene avvicinandosi o allontanandosi dalla retina. Inoltre, in molti pesci la pupilla è decisamente grande, al fine di racccogliere più luce, specialmente in quegli ambienti poco luminosi.

Scendiamo, adesso, nei particolari in merito alla vista dei pesci cavernicoli: ve ne sono alcuni che hanno occhi grandi per avere dal senso della vista il massimo possibile. Altri, invece, hanno occhi piccoli, che servono davvero a poco, ma, in compenso, lo sviluppo e l’ottimizzazione di altri sensi di percezione sostituiscono perfettamente la vista. Si pensi, a tal proposito, che la famosa linea laterale delle specie cavernicole consente loro di fare lo slalom a tutta velocità tra scogli e ostacoli vari senza il minimo intoppo.

Gli occhi vestigiali
E parlando di occhi, possiamo fare un paragone tra quelli di alcune rare specie cavernicole (di altri mari) e pesci che vivono a profondità abissali. L’elemento comune è l’assenza totale di luce, quindi l’inutilità degli occhi. Per un principio evolutivo, gli occhi, inutilizzati, hanno perso la loro funzione e sono addirittura scomparsi, lasciando solo una piccola impronta. Queste specie si dice che sono dotati di “occhi vestigiali”, dove l’aggettivo vestigiale deriva dal latino “vestigium”, che significa impronta. Degli occhi, dunque, è rimasta solo l’impronta, un piccolo segno di organi ormai atrofizzati e assenti.

Ciò ci porta pari pari alla “Teoria dell’uso e del disuso” di Lamark: “Un organo che funziona si rafforza e si sviluppa. Di contro, un organo che resta inutilizzato si indebolisce, si atrofizza e può addirittura scomparire”.

La territorialità
La grotta sommersa, come abbiamo visto, è un ambiente appartato e, quindi, sicuro. A volte, pur trovandosi a profondità di pochi metri, è anche protetto dal moto ondoso. Per tutti questi motivi e per altri ancora, possiamo dire che, per i suoi abitanti, la grotta sommersa è una “casa sicura”. Come tale, quindi, nuovi inquilini non sono bene accetti e scatta quel principio di difesa che prende il nome di territorialità.

Sembra, ad esempio, che una grossa cernia sia più aggressiva nei riguardi di eventuali invasori. Altri pesci, invece, che non sono dotati della forza del grosso serranide, usano mezzi alternativi di intimidazione. Ne sono chiari esempi la corvina e la boccadoro, che cercano di intimorire gli avversari mediante un tambureggiamento sulla vescica natatoria, che emette un rumore sordo, atto a significare disappunto e minaccia. Insomma, ognuno difende la propria dimora e questo fa parte della storia del mondo e di ogni tipo di società, sia umana sia animale.

Una grotta speciale
Un giorno, sul promontorio di Portofino, mi immersi nei pressi di Punta del Dragone. Chi mi acompagnò mi disse: “Quando sarai dentro la grotta, guarda in alto”.

Feci proprio così e quando diressi la lampada verso la volta dell’antro, la vidi tutta rossa e bianca: mi trovai davanti a una foresta di corallo rosso, il famoso Corallium rubrum, e rimasi là, a guardare i polipi candidi ed evanescenti come fiori del paradiso aperti alla corrente, che portava loro nutrimento e vita.

corallum rubrum

E questo può essere un altro grande e raro regalo che le grotte sommerse possono fare a chi vuole andare a vedere un altro mondo.


Bibliografia

Invertebrate Zoology, Philadelphia, Cbs College Publishing; Bergquist, P.R., Sponges, London, Hutchinson & Co.;
O. Mangoni, Lezioni di biologia marina, Università di Napoli Federico II;
G. Ciarcia e G. Guerriero, Lezioni di zoologia, Università di Napoli Federico II;
Simpson, T.L., Cell Biology of Sponges, New York, Springer-Verlag; Mitchell, Mutchmore e Dolphin, Zoloogia, Zanichelli;
A. Poli, Fisiologia degli animali, Zanichelli; C. Motta, Organismi marini, Università di Napoli Federico II;
Hill, Wyse e Anderson, Fisiologia animale, Zanichelli;
Wehner e Gehring, Zoologia, Zanichelli.

Dott. Adriano Madonna, biologo marino, Laboratorio di Endocrinologia Comparata, Università degli Studi di Napoli “Federico II”
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[Cavernicoli & C. (2) – Fine]

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