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Gallerie e tunnel11 Gennaio, 2014
di Leonardo Lombardi . Per gli scritti fondamentali di L. Lombardi sugli “Impianti idrici romani” cerca nell’indice per titolo o per Autore . Mentre con Domenico Musco scrivevamo l’articolo su Chiaia di Luna e sul tunnel che collega la spiaggia al centro, mi è venuto in mente che, probabilmente, pochi sanno come facessero i Romani a costruire le gallerie. E non parlo del tunnel di Chiaia ma, soprattutto, delle lunghe gallerie di montagna che realizzavano per gli acquedotti e, come vedremo, per altri scopi. Infatti, per le gallerie corte, che non dovevano superare grandi rilievi, come quella di Chiaia, prendevano un allineamento sul terreno, decidevano quale fosse il punto migliore per entrare e quello per uscire, stabilivano la pendenza e scavavano. Per l’allineamento disponevano di due strumenti fondamentali la groma e la diottra. La prima era formata da un palo, che sosteneva un braccio snodato al quale erano collegati due assi in croce, ai quali erano appesi quattro fili a piombo. Questo strumento serviva per gli allineamenti e si usava traguardando in due piccole fessure. Lungo la direzione prescelta ponevano dei picchetti fino a giungere al punto “termine” del tracciato previsto. In casi particolari usavano il secondo apparecchio, la diottra. Questa era costituita da un disco mobile sul quale erano segnati gli angoli e le direzioni dei punti di orientamento: nord, sud, ovest ed est. Traguardando si stabiliva la direzione e, anche in questo caso, i tecnici ponevano i necessari picchetti e i pozzi e, quindi, cominciaba il lavoro manuale per lo scavo. La diottra, invenzione di Erone, scienziato greco che ci ha tramandato numerose invenzioni alessandrine, funzionava anche per misure in verticale, un vero teodolite antico. Se le gallerie erano lunghe, e dovevano superare dei rilievi importanti, il lavoro preparatorio era molto più complesso. Tracciando il percorso con gli stessi strumenti risalivano il rilievo, dislivello dopo dislivello, ponendo periodicamente dei picchetti, fino alla cima del rilievo con costanti misure della quota. Poi scendevano dall’altro versante, senza mai perdere l’orientamento. Se i rilievi erano pronunciati era impossibile realizzare dei pozzi, sarebbero stati troppo profondi e dispendiosi, in lavoro e danaro. Per le pendenze usavano una lunga livella, il corobate con il quale, tramite un canale riempito d’acqua, si potevano apprezzare differenze di livello a meno di un millimetro, su tre metri di lunghezza. Nelle gallerie lunghe, e prive di pozzi, mantenere il giusto allineamento e la giusta pendenza era complicato. Pur lasciando una luce all’imbocco, senza un riferimento frontale, era impossibile mantenere la giusta linea ed era facile ritrovarsi dopo decine o centinaia di metri, in tutt’altra direzione rispetto al progetto. Lo stesso dicasi per la quota. Per realizzare in perfetta direzione il cunicolo o la galleria, i Romani ponevano all’ingresso una sorgente luminosa che gli scavatori dovevano tenere d’occhio. L’inizio dello scavo era realizzato con una modesta curvatura alla quale, dopo pochi metri seguiva una curvatura nell’altro senso. Se curvavano troppo e perdevano la vista della luce la recuperavano immediatamente, invertendo la curva. In tal modo realizzavano un percorso serpentiforme che procedeva fino all’uscita dall’altro lato del tunnel. Con tale metodo sono state scavate migliaia di gallerie per gli acquedotti costruiti in tutto l’impero.
Certo, anche i Romani a volte sbagliavano gli scavi, o dovevano modificare il tracciati in corso d’opera per improvvisi cambiamenti di durezza delle rocce da scavare. Si potrebbero descrivere centinaia di gallerie, ma le più singolari sono, senza dubbio, i tunnel scolmatori dei laghi Albani. Laghi di Albano/Castelgandolfo (a sin) e di Nemi /Genzano (a dx nella foto) Il lago di Albano, nato nel cratere dell’ultima eruzione del distretto vulcanico dei Colli Albani, aveva forti oscillazioni di livello, con alcune risalite fino all’orlo, con rischio di pericolose alluvioni. I Romani decisero di stabilizzarne il livello, con un condotto di troppo pieno, e di utilizzarne l’acqua per irrigare la non lontana Piana di Ariccia. Il ninfeo dorico, sulla riva settentrionale del lago 1 commento per Gallerie e tunnelDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
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Un esempio eloquente di “tracciato a serpentina” mi sembra di vederlo nel nostro tunnel di Chiaia di Luna, quando – circa a tre quarti del percorso dall’entrata, lato panoramica – si nota una vistosa curva che forma un angolo buio, nella roccia di riolite. Evidentemente, anche in quel caso, l’ingegnere di allora dovette rettificare il percorso, coi sistemi così ben descritti dal Dr Leonardo Lombardi.