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Località Santa Maria, casa in costruzione, vari anni fa. Il proprietario si sta facendo aiutare dal padre, che ha fatto un po’ tutti i mestieri: hanno come un aiutante, un giovane genovese, da poco tempo a Ponza.
Dal luogo dove il primo ha fatto l’impasto, il manovale riempie la carriola e la porta sul luogo della gettata, dove il più anziano sta inchiodando delle assi. Lo sente arrivare e distrattamente gli dice:
– Sdevàche (1).
Il manovale rimane perplesso, non capisce. Aspetta un po’, si guarda intorno, ma l’altro non gli dedica attenzione. Per non bagliare, torna indietro dove aveva caricato.
– Ancora ccà staie! …porta ’a carriola addo pàteme! (Ancora qua stai? Porta la carriola a mio padre!) – gli dice il proprietario
Il poverino torna indietro, rifà il tragitto, carriola e tutto e torna dov’era prima. Altro comando secco: – Sdevàche!
Ulteriore perplessità; per non sbagliare riprende la carriola e si fa un giro per prendere tempo.
– Ué ma chiste è sceme! Grida il padre al figlio – ci’aggie ditte sdevàche pe’ ddoie vòte… e mò addò è gghiute!? (Ma questo è scemo! Gli ho detto svuota per due volte… E adesso dov’è andato?)
Nota
(1) – dialettale, per “svuota!”