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La scelta di Ike. I miei viaggi (6). L’India

di Ike Brokoph
India. Holi. Festa dei colori. Donne [1]

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L’India, una terra che mi attrae da quando ho tredici anni; è allora che nasce il mio forte desiderio di conoscerla. A stimolare questo interesse, in parte, la diffusione in Germania di aspetti esteriori dell’India… i vestiti, gli ornamenti, gli oggetti decorativi, le spezie; ristoranti e negozi di commercio equo e solidale, e anche i primi incontri con la musica orientale, le tecniche di meditazione.
Vedo molti documentari e molto presto scopro le teorie sulla reincarnazione che mi sono subito familiari, pur non avendo mai avuto, in famiglia, un ambiente che accetta queste idee.
Continuo la mia personale ricerca spirituale trovando alla fine le risposte che cercavo e un ‘metodo’ che fa per me: “Sahaja Yoga”.
Dopo sette anni di pratica decido, nel 2008, di partecipare ad un incontro internazionale a Pune in India, nel  Maharashtra.

India. Pune [2]

Pune è la quarta città industriale dell’India; si trova a circa 150 km a sud-est di Mumbai (Bombay). Ancora più all’interno, nella stessa mappa, si vede Nagpur (v. nel testo)

È la fine di febbraio e tutto va veloce… vaccinazioni, ho imparato un po’ di hindi, scopro che il mio passaporto sta per scadere e riesco ad unire il rinnovo del passaporto con il ritiro del visto per l’India, in un unico viaggio a Roma.
Entrando nell’ambasciata già comincia l’atmosfera del viaggio… tutto va come a rallentatore in contrasto con la frenesia fuori per strada. Trovo un volo veramente economico per i primi di marzo.
Mi viene indicato dove devo arrivare e dove mi aspetterà un yogi, incaricato della coordinazione del trasferimento dei sahaja yogi di tutto il mondo che, giorno dopo giorno staranno arrivando per il raduno, all’aeroporto di Bombay.
Il volo è rilassante e il tempo passa subito; impiego meno tempo per arrivare in India che su alcuni voli per la Germania.
Mi hanno detto di stare attenta alla malaria e all’arrivo all’aeroporto di Bombay mi trovo in una nuvola di zanzare! Guardo allarmata gli altri viaggiatori… forse non sanno che le zanzare trasmettono la malaria… Guardo i locali, ma tutti sono tranquilli; allora chiedo ad uno del personale dell’aeroporto e lui ride e mi dice in inglese:  – Don’t worry – non si preoccupi… non è questo il tipo di zanzara che trasmette la malaria!”.

Mi rilasso e esco fuori dall’edificio: mi trovo in un piccolo piazzale, simile al capolinea degli autobus a Napoli, con tante persone sedute sui bordi della strada.

Ho una forte sensazione di familiarità, come se fossi arrivata dopo tanto tempo a casa, un po’ come al mio primo arrivo in Italia. Mi siedo anch’io e aspetto, e guardo chi viene a prendere le persone all’entrata. Dopo un’ora viene l’addetto al trasporto; nel frattempo sono arrivate altre persone per la manifestazione; le riconosco perché hanno uno sticker di Sahaja Yoga… Si mettono seduti vicino a me, sono francesi, ci presentiamo …e il gruppo cresce in quell’ora.

Quando arriva Vishal, l’addetto al trasferimento, controlla la lista degli arrivati e ci organizza una jeep.
Il conduttore ci avvisa che non è lontano: “solo tre ore di viaggio”; presto saremo a destinazione… Rimaniamo impressionati: abbiamo imparato che la definizione di distanza – vicino, lontano – è una questione di punto di vista.

Intanto provo ad esercitarmi in leggere i cartelli in Hindi, utilizzando come aiuto la traduzione sottostante in inglese.
E viaggiamo sulle strade affollate e molto rumorose della città, mille colori e forme tra camion con scritta sul retro “Please, Blow the horn! …Per favore suonate” (…per sorpassare senza danni…), rick-shaw a triciclo, macchine occidentali, biciclette…

India Rick-shaw [3]

 

India traffico [4]

Rick-shaw (sopra) e scene di traffico in India

Qualcuno direbbe: Che caos! …invece io lo percepisco in quel momento come un mare di stimoli creativi.

Ai bordi della strada noto garage trasformati in negozietti e agenzie, carri con frutta e verdura, cartelli pubblicitari enormi e piccoli di tutte le grandezze e stili possibili, serigrafati o fatti da mano, che posso riconoscere come professionista o dilettante, alcuni addirittura con la foto del commerciante;  poi gente in abiti tradizionali come sari, kurta, panjabi, o occidentali,  jeans e t-shirt.

Dal finestrino entrano profumi di fiori o cibi e puzze di nafta o non identificabili e così va avanti fin quando non lasciamo la città ed entriamo nella vasta campagna abbastanza secca con paesini con case semplici in legno e stucco, senza recinti, mucche che stanno sdraiate lungo la strada e uomini seduti a tavoli con delle bibite.

Pune è annunciata come non tanto lontana… È più piccola di come me l’aspettavo, ma la manifestazione viene organizzata su un terreno immenso.
In quest’occasione è l’India la “hosting country” (il paese che ospita e organizza tutto), e tutto è stato predisposto per poter ospitare fino a 10000 persone, fornendo loro vitto (gli occidentali per mangiare con un catering in una tenda o chi vuole, con gli indiani, con cucina improvvisata sul posto) e alloggio (tendoni per le donne e i bambini e tendoni separati per i uomini) e bagni come al campeggio.

Gli indiani sono molto ospitali e offrono a chi è venuto un trattamento da re.

India. Struttura bambu [5]

Al nostro arrivo stanno costruendo un mega-palco con una scenografia fatta tutta di stoffa dipinta e retta sul retro da una struttura costruzioni di canne di bambu; sono rimasta impressionata dalla abilità e semplicità con la quale gli indiani sono capaci di organizzare con poche risorse cose così grandi in tempi molto brevi.

Siccome non si sentono ancora pronti ad ospitare gli arrivati sul campo – mancano alcuni giorni alla manifestazione – ci trasferiscono all’ashram (ashram: luogo segregato adatto alla meditazione -NdR) di Sahaja Yoga a Pune per avere più comodità.

È  bellissimo, situato in una strada sotto l’ombra rinfrescante di tanti alberi, in una casa antica a più piani. Partendo da lì facciamo tanti giri in città per vedere il mercato, i negozietti, i sarti per chi non ha i vestiti adatti per il caldo afoso che fa.
Trovo dei vestiti del posto, belli e pratici per quel clima (panjabi e sari) che mi piacciono molto e costano (per la nostra valuta) pochissimo. Rimango senza parole per il budget che mi sono messa da parte per un vestito, riesco a prenderne tre fatti a misura per me e di buona qualità…

Finalmente il campo è pronto per poter ospitarci e torniamo in campagna.

La manifestazione dura diversi giorni ed è tenuta come un Festival con delle serate culturali di musica, teatro e danza e durante il giorno offre dei workshop e delle meditazioni che si mischiano con la nostra Pasqua. Il raduno quell’anno corrispondeva alla festa dei colori Holi (1). Ognuno segna altre persone con una manciata di colore in faccia o dove capita, esprimendo i migliori auguri con ogni colore applicato. E’ un’usanza molto innocente e divertente e tutti sembrano tornati bambini che hanno giocato con i colori e sono felici di aver stabilito un collegamento con il vicino.

India. Holi.  Bimba [6]

 

Giovane colour [7]

 

Ike colour. Autoscatto [8]

Immagini da Holi, la festa dei colori. L’ultima foto, che ritrae l’Autrice, è presa con autoscatto

 

Finita la prima manifestazione preparo la valigia perché mi sono iscritta per un workshop di dieci giorni nel cuore dell’India, a Vaitarna all’Accademia di music and fine arts “Shri P. K. Salve Kala Pratisthan” per un corso di musicoterapia.

Quando i partecipanti ai diversi workshop si sono radunati, partiamo con tre pullman. Scelgo il mio posto preferito, all’ultima fila, dove posso guardare anche il paesaggio dietro e mi lascio cullare dal pullman.

È già caldo e tutti finestrini e spesso anche le porte del pullman rimangono aperte… un po’ come era con i vecchi pullman a Ponza ad agosto… Lungo la strada per Vaitarna, non troppo lontano da Nagpur, attraversiamo il paesaggio indiano della zona del centrale del sub-continente.

Vedo passare colline morbide con zone rocciose coperti di alberi non troppo fitti che portano ad una distesa mista di campi tra giallo e macchie di terra rossa e campi verdi con qualche albero, alcuni laghi e qualche fiumiciattolo. Ora capisco da dove vengono i colori dell’India.
Attraversiamo parecchi villaggi e ci fermiamo di tanto in tanto lungo la strada, ai “bar” locali per soste ‘tecniche’, dove l’igiene ha standard non proprio occidentali.
Prendiamo qualche limonata in bottiglia e qualcuno assaggia delle frittelle ancora calde che vengono servite in carta da giornale. Io non ho il coraggio di mettere alla prova il mio intestino, ancora non abituato alla flora batterica indiana, con quelle leccornie …e faccio bene, come posso osservare poco più tardi dall’effetto che fa sui temerari che hanno osato.

Il viaggio continua; lasciamo la strada asfaltata e ci inoltriamo nella campagna dell’interno… Osservo donne scalze, vestite di sari coloratissimi e ai miei occhi molto eleganti, con in testa la brocca per l’acqua che si prende da un laghetto abbastanza pulito, mentre dei bambini fanno il bagno nello stesso lago o ci portano le mucche a abbeverarsi.

Laghetto [9]

 

È come vedevo nei documentari in televisione, seduta sul divano della casa dei miei… Ma è tutt’altra cosa immergersi stare sul posto, col sudore che cala lungo le guance e inalando gli odori che entrano dalla finestra del pullman, sentendo ogni buco nella strada non asfaltata, con la felicità di avercela finalmente fatta… Sono in India!

Vaitarna. Corridoio [10]

Arriviamo all’Accademia, una struttura semplice a forma di “U” che abbraccia un prato, alta due piani con un lungo corridoio (nella foto qui sopra) aperto sul cortile interno, lungo il quale si accede a tante stanze diverse per le varie materie. Seguendo una scalinata che attraversa un giardino si arriva alla mensa, preceduta da una terrazza a scalinata, coperta. Su queste scale si può stare seduti a mangiare o a seguire qualche lezione. Funziona come un anfiteatro.
Entro in tutte le stanze e scopro che offrono tante materie che m’interessano; allora mi informo di quanto costerebbe aggiungere un’altra materia… La risposta mi pare paradisiaca… “Puoi inserire nella tua giornata tutte le materie che riesci a fare, senza un cambiamento del prezzo”.

E’ fatta… scelgo musicoterapia, canto classico indiano, danza (kuchipuddi) e pittura di miniatura …e sono felice!

Vaitarna.1 [11]

Vaitarna.2 [12]

Workshop [13]

Antiche strutture lignee a Vaitarna e sotto un palco del workshop

Con i partecipanti si crea una bellissima atmosfera, e con facilità mi integro nel gruppo di studenti che rimangono per mesi.

Sono stata benissimo lì e vorrei tanto ritornare per un periodo più lungo.
Durante quei dieci giorni facciamo anche una gita a Chindwara, il paese dove è nata e cresciuta la fondatrice di Sahaja Yoga, che ha diffuso questo metodo in tutto il mondo, conosciuta ora come “Shri Mataji Nirmala Devi”. Lei ha avuto molti onori e è rispettata non solo in India; è stata proposta per due volte per il premio Nobel per la pace.

Torniamo a Vaitarna. I dieci giorni sono passati in un batter d’occhio e saluto questo posto meraviglioso, dove ho imparato molto in così poco tempo.
La mia spalla che all’inizio del viaggio era immobile si è curata da sola e mi muovo senza fatica.
Arriva il momento del saluto… baci, lacrime e promesse di scrivere e di tornare e poi si parte per Nagpur.
Lì prendiamo il treno di notte, che ci riporta a Bombay per l’ultima manifestazione del Festival sul campo grande…

Raduno [14]

Evento. Istallazione [15]
Altri giorni meravigliosi e poi il ritorno in Italia, col cuore pieno e grato… con la disponibilità a dare il più possibile agli altri qualcosa delle bellezze vissute…
Ricordi che nella mente sfumano, ma che nel cuore vivono per sempre….

E chi sa… forse ci riesco a tornare di nuovo in India….

India. Holi. Mani. La festa dei colori [16]

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(1) – Nota
L’Holi Festival, famoso in tutto il mondo, è tra le più antiche celebrazioni indù della stagione primaverile; i festeggiamenti prevedono canti, balli e lancio di polvere colorata per le vie delle città e dei villaggi.
La tradizione prevede l’accensione di un falò che celebra la vittoria del bene sul male. Il termine Holi, infatti, significa “brucia” e lo spirito del male viene simbolicamente bruciato in un falò.
Durante questa festività gli innamorati si colorano reciprocamente la faccia per sancire il loro sentimento. Una via di mezzo tra le nostre feste di Carnevale e San Valentino.

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[La scelta di Ike. I miei viaggi (5). L’India – Fine]