Attualità

Elucubrazioni di Pasquale. (3). La Città turrita

di Pasquale Scarpati
Silvano Braido. Castelli gemelli

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Sezione Terza: La Città Turrita 

L’entrata

Questa cittadella è cinta da mura altissime e molto larghe; per entrare si passa attraverso una sola, ampia porta, sempre aperta, rivolta a mezzogiorno. Vicino a questa ve ne sono due o tre più strette, quasi a corollario della stessa.
Formalmente non è difficile entrare ma, prima di entrare, bisogna obbligatoriamente scrivere qualcosa (generalità ed altro) su fogli prestampati che gli esperti, comunemente, chiamano moduli.
I quesiti posti variano in base alle esigenze dei singoli; propedeutici sono le generalità, il codice fiscale e la data di nascita.
Di norma ci si mette in fila ordinatamente ma c’è sempre qualcuno che, come pipistrello, possiede le ali per volare sugli altri o passa per strade secondarie, conosciute a pochi.
La fila è chilometrica perché ci vuole un po’ di tempo per compilare questi moduli.
Succede però che, una volta giunti nei pressi della porta, il gabelliere, dopo avere conosciuto il motivo della visita alla città, rimanda alle porte laterali perché  lui non è in possesso del modulo che interessa al malcapitato. Costui, quindi, è costretto di nuovo a mettersi in coda in una delle file che si avviano lentamente verso una porta secondaria ed aspettare pazientemente il proprio turno mentre, anche qui, in aria volano i soliti pipistrelli.
Queste porte più piccole, però, non stanno sempre aperte: rispettano rigorosamente un determinato orario in determinati giorni.
Pertanto può accadere che, nel momento in cui si sta quasi per giungere alla soglia, improvvisamente si chiudano. Al malcapitato non resta altro che tornare a casa o al suo lavoro, mestamente, pensando di aver speso molto del suo tempo prezioso; di aver dovuto lasciare inutilmente il proprio lavoro e di essere stato di peso, non per sua colpa, a tutta la società: è stato improduttivo, non ha fatto altro che sprecare il suo tempo, e si sa che il tempo è denaro.
Tornando a casa, immagina di essere pensionato: allora, fruendo meritatamente del riposo per i suoi anni di lavoro, potrà tranquillamente mettersi in fila, scambiare due parole con il vicino e, all’uopo, fare nuove conoscenze: darà, in questo modo, un senso alla sua vita, altrimenti noiosa. Ringrazierà pertanto chi, permettendogli di stare in lunghe code, lo induce a… socializzare.
Ma questo, per la maggior parte degli uomini, è un puro miraggio.

Per passare attraverso le porticine laterali, che somigliano alle forche caudine, il modulo da compilare è, però, un po’ astruso, sia nella terminologia, sia per certi numeri chiamati codici (spesso sconosciuti ai più), per cui nei pressi delle porte stazionano molti uomini che, dietro pagamento, offrono i loro servigi. Essi, però, non sono responsabili di nulla. Inoltre su alcuni di questi moduli deve essere posto un piccolo rettangolo colorato, che è a pagamento, ma non  si compra vicino alla porta, bensì altrove.
Il suo costo, penso, derivi dal fatto che si sia speso del denaro – della collettività – per colorarlo, pertanto colui che lo deve usare, felice anche per quei vistosi colori che sicuramente rallegrano l’animo, lo deve pagare.
Non si capisce bene quale funzione abbiano i rettangolini, comunque bisogna conoscere in anticipo su quali moduli vanno posti, altrimenti si rischia di rifare la fila una o più volte perché al gabelliere è stato ordinato di proferire una parola per volta e pertanto ora ordina questo, ora quello: mai tutto in una volta!

 

[Elucubrazioni di Pasquale. (3). Continua]

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