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Canto delle lavandaie del Vomero

proposto da Sandro Russo
Lavandaie del Vomero [1]

 .

Canto d’amore risalente al Duecento (secondo altri, al XIV secolo) divenuto canto di protesta contro la dominazione aragonese, in cui il fazzoletto (moccatora – termine dall’antico dialetto partenopeo, ma in uso ancora oggi come maccature, il fazzolettone da tenere in testa) assume il significato di terra.
E’ considerato dagli etno-musicologi tra i primi esempi di canzone popolare, così come la intendiamo oggi.

Inserito da Roberto Murolo nella sua monumentale opera: “Napoletana. Antologia cronologica della canzone partenopea (1963 – ’65) in dodici volumi.

Riproposto dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare nel loro momento di massima popolarità all’inizio degli anni ’70, con l’arrangiamento curato con rigore filologico da Roberto De Simone.

Lo presentiamo qui nella ‘preziosa’ esecuzione di Amalia Rodriguez, la regina del fado – tratta dall’album “Ad una terra che amo”, del 1973 -, a sottolineare gli echi e i rimandi, attraverso il tempo e in luoghi diversi, ad una comune matrice mediterranea.
Lavandaie del Vomero. Antica foto [2]

*

Amalia Rodriguez in “Canto delle lavandaie del Vomero”


. [3]

Tu m’aje prommiso quatto
moccatora
oje moccatora, oje moccatora!

io so’ benuto se,
io so’ benuto se me lo vuo’ dare,
me lo vuo’ dare!
me lo vuo’ dare!

E si no quatto embe’,
dammenne ddoje
oje moccatora,
oje moccatora

chillo ch’è ‘ncuollo a tte
nn’e’ rroba toja
me lo vuo’ dare
me lo vuo’ dare.

 

Richiami

Gabriella Nardacci ha già presentato Amalia Rodriguez insieme ad altre grandi interpreti di fado.  A questi link:

Dulce Pontes, in Canção do mar (leggi e ascolta qui [4])

Amalia Rodriguez, in La casa di via del Campo (leggi e ascolta qui [5])

Cesària Èvora in Sodade (leggi e ascolta qui [6])

 

«Il fado non è né allegro né triste, è la stanchezza dell’anima forte, l’occhiata di disprezzo del Portogallo a quel Dio cui ha creduto e che poi l’ha abbandonato: nel fado gli dei ritornano, legittimi e lontani…»

(Fernando Pessoa)