Attualità

I due Maestri

proposto da Umberto Prudente

 .

Caro Sandro,
leggendo la tua nota sulla morte del Maestro Marcello D’Orta
(leggi qui), mi sono ricordato che dopo la morte di Ernesto, da varie parti d’Italia, mi sono giunte copie di articoli di stampa dedicate a lui.
Tra questi, c’è ne uno di Marcello D’Orta
(Quotidiano Nazionale del 25-09-12), che Ti invio in allegato.
Non so se si conoscessero, anche se solo epistolarmente; Ernesto non ne aveva mai fatto cenno.
Ciao
Umberto

Marcello D'Orta

Marcello D’Orta

L’isola del tesoro non ha più il suo maestro. Morto Ernesto Prudente, 84 anni, unico abitante di Palmarola

di Marcello D’Orta

 

IL PERSONAGGIO. Insegnante elementare per cinquant’anni e grande studioso del luogo

AI FUNERALI di Ernesto Prudente più che la campana avrebbe dovuto suonare la campanella. Ernesto Prudente è stato infatti maestro elementare per cinquant’anni, formando generazioni di ponzesi, che al suo passaggio ancora lo chiamavano “Maestro”.
Non era stato solo un insegnante ma uno storico dell’isola, ed è naturale che il sindaco abbia chiesto che gli venga intitolato un museo.
Prudente, ogni inverno, si ritirava nell’isoletta di Palmarola, sei miglia a ovest di Ponza. Per il fatto che Palmarola fosse utilizzata nei secoli XVI e XVII quale rifugio dei pirati durante le scorrerie lungo la costa laziale, il luogo è conosciuto anche come “l’isola del tesoro”.
Ma, vi fosse o no un forziere nascosto da qualche parte, non era questo che attirava Prudente. Nel romanzo di Stevenson il tesoro del capitano Flint è causa di ammutinamenti e vendette, e lascia sul campo decine di morti; in quello di Dumas, il tesoro di Montecristo serve a Edmond Dantès per preparare la mortale vendetta su Villefort, Danglars e Mondego.

Il “tesoro” di Prudente era invece silenzio (era solo sull’isola), le lunghe meditazioni, l’incontro con se stesso. Se ne andava a Palmarola (poco più di uno scoglio, un chilometro quadrato di superficie) come un personaggio di Victor Hugo, un Gilliat de “I lavoratori del mare”, e lì osservava il volo di migliaia d’uccelli, si inerpicava per sentieri a strapiombo sul mare, entrava in grotte ciclopiche. Qualcosa del genere doveva fare lo stesso Hugo sull’isola di Guernsey, dove si ritirò nel 1851  e dove visse per ben quindici anni. Una foto lo ritrae seduto su uno scoglio, davanti all’Oceano.

Victor Hugo a Jersey.1852

CON PRUDENTE scompare o uno storico dell’isola, ma soprattutto uno degli ultimi grandi maestri elementari. Uno a cui, prima o poi, intitoleranno una scuola. Non so se lui la desiderasse questa cosa; non a tutti piace pensarsi come “scuola». A me non farebbe piacere, per esempio; le scuole sono pur sempre luoghi di costrizione (la penso come Tolstoj) e piuttosto vorrei che si chiamasse col mio nome un giocattolo, qualcosa che desse gioia a un bambino: – Mamma, mi compri Marcellino?”. Sì, questo lo vorrei.

ADDIO, CARO COLLEGA. Ponza ricorda le tue battaglie sociali, quella sulla chiusura della miniera a Le Forna, quella per il recupero delle tradizioni e della storia delle isole, quella per la costruzione di un molo per l’attracco delle navi.
lo voglio ricordarti come maestro elementare, immaginarti, ormai vecchio, fuori da una scuola ad osservare i bambini col grembiule, come faceva un altro grande pedagogo, Edmondo De Amicis: “Sovente (…) vado all’ora dell’uscita davanti a una delle grandi scuole di Torino, e rimango là (…) quando escono a centinaia e a centinaia, classe dopo classe (…) i fanciulli (…); quelle mille voci (…) quei mille piccoli incidenti graziosi, affettuosi o lepidi, di compagni e di fratelli che si cercano si smarriscono, si chiamano, si ritrovano, si raggruppano e si sciolgono con giri e svolazzi, farfalle e di rondini (…) tutta quella piena umana che (…) s’espande in pochi minuti per tutte le strade d’intorno, facendo festa all’aria, all’acqua, agli alberi, al sole, a tutto ciò che si muove (…) questo spettacolo e il metter la mano sul capo di qualche piccolo alunno della prima inferiore (…) mi danno per tutto il resto della giomata una serenità così chiara di spirito e una disposizione così viva alla benevolenza…”

Saranno loro, caro Ernesto, saranno i bambini, ad accoglierti in Paradiso.

 

Immagine di copertina. Foto di Victor Hugo (1802-1885)
Victor Hugo a Jersey, sullo scoglio detto “dei proscritti” (1852 circa)

Originale dell’articolo in formato .pdfQuotidiano Nazionale del 25.09.2012

 

 

 

1 Comment

1 Comment

  1. polina ambrosino

    23 Novembre 2013 at 15:45

    Grazie Umberto, per aver inviato e fatto conoscere a tutti questo articolo! Sebbene non credo che Marcello D’Orta conoscesse Ernesto cosi bene, di certo ha scritto parole che nemmeno un migliore amico. E’ un articolo toccante. Chi fa il maestro, e dico fa, perchè esserlo è presunzione, sa che senza amore per l’infanzia, senza pazienza e senza una grande motivazione, si finge solo di lavorare a scuola. Marcello D’Orta, con i suoi libri in cui trascriveva i temi dei suoi alunni senza correggerne gli errori, ha mostrato come il primo compito dell’insegnante non è quello di segnare con la matita rossa gli errori, appunto, ma saper tirar fuori la loro anima, i loro pensieri, la loro essenza. Lo scritto si può correggere, il cuore e l’anima di un bambino no. Quindi prima si cerca di far si che loro si fidino di noi, poi “si correggono” gli errori.
    Penso che Ernesto condividesse questa filosofia e di certo i due avranno avuto tante cose in comune.
    L’altro giorno, quando appunto il maestro D’Orta è venuto a mancare, ho portato con me, a scuola, il libro “Io speriamo che me la cavo”, e ne ho letto alcuni brani ai bambini, che, ovviamente, hanno gradito moltissimo e mi è venuto in mente un aneddotto della mia infanzia che sembra unire i due maestri: la mia classe era molto numerosa e quindi, per la maestra, riuscire ad ottenere buoni risultati da tutti era un lavoro tremendo. Ci assegnò un tema in cui avremmo dovuto raccontare un evento che ci aveva particolarmente interessato. Un mio compagno scrisse che la domenica aveva seguito la partita di calcio, e lo aveva fatto senza mettere nè un punto nè una virgola. La maestra, sconcertata, fece leggere il tema al maestro Ernesto, il quale rispose: “Eh certo! questa è una telecronaca! Tu che punti e virgole ci vuoi mettere!? Al massimo un punto esclamativo!” …Secondo me, lassù, oltre ai bambini, il maestro Ernesto avrà trovato il maestro Marcello che lo avrà cosi accolto: “Te la sei cavata davvero egregiamente!”

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