Ambiente e Natura

Schizzi di salsedine

di  Francesco De Luca (Franco)
O.V. 011

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Schizzi di salsedine

 

Torna il tempo del sonno:
vattene figlio;
il sonno qui non genera sogni.

Troppo inquieto il mare
in urto con una terra
sfatta,
e il vento sradica
perché nessuno pianta
per il verde.

Vattene,
il sole cui aspiri è miraggio:
facile e fragile,
non ingorga il cuore.

E’ terra questa per chi bestemmia
e chi bestemmia non prega,
pretende senza dare;
o s’accula
come cane agli angoli
in attesa che il tempo migliori.

Appassirai nell’astio,
nemmeno sfiorato dal soffio
della storia degli uomini
vivi.

12 Comments

12 Comments

  1. silverio lamonica1

    14 Novembre 2013 at 17:54

    Caro Franco, le tue poesie (in italiano e in vernacolo) sono bellissime, a me piacciono tutte… tranne una: quest’ultima che hai pubblicato.
    Un saluto affettuoso e pieno di speranza.

  2. Franco De Luca

    14 Novembre 2013 at 19:56

    Caro Silverio,
    solo pel fatto che mi hai dato attenzione, ti ringrazio.
    Ancora, ti ringrazio perché non condividi, credo di capire, il contenuto acre dello scritto, e dunque mi vuoi attestare che non tutto è perduto alla vita su questo lembo di terra.
    Questo mi conforta, un pochino soltanto (e ciò muove il mio ringraziamento).
    Ma questi anni che stiamo vivendo sono privi di orizzonte: quelli che vediamo aprirsi ogni giorno sono stantii e inadeguati.
    Vedo morire la nostra anima (di ponzesi, di uomini con un passato che vuole fecondare il futuro), prendendone dolorosamente atto.
    Quello che vedo reattivo è un misto di arroganza e indifferenza.
    Il resto (me incluso) si muove per certificare la decomposizione della comunità isolana.

  3. polina ambrosino

    14 Novembre 2013 at 23:56

    Caro Franco. Giacomo Leopardi visse tutta la vita nel pessimismo cosmico… per poi giungere a Napoli, città derelitta e viva, per cambiare finalmente opinione e morire scrivendo “La ginestra”… Spero davvero che accada anche a te di vedere una luce in fondo a questo buio e di scrivere la TUA ginestra!
    Per me la vita a Ponza è come l’erica rosa, sulle rocce aride e nude. Bella, e invincibile, nonostante tutto. Nonostante noi ponzesi.

  4. Gennaro Di Fazio

    15 Novembre 2013 at 01:15

    Mi farebbe piacere sapere da Silverio cos’è che non gli è piaciuto di questa poesia di Franco: il suo contenuto o la sua metrica. Nel caso fosse il contenuto, come credo di aver capito, sarebbe molto interessante aprire un dibattito a riguardo; ce ne sarebbe molto bisogno…
    Tuttavia le voci dei poeti vanno sempre ascoltate, e Franco non è un principiante; ha scritto tanto, bene e conosce la realtà di Ponza, magari a modo suo, ma chi peraltro ha la pretesa di avere la conoscenza obiettiva!?
    A me, che di questa nostra amata isola rimangono tuttora fisse nella mente le immagini dei luoghi ed il ricordo delle emozioni su di essa vissute, anche questa poesia, come tante del De Luca, suscita sentimenti forti, di vario tipo ed intensità; pertanto, visto che l’Uomo vive soprattutto in funzione delle emozioni, ho il dovere di ringraziare il poeta e di invogliarlo, anche se so bene che non ce n’è bisogno, a continuare a denunciare le condizioni umane degli abitanti dell’isola di Ponza.

    Gennaro Di Fazio

  5. vincenzo

    15 Novembre 2013 at 17:40

    Jean-Jacques Rousseau
    “l’uomo nasce buono e che il male scaturisce dalla corruzione della società e da un’educazione non corretta, che non asseconda lo sviluppo armonioso delle potenzialità naturali”.

    da: “Come l’agave”; 1982

    “Stamane ho ripreso il mio mare.
    Mi sono sciolto nell’abbraccio,
    e sono quietato
    come in grembo.

    L’ansimare dell’onda
    ha riempito le pupille di sole,
    di sale fatto io
    in silenzio.

    La mia isola tuona parole in inverno
    quando gli animi infiacchiscono
    al timore di ritrovarsi col vicino.
    E’ allora che i flutti ribollono
    maledizione alla codarda
    umana cattiveria.

    Franco De Luca

    Questo è il Franco che mi piace, quello che constata l’amarezza della diversità e l’inevitabilità del fallimento.
    Moltitudini di genti, sono pronte ad emigrare in cerca di un altro pianeta per poter di nuovo sognare.

  6. polina ambrosino

    16 Novembre 2013 at 00:04

    Se il fallimento è inevitabile, a che serve vivere!? A cosa servono le vostre vane parole!?! Meglio tacere.

  7. vincenzo

    16 Novembre 2013 at 11:02

    E’ solo poesia, Polina …e i poeti sono strane creature come dice il mio amico De Gregori nella canzone Storie di Ieri… E’ una canzone che parla dei nostri padri.

    Mio padre ha una storia comune,
    condivisa dalle sue generazioni,
    la mascella nel cortile parlava,
    troppi morti lo hanno tradito,
    tutta gente che aveva capito.
    E il bambino nel cortile sta giocando,
    tira sassi nel cielo e nel mare,
    ogni volta che colpisce una stella
    chiude gli occhi e si mette a volare,
    chiude gli occhi e si mette a volare.

    E i cavalli a Salò sono morti di noia,
    a giocare col nero perdi sempre,
    Mussolini ha scritto anche poesie,
    i poeti che brutte creature,
    ogni volta che parlano è una truffa.
    Ma mio padre è un ragazzo tranquillo,
    la mattina legge molti giornali,
    è convinto di avere delle idee.
    E suo figlio è una nave pirata,
    e suo figlio è una nave pirata.
    E anche adesso è rimasta una scritta nera,
    sopra il muro davanti a casa mia.
    Dice che il movimento vincerà;
    il gran capo ha la faccia serena,
    la cravatta intonata alla camicia.

    Ma il bambino nel cortile si è fermato,
    si è stancato di seguire aquiloni,
    si è seduto tra i ricordi vicini, rumori lontani,
    guarda il muro e si guarda le mani,
    guarda il muro la e si guarda le mani.

  8. polina ambrosino

    16 Novembre 2013 at 13:26

    “…LA STORIA NON SI FERMA DAVANTI A UN PORTONE… LA STORIA SIAMO NOI CHE ABBIAMO TUTTO DA VINCERE E TUTTO DA PERDERE… E POI E’ LA GENTE CHE FA LA STORIA CHE DEVE SCEGLIERE E SAPERE DOVE ANDARE …QUELLI CHE HANNO LETTO MILIONI DI LIBRI E QUELLI CHE NON SANNO NEMMENO PARLARE… LA STORIA SIAMO NOI, PADRI E FIGLI, SIAMO NOI E QUESTO PIATTO DI GRANO…”
    La poesia è anche comunicazione. La poesia è espressione di un’anima, di un tempo, di un luogo. E si può adottare come propria espressione o si può dissentirne. Può esprimere disperazione, ossia ASSENZA DI SPERANZA, ma anche il contrario.
    Dipende dal poeta e dal momento. De Gregori, infatti, ha scritto e cantato entrambe.

  9. sandro vitiello

    16 Novembre 2013 at 19:01

    Vabbè, però Franco non ha tutti i torti.
    Ha il coraggio di dire quello che in tanti pensano.
    Certo che però, uno come lui che ha dedicato la sua vita professionale all’insegnamento, uscirsene con una “cacciata” così, direi che è “alto tradimento”.
    Volendo ci sarebbe pure l’amico Silverio Lamonica che partendo dal ricordo dl Dr D’Atri è arrivato a ritirare fuori l’apologia di Maria Goretti, di vecchia scuola comunista.
    Ponza in questa stagione dev’essere un pò pericolosa.
    Ps: Polina ma sei sicura di aver fatto bene a tornare a insegnare a Ponza?

  10. polina ambrosino

    17 Novembre 2013 at 01:11

    Aahahha!! Sandro! Dopo aver vissuto 5 lunghi e solitari anni in Liguria, davanti a un mare che era cattivo di Libeccio, mentre qui, a Ponza Porto, lo è di Levante, non mi deprimo per le sventolate e le mareggiate. Non mi deprimo per questa condizione di empasse in cui l’isola si crogiola da anni. Non mi spaventa la sera uscire per le strade per andare a fare le prove per lo spettacolo che pensiamo di fare e non incontrare più nemmeno i cani. Non mi spaventa la poca gente. Mi spaventa la rassegnazione di chi “pensa”. Quella sì, mi spaventa. Vedere nero non è sbagliato, ma credere che sia ineluttabile è peccato. Diffondere questo pensiero dell’ineluttabile significa essere i nuovi untori, non della peste, bensì della rassegnazione. Che è ancora più grave perché incurabile. Ciao Sandro.
    PS: Tornare a Ponza è stato ovvio e giusto.

  11. Franco De Luca

    17 Novembre 2013 at 01:11

    Chiarimenti a “Schizzi di salsedine “
    Non gradisco parlare delle mie poesie perché credo che un’opera debba avere una vita sua, autonoma, disincarnata dall’autore, che quello che voleva dire l’ha detto interamente nell’opera stessa.
    Preferisco piuttosto, seguendo il suggerimento di Gennaro Di Fazio, che ringrazio per l’attenzione, soffermarmi sulle condizioni in cui versa la comunità ponzese (ciò che ha dato il via alla poesia stessa), lasciando da parte, dunque, ogni riferimento a Poeti e a Poetiche, così come i giudizi “a caldo”, e per sentirmi “meno strano”.
    Orbene quello che vedo mancante nella realtà socio-culturale dell’isola è lo scenario che si immagina per il futuro (a livello collettivo, a livello istituzionale).
    Futuro che appare demograficamente traballante, politicamente incerto, economicamente sorretto su puntelli malsicuri, culturalmente privo di una direzione, come è acclarato dalla pochezza degli stimoli (si salva questo Sito, con i distinguo che ho palesato ).
    Le “consapevolezze” palesi riguardano:
    a – il precario assetto finanziario-amministrativo (con ciò che ne deriva);
    b – la frammentazione astiosa e indifferente dei soggetti sociali;
    c – il “tirare a campare” delle forze socio-economico-sociali presenti;
    C’è una agonia generale di cui tutti (me compreso) andiamo a seguirne il decorso.
    A latere ci sono sforzi personali (che valgono ma che non sono risolutivi); c’è qualche tentativo di associazionismo, ma relegato alla sopravvivenza degli adepti; niente altro.

  12. vincenzo

    17 Novembre 2013 at 09:58

    Franco ci ha tenuto a precisare: “ragazzi non vi preoccupate sto perfettamente bene, sono concretamente realista e vedo quello che voi tutti vedete e che ognuno di noi esprime in mille modi diversi, come vuole Giuseppe Mazzella”.
    Si sopravvive senza troppe chiacchiere, si sopravvive in questo contesto di individualismo edonista. Certo abbiamo dei ricordi comuni, che sembravano di bellezza, armonia, di collaborazione, di passione ma eravamo più giovani e si sa che la gioventù fa innamorare. Ci si può innamorare a 60 anni?. Certo qualcuno dirà, non c’è età per innamorarsi ma intanto vediamo le stesse cose e quando qualcuno ha la voglia di chiamare per nome e cognome, la noia, l’avidità, la cattiveria, il fallimento, deve anche giustificarsi. Il fallimento può non essere individuale se pensiamo all’arricchimento personale, qualcuno si è arricchito, ma il fallimento è dell’individuo nella comunità, questo è indiscutibile. L’uomo ha bisogno dell’altro uomo, non c’è natura senza l’umanità, Robinson Crusoe senza Venerdì era infelice…..”
    Una cosa voglio aggiungere. Io di questa evidente crisi ne parlo da tanto, portandola sull’aspetto politico della questione, cercando di dare il quadro d’insieme: i ponzesi, meglio i ponzesi residenti invernali sono sempre stati individui paurosi di perdere il poco di materia che hanno accumulato. Cerchiamo di costruire una idea di isola in cui tutti quei pochi rimasti possano ritrovarsi e magari ricominciare a guardarsi negli occhi.
    Ma questi miei discorsi pensati e razionali vengono fatti cadere e si cerca il dibattito nei sentimenti che per natura sono emotivi per cui vanno interpretati. Ma non c’è problema, se questo serve diventiamo tutti poeti. Ecco perché, questa volta ho apprezzato Franco e non mi sono sottratto al commento positivo.

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