Confino Politico

Don Mario: il sindaco Vitiello (1)

di Rosanna Conte
Don Mario Vitiello

 .

E’ difficile fare la primadonna per chi è di animo mite, specie se vive tra persone che hanno un carattere forte.
Così è capitato che sei stato un grande sindaco, ma non te ne sei mai inorgoglito né l’hai mai fatto pesare sugli altri.
Stiamo parlando di ‘don Mario’, Mario Vitiello, sindaco di Ponza dal 1975 al 1980.

Me lo ricordo quando, dietro il banco della farmacia a Sant’Antonio, era chiamato a risolvere i problemi di quei clienti che si affidavano alla sua sagacia, pur sapendo che non aveva la laurea in farmacia, perché ritenevano superfluo andare prima dal medico. Quanta pazienza aveva!

Ma, per chi non ne ha mai sentito parlare – e può capitare fra i lettori di un sito come il nostro – forse è il caso di partire da lontano.

 

Nel lontano 1907, donna Margherita, moglie del farmacista Benedetto Vitiello, mette al mondo Mario, terzo di cinque figli.
Ha 21 anni quando a Ponza arrivano i primi confinati politici e la sua famiglia si trova al centro della vita confinaria.

Il retrobottega della farmacia, situata in via Dante, al n°42, era stato fittato ad alcuni confinati per trascorrervi le ore di libera uscita. Questi alloggi diurni erano utili per svolgere attività clandestine, come scambio di libri, riviste e corrispondenza, ed il retrobottega era comodo perché, dal lato interno, aveva diverse vie di fuga in caso di controllo improvviso dei militi.  Era qui che si incontravano alcuni  importanti personaggi, tra cui Magri, Baldazzi, Canepa, Lelio Basso, che ebbero modo di frequentare sia Benedetto Vitiello che le sue figlie che aiutavano il padre dietro il banco.

Era naturale, per il farmacista di idee socialiste, collaborare con i confinati utilizzando i codici dei medicinali da ordinare per mettere in comunicazione clandestinamente l’isola col continente. E sotto i suoi occhi nasceva e si evolveva l’amore delle sue figlie per quei giovanotti intelligenti, coraggiosi e condannati per i loro ideali di libertà.

Maria, contro il volere della madre che voleva difenderla dal ludibrio dei militi fascisti a cui si sarebbe sottoposta fidanzandosi con un confinato, appena divenuta maggiorenne, nel 1931, sposò Giambattista Canepa, il futuro comandante “Marzo” della resistenza ligure a cui partecipò anche lei.

Elena, riuscì a sposare il suo Cencio Baldazzi solo nel 1945, dopo tredici anni dal loro innamoramento e tante traversie.

La condotta antifascista di Benedetto Vitiello non poteva passare inosservata ma nemmeno essere dimostrata, per cui si ritenne giusto risarcimento, da parte dei militi, incendiare la farmacia; da qui la serie di problemi finanziari che portarono ad ipotecarla per 500 lire.

In seguito a ciò, il figlio maggiore, Luigi, andò a Milano a lavorare in una ditta organizzata da Lelio Basso che serviva da copertura per dare assistenza ai perseguitati dal regime fascista. Lo raggiunse Elena per stare più vicino al suo Cencio, e, con la morte di Benedetto nel 1937, lo raggiunsero anche donna Margherita e la piccola Rita.

Questa era la famiglia di don Mario, fatta di donne e uomini coraggiosi e intraprendenti, che si facevano guidare dai principi di libertà, giustizia, solidarietà.

Nonostante il suo impegno, Mario, tuttavia, non era riuscito a  proseguire gli studi. Aveva frequentato l’Avviamento professionale e doveva superare degli esami per poter accedere ai corsi di studi superiori, ma ogni volta che era andato a Napoli a fare gli esami era stato preceduto da una lettera in cui si richiedeva di non farglieli superare, visto lo spirito antifascista della famiglia da cui proveniva.

Pertanto, nel 1937 si ritrovò senza padre, con la farmacia ipotecata e senza un titolo di studio che gli consentisse di svolgere un’attività autonoma.

Però, proprio quell’anno, arrivò a dirigere la farmacia Assunta Battaglia, una giovane  salernitana che aveva studiato con Maria Bakunin, grande scienziata napoletana. Assunta rilevò l’ipoteca, che pagò con i suoi primi guadagni, sposò Mario ed insieme continuarono ad aiutare i confinati con alcuni dei quali rimasero in rapporto di amicizia per lungo tempo.
Mario Vitiello con la moglie Assunta

Anche questa donna aveva un carattere forte. Rimasta orfana di madre, con la matrigna in casa era riuscita a laurearsi e a scegliere di andare via, via anche dal fratello Tommaso, che era un graduato della Milizia Fascista.

Una volta sposata con Mario, decise che la cosa più logica da fare era istruirlo personalmente nell’arte farmaceutica, sospendendo gli inutili viaggi a Napoli, per farlo diventare pratico di farmacia.
Così iniziò la carriera di don Mario il farmacista, che farmacista non era, ma che godeva della stima dei ponzesi suoi clienti.

 

Furono questa stima, la sua affabilità e correttezza che ne fecero la persona più adeguata a scardinare, nel 1975, l’amministrazione di Francesco Sandolo che era sindaco di Ponza dal 1951. Fu proposto dal consigliere regionale  socialista, Gabriele Panizzi, come capo di una lista civica, “Alleanza Democratica”, e subito su di lui vi fu la convergenza dei segretari locali di tutti gli altri partiti. In lista con lui, tuttavia, non vi furono i segretari, piuttosto litigiosi, ma le persone da essi indicati: questo poteva garantire una maggiore tranquillità nella gestione di una futura giunta.
Così il 15 giugno 1975, Ponza cambiò pagina e l’amministrazione di don Mario ebbe parecchio da fare, visto che la campagna elettorale era stata sviluppata principalmente sulla chiusura della Miniera e la definizione di un Piano Regolatore. Subito dopo c’erano la Scolarità, con la costruzione di  scuole, e l’istituzione di una scuola superiore, le Fogne e l’Acquedotto, il Pronto Soccorso, la Viabilità,  le Case Popolari.

Forse è bene tentare anche di ricordare chi c’era in quella giunta che aveva la fiducia di una maggioranza formata da partiti molto distanti fra loro: MSI, PLI, PRI, PSI, PCI (dopo i primi mesi, il PRI si tirò fuori). Silverio Lamonica, che nella vicenda ebbe una parte non secondaria, la ricorda così:

Mario Vitiello era Sindaco; Franco Schiano fu vice sindaco e assessore ai Lavori pubblici fino a dicembre 1975, quando fu dichiarato ineleggibile per incompatibilità in quanto, come impiegato del Banco di Napoli, non poteva essere anche tesoriere del comune; al suo posto subentrò, come assessore all’edilizia e al personale, Silverio (Ninotto) Scotti); Silverio Lamonica, assessore alla Pubblica Istruzione e Cultura, dal mese di gennaio 1976 divenne vice sindaco al posto di Franco Schiano; Aniello Vitiello era assessore al commercio, Domenico Spigno assessore anche lui, ma non ricorda a cosa. I due assessori supplenti erano Giuseppe (Peppino) Di Monaco con delega al bilancio e Tommasino Di Scala con delega alla pesca e portualità.

Dei 16 consiglieri componenti all’inizio la maggioranza, ne rimasero 14 e, In realtà, nella seconda fase della legislatura, solo una decina erano presenti alle sedute consiliari.

La minoranza era formata dal  Dr. Francesco Sandolo, Luigi D’Atri (il panettiere ora pizzaiolo), Antonio Conte ( bombole di gas), dichiarato poi incompatibile perché genero di Ninotto Scotti, Giovanni Conte (ex motorista della CAREMAR); Antonio Tagliamonte (il maestro) e il Geom. Feola che subentrò ad Antonio Conte”.

 

[Don Mario: il sindaco Vitiello (1) – Continua]

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