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Menenio Agrippa a Ponza

a cura della Redazione
Menenio Agrippa [1]

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Un’isola nuova alla sfida dei tempi nuovi –
Apprendiamo dai giornali (leggi qui [2]) che l’Ascom Confcommercio di Ponza ha un nuovo presidente nella persona di Mariano De Luca, eletto mercoledì 16 ottobre u.s.; contemporaneamente sono stati eletti i due Vice-Presidenti e il Comitato Direttivo.

Ai neo-insediati va naturalmente l’augurio di proficuo lavoro e realizzazioni da parte di Ponza racconta

 

Si è così rinnovata anche la struttura della Confcommercio, dopo quella di pochi mesi fa, il 18 maggio scorso, della Pro-loco (leggi qui [3])

Il 26 gennaio u.s. si è avuta la riorganizzazione della SIB di Ponza (Sindacato Italiano Balneari), che ha eletto all’unanimità Enzo Mazzella Presidente della Delegazione (leggi qui [4]

Procedendo ancora a ritroso. È del maggio 2012 l’elezione a Sindaco di Piero Vigorelli, dopo una combattuta tenzone elettorale sostenuta con le compagini di Antonio Balzano e Franco Ferraiuolo. A quegli eventi sono dedicati numerosi articoli nel Sito.

Sul fronte della Cultura è di questi giorni la costituzione in Associazione di Ponza racconta (leggi qui [5]).

 

Quindi nel giro di poco più di un anno si sono rinnovate alcune strutture portanti della società ponzese: ad esse auguriamo di ben operare per la prosperità materiale e l’elevazione culturale e sociale dell’isola, in un nuovo (ritrovato) clima di concordia e collaborazione.

Perché abbiamo sempre presente l’apologo di Menenio Agrippa riferito da Tito Livio (ab Urbe condita II, 32). Lo riportiamo qui, per ricordarlo anche a noi stessi:


Durante i primi tempi della Repubblica, nel secolo V a.C., al tempo delle guerre contro la popolazione latina degli Equi, stanziata al confine tra il Lazio e l’Abruzzo, avvenne il primo dei grandi scontri fra patrizi e plebei. La plebe si ritirò sul colle dell’Aventino, bloccando in questo modo ogni attività cittadina.
Per convincere i plebei a riconciliarsi col resto della popolazione, i patrizi decisero di mandare sull’Aventino un abile oratore, Menenio Agrippa, che era stato console e aveva sconfitto in battaglia i Sabini. Agrippa si recò nell’accampamento dei ribelli, ma non cercò di convincerli a ritornare in città: si limitò a raccontare loro un apologo:
“Quando le parti del corpo avevano ciascuna la propria autonomia e la facoltà di decisione, si racconta che fossero tutte adirate contro lo stomaco, perché, senza faticare, aveva come unica occupazione quella di godere il cibo che gli veniva consegnato. Allora le altre parti del corpo decisero di cospirare a suo danno: le mani si rifiutavano di portare il cibo alla bocca, la bocca si rifiutava di accettare il cibo, i denti si rifiutavano di masticarlo. L’unico risultato che ottennero fu quello però di rendere debole non solo lo stomaco, ma tutto il corpo e le sue parti: si resero allora conto che il compito dello stomaco era molto importante, perché veniva nutrito e nutriva a sua volta, restituendo, tramite la circolazione del sangue, il nutrimento ricevuto alle altri parti del corpo, rendendole capaci di funzionare”.

L’apologo riuscì nell’intento: i dissidenti si convinsero che i patrizi e i plebei facevano parte di un corpo unico, la società romana. Così il senato e il popolo, come in un solo corpo, sono rafforzati nella concordia e periscono nella discordia.
I ribelli abbandonarono così l’Aventino rinunciando ai loro propositi di guerra civile.
Erano altri tempi, ma le cose non sono poi tanto cambiate e gli apologhi hanno una loro validità universale.