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Panem et circenses

di Rosanna Conte

Panem et circenses [1]

Il poeta Giovenale, grande osservatore della società romana e fustigatore dei suoi costumi,  dicendo che il popolo desiderava ansiosamente due cose, il pane per sfamarsi e l’intrattenimento dei giochi del circo per divertirsi, coniò una locuzione che, dopo quasi duemila anni, è ancora usata per la sua forza comunicativa:  Panem et circenses.

Essa sintetizza e simboleggia la politica degli imperatori romani nei confronti del popolo: in cambio di “pane e circo” gratis, il popolo rinunciò al suo potere politico e ad ogni diritto di manifestare la propria volontà, lasciando agli imperatori campo aperto per qualsiasi azione.

Il popolo di cui si parla è la plebe della città di Roma, costituita da disoccupati che si iscrivevano nelle liste della distribuzione del frumento e formavano il pubblico delle feste e dei giochi. Essi sopravvivevano grazie proprio a queste elargizioni imperiali e trascorrevano tutta la loro giornata preferibilmente al circo, dove si svolgevano le corse delle bighe, negli anfiteatri, dove c’erano le lotte fra gladiatori e quelle con gli animali feroci, e nei teatri.

 

I circenses erano, quindi, usati per divertire, cioè per allontanare dalle preoccupazioni e dagli affanni – dal latino de, particella che indica allontanamento, e vertere, che significa “volgere”: volgere altrove, deviare – e dare piacere.

Da allora i potenti, quando hanno bisogno di avere un popolo imbelle e ossequiente che lasci loro mano libera in tutto, adottano la stessa politica .

 

Il divertimento in sé non è qualcosa di negativo, anzi, guai se non avessimo delle distrazioni: esse sono indispensabili per il nostro equilibrio mentale e fisico e vanno integrate sempre con le nostre normali attività. Il problema sorge quando c’è la ricerca continua e ossessiva del divertimento avulso dalla quotidianità della vita e, anzi, quando esso diventa l’unico scopo della vita stessa.

Nella società di massa il divertimento sta alla base di molte attività imprenditoriali che, con offerta continua, soddisfano le esigenze di tutti, dai più sobri ai più ossessionati. Ci sono località pubblicizzate proprio per la varietà e ricchezza di questo tipo di offerta, sono quelle che con termine nuovo, vengono chiamate divertimentifici.

I conoscitori dell’animo umano sanno bene che, quando le persone sono  psicologicamente o culturalmente deboli, l’offerta del divertimento è una carta vincente per guadagnare o aumentare enormemente il proprio potere di influenza. Così si possono impiantare anche divertimentifici mobili e momentanei, là dove non ce ne sono di fissi, perché siano, come i circenses romani, grandi distrattori dai problemi reali e strumento di consenso per chi li ha offerti.

Mutatis mutandis, i conoscitori dell’animo umano possono trattare le persone del terzo millennio da “plebe imbelle” e Giovenale non si meraviglierebbe perché, da grande pessimista qual’era, non credeva che l’uomo potesse debellare i vizi insiti nella natura umana e diventare virtuoso.
Noi a distanza di secoli e con le conoscenze che abbiamo acquisito in tutti i campi, sappiamo che la volontà stimolata dalla razionalità può sconfiggere il vizio.

Non bisogna sottovalutare che l’intelletto, se opportunamente sollecitato alla riflessione, produce giudizi e il giudizio è la bussola che guida nelle scelte piccole e grandi della vita.

William Trego. La corsa delle bighe da Ben Hur [2]

William Trego. La corsa delle bighe, da Ben Hur