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“La mia Aragosta”, di Giuliano Massari

di Silverio Lamonica

Giuliano Massari [1]

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Giuliano Massari giunse a Ponza, per la prima volta, nell’estate del 1953. Era un giovanissimo turista e frequentava Forio d’Ischia con alcuni amici.
Un giorno, uno dei componenti della piccola comitiva gli propose di fare una “puntatina” nella nostra isola, di cui ignorava totalmente l’esistenza.
Preso dalla curiosità, si mise in  viaggio con il suo amico e si imbarcarono sul vaporetto che collegava settimanalmente Napoli con le isole partenopee e ponziane. Appena a terra, alla punta del Molo Musco, furono fermati da una signora vestita di nero che, avvicinando i “forestieri” appena arrivati, proponeva loro la camera in affitto.
I due accettarono e si avviarono con lei. Da veri gentiluomini quali erano, si posizionarono ai lati della donna, ma costei, più volte, rinunciò alla posizione centrale – di riguardo –  disponendosi all’esterno del “trio”; al che i due nuovi venuti le chiesero il motivo di tale comportamento e quella rispose: – ’U marite mie è ggeluso!

Giuliano rimase subito affascinato dalle bellezze del paesaggio ma – indubbiamente – anche da questi nuovi “operatori turistici” che da un momento all’altro si videro catapultati dal mondo contadino e della pesca in una realtà totalmente diversa, il turismo, allettati da una promettente prospettiva economica.

Devo precisare che questi nostri genitori facevano di tutto per far sentire a proprio agio e rendere piacevole il soggiorno dei primi turisti.
Ad esempio la signora in questione, di cui Giuliano non parla in questo suo ultimo lavoro, un giorno appiccicò alla porta di casa il seguente cartello: “Fittiamo cambre i battillosse”.
Quando i vicini le chiesero  perché avesse usato quei termini un po’ strani per indicare le camere e il battello o meglio la barca, quella rispose: – A ‘cca mo’ venene a tutte’e  parte, pure da’ ’Merica, da’ Francie e dda’ Spagna, e tutte hann’a capì” .  Al di là del cartello tanto “pittoresco”, che Luciano de Crescenzo avrebbe inserito ben volentieri in un suo libro, occorre sottolineare come questi neo operatori turistici – senza la benché minima preparazione – avvertissero l’importanza di conoscere e usare le lingue straniere, alla base di un turismo internazionale e di qualità ed è doloroso constatare che solo oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, in tale campo stiamo facendo i primi passi.

Ma dopo questo primo “impatto”, di cui nell’opera – ripeto – non c’è traccia, l’autore, in questo saggio, si sofferma ad esaminare la vita ed i personaggi che nella prima metà degli anni ’60 erano “i protagonisti” della piazzetta: alcuni turisti habitué  da un lato e gli esercenti dei locali pubblici dall’altro.

Ristorante L'Aragosta. Tempera di G. Massari 1981 [2]

Dopo la premessa in cui l’autore traccia la cronistoria dell’attuale Palazzo del Municipio dal ‘700 ad oggi, frutto di una ricerca molto accurata ed approfondita, passiamo in rassegna, “arcone” per “arcone” sottostanti la sede comunale, la storia di quei locali, dal loro acquisto da parte dei nonni degli odierni proprietari dal demanio statale nei primi anni del novecento, fino ad oggi.

Così, grazie ad una interessante carrellata, ritornano alla nostra mente i “primi attori” della Piazzetta: dall’attuale ristorante “Porticciolo”, una volta sede della boutique “Peonia”, a Ernesto con il suo “Welcome’s Bar” dove amava intrattenere con il suo savoir faire, illustri personaggi di varia nazionalità in visita a Ponza, a Marcel Botton, “ristoratore estemporaneo”, la cui provenienza è tutt’ora avvolta da un alone di mistero; ciò che sappiamo è che si sentì profondamente legato a questo lembo di terra, tanto che sulla sua tomba nel nostro cimitero, se ben ricordo, si leggeva la seguente epigrafe: “Amò  quest’isola e volle esservi sepolto”.
E via via, passando dal locale di Valerio Soriano,  ora ‘Farmacia Dott.ssa Mazzella’, all’attuale “Acqua Pazza” il cui gestore e proprietario, Gigino Pesce, da vero professionista del settore, l’ha reso un locale di prestigio, tappa immancabile dei vip che visitano quest’isola: dai reali del Belgio a Carolina di Monaco, a Luca Cordero di Montezemolo, a Naomi Campbell e a tante altre personalità del mondo politico, culturale, sportivo e dello spettacolo.
Seguono i locali della “Maga Circe” dell’indimenticabile Salvatore Sandolo: da abitazione privata dei suoceri di Vincenzo Esposito, Vicienz’e Quagliarella, marito di Ilde Feola (il quale partecipò, giovanissimo, alle “quattro giornate di Napoli” quando i nazi-fascististi furono messi in fuga dalla città) a merceria e poi a Bar, il Bar 2000, fino alla gestione dei proprietari con il ben frequentato Bar Maga Circe, come oggi si presenta.

Una foto dal libro. Amedeo Guarino [3]

L’ultima parte è dedicata ad Amedeo Guarino, che fu tra i pionieri ed i promotori del turismo a Ponza.
Come nota Giuseppe De Luca in “Ponza Mia” – n. 11 Novembre 1960, pag. 9 -, il 25 giugno 1949 Amedeo Guarino, partecipando alla manovra di attracco di un  piccolo yacht, “cattura” un ottimo cliente per la sua trattoria L’Aragosta, appena avviata.
Si trattava di un avvocato romano, Enzo Storoni, il quale facilitò l’incontro tra l’allora sottosegretario alla Marina Mercantile, On. Salerno, e la commissione ponziana formata appunto da Amedeo, Michele Regine e il Commissario Prefettizio Cav. Cesare De Luca, i quali chiedevano che fosse ripristinato il collegamento Anzio – Ponza, già in vigore dal 1911 al 1915.
E il 1° luglio 1950 il piroscafo “Meta” della SPAN iniziò il collegamento, facendo affluire, in quei due mesi estivi, circa 9.000 visitatori.
Nel medesimo anno Mons. Luigi Maria Dies pubblicò “Ponza – perla di Roma”, la nostra prima guida turistica.

In quel ristorante, grazie all’intraprendenza di Amedeo, si gettarono praticamente le basi dell’era turistica isolana e quell’ex barbiere, con i suoi modi accattivanti e l’ottima cucina, ha sempre ospitato una clientela molto scelta: dall’attore Stefano Satta Flores al giornalista Jas Gawronski a Mimmo D’Ercole, Enzo Apicella e allo stesso Giuliano Massari, il quale già allora si era pienamente integrato nel tran tran della vita ponzese, allacciando numerose amicizie: dallo stesso Amedeo al genero Ciccillo D’Arco, a Ninotto Mazzella, a Luigi Conte (’u pitte). Quest’ultimo, sposando la Signora Filomena Di Monaco, da capitano di piccolo cabotaggio si improvvisò gestore del più antico bar di Ponza, già noto come “Caffè Tripoli”.

Il saggio termina con una lettera “accorata” del sindaco Balzano all’odontoiatra Fritz Schmuck, originario di Bressanone, il quale, dopo una frequenza assidua ultra-quarantennale, decise di non venire più a Ponza.
Non conosciamo i motivi. Fatto sta che anche altri, come l’attore Andrea Giordana, tanto per fare un esempio, ad un certo punto vendettero le case e decisero di trascorrere altrove le vacanze.
E così Ponza ha dovuto rinunciare a illustri personalità che indubbiamente ne accrescevano il prestigio.

Tutti dobbiamo chiederci il perché.
Gli appelli struggenti alla “resta cu’ mmé, nun me lassà!” o meglio, alla “torna a Surriento” lasciano il tempo che trovano.

Un'altra foto dal libro [4]