





|
|||
Dubbio giudiziodi Francesco De Luca (Franco) . Non so se è una condanna o altro il fatto che, col ritorno alla normalità della vita sociale, e dunque con alle spalle il periodo convenuto per le vacanze estive, Ponza si liberi del vestito cellofanato della “cartolina turistica” e riprenda il suo abito di isola, semplicemente. Isola vuol dire: L’isola ridiventa la casa dei ponzesi ed essi ritornano ad esserne i soli fruitori. Ponza, pur palesando le bellezze naturali di sempre, anche se il clima stagionale le rende più intimiste e vaporose, non è invasa da frotte ansanti di turisti in cerca di esaltanti esperienze corredate da immagini spettacolari. Ci sono soltanto i ponzesi a faticare per rendere la loro vita “normale”. I due termini in duello sono: faticare e normale. Duellano perché la normalità non dovrebbe “costare fatica”, e invece no: i professori mancano in modo consueto, i negozi aprono quando e come vogliono, la banca rateizza le presenze, il parroco si allontana a piacere, i medici specialistici vengono quando possono, le navi non ottemperano agli orari. Il che può anche presentarsi come motivo di fascinazione, di attrattiva ma per chi? Per chi si lascia andare al flusso degli eventi (per pochi giorni) e ne assapora l’estemporaneità? Ma per chi sulla regolarità dei fatti ha poggiato l’esistenza quotidiana (si pensi agli anziani o ai minori o a chi permane nella precarietà economica, affettiva, lavorativa), in tutti costoro l’“a-normalità” genera la “schizofrenia”, di cui ho detto qualche tempo fa. Li rende fragili (psichicamente), instabili, ne fa degli isolati nell’isola. Si ripropone la frattura fra la realtà umana e quella naturale. La prima è avvilita, rassegnata in una dimensione di “anormalità” patita; la seconda serena, sicura, bella. Non so se è una condanna, di sicuro è una pecca che la cultura non riesce a sanare! Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
|||
Ponza Racconta © 2021 - Tutti i diritti riservati - Realizzato da Antonio Capone |
Commenti recenti