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Storielle ponzesi in pillole. (45). Ninando: operazione gallina

di Michele Rispoli

Gallina gallina [1]

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Ninando, alias Biagio Catalano figlio di Catalano Addolorata (Addulurata), viveva a Ponza insieme alla madre, sempre malata, in via Nuova.

La casa consisteva in una grande stanza a volta a livello strada ed una camera buia ed umida, interna.La vita della famiglia Catalano si svolgeva interamente in questa unica grande stanza.
Con loro conviveva un signore di nome Biodo che faceva il sarto. Da qui anche la signora Addolorata e Ninando si arrangiavano a tagliare e a cucire stoffa.

Rimasto solo con la madre, Ninando si adoperava per poter produrre un minimo reddito. Vivevano con la sussistenza dell’ECA, credo che così si chiamasse, l’Ente che aiutava i poveri.

Ninando pur essendo un tipo fisicamente insignificante, tozzo, chiatto con la testa nel collo e con la voce nasale detta ‘a stagnariello’, era molto impegnato. In Politica: iscritto alla D.C.; in Chiesa, in quanto portatore dello stendardo dell’Addolorata; e nello Sport come tifoso della Juventus.

Alla madre malata non faceva mancare nulla. In particolare, alla madre piaceva bere all’uov’ frisc’, nel senso di ancora caldo, se era freddo non lo beveva; così, nella seconda camera, Ninando aveva tappezzato il pavimento di giornali vecchi rimediati in giro e lì teneva una gallina.
Al mattino si alzava e si metteva di guardia per vedere quando la gallina faceva l’uovo. Appena l’aveva fatto, caldo caldo lo portava alla madre.

Questo era Ninando.

Ciccill’ ’i Maistà raccontava che Ninando era ‘molto accorto’ nello  spendere; in altre parole: guardava la lira. Quando aveva bisogno di comprare per esempio le patate, impiegava la mattinata – dopo l’operazione gallina – a fare il giro; incominciava dalla Musella per finire a Santa Maria: passava in tutti i negozi a chiedere il prezzo delle patate.
Assicuratosi che il prezzo più basso era quello del commerciante Caio, si presentava là e chiedeva le patate. Dopo la pesatura, nel chiedere il costo, che già conosceva, diceva: – …E nun me fai scarzia’ niènte?

 

Per un altro ricordo di Ninando, sul sito, leggi qui [2]