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A Ponza, dopo la chiusura della colonia di confino, l’appendice del campo di concentramento (3)

di Francesco Ferraiuolo

Ricordo della prigione [1]

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Per l’articolo precedente, leggi qui [2]

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A Ponza, sebbene definito elemento “pericolosissimo” dalla polizia, Nenni fu autorizzato ad alloggiare, nelle ore diurne, nell’abitazione di Marta Fadda, in Via Umberto I e a consumare il pasto in una saletta isolata nella trattoria di Antonietta Conte (‘a zi’ Capozzi), in Via Principe di Napoli, entrando, però, dall’ingresso secondario di Via Comandante.

Ecco le altre impressioni e considerazioni che Nenni riportò nei suoi Diari su quei momenti: “Dalla finestra della mia stanza col cannocchiale vedo distintamente Mussolini: è alla finestra in maniche di camicia, e si passa nervosamente il fazzoletto sulla fronte. Scherzi del destino! Trent’anni fa eravamo in carcere insieme, legati da un’amicizia che pareva dover sfidare il tempo e le tempeste della vita basata com’era sul comune disprezzo della società borghese e della monarchia. Oggi eccoci entrambi confinati nella stessa isola: io per decisione sua, egli per decisione del re e delle camarille di corte, militari, e finanziarie che si sono servite di lui contro di noi e contro il popolo e che oggi di lui si disfano nella speranza di sopravvivere al crollo del fascismo”.

Dopo aver ricordato la diversità dei ruoli esercitati da Mussolini e dai socialisti, nei trenta anni dalla comune prigionia del 1911, sulle posizioni contrapposte rispettivamente del potere dittatoriale, da una parte, e dalla lotta e dal sacrificio, dall’altra, Nenni esprime il desiderio di riprendere l’ultima conversazione, interrotta venti anni prima a Cannes, in cui al “suo (di Mussolini) sogno orgoglioso e dissennato di una rivoluzione nazionale, fatta contro i socialisti e contro la classe operaia” egli rispondeva “tu puoi vincere, ma sarai sempre al servizio della reazione”

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Momenti dello spettacolo ‘Confinati a Ponza’ messo in scena a Ponza il 23 agosto 2013

“Ed ecco, stasera, il destino ci riunisce nella breve cerchia di un comune destino. Senonché Mussolini è un vinto, è l’eroe dannunziano che ruzzolato dal suo trono di cartapesta morde la polvere; e non sono attorno a lui che procaccianti ingrati che lo rinnegano per rivolgersi verso altre mangiatoie. Noi, i suoi avversari di venti anni, contro i quali ha avventato i suoi sarcasmi, siamo in piedi per altre lotte, altri cimenti, in piedi con la dignità della nostra vita, in piedi con la fierezza della parola mantenuta, italiani senza aureola di gloria o di successo, ma dei quali si dovrà pur dire che per essi la politica fu una cosa seria”.

 

La liberazione di Nenni avvenne il 5 agosto 1943, mentre Zaniboni preferì restare a Ponza, di cui, nello stesso anno, ne divenne, brevemente, il sindaco provvisorio, scelto emblematicamente dagli inglesi.
La presenza di Mussolini a Ponza fece scattare una serie di misure per la massima sicurezza e vigilanza.

Tali provvedimenti spaziarono dal divieto ai natanti di salpare o approdare senza la preventiva autorizzazione, all’interdizione, ai non addetti ai servizi portuali, dell’accesso alle banchine, al divieto alle imbarcazioni di attraversare lo specchio acqueo antistante la spiaggia di Santa Maria, alla proibizione ai bagnanti di accedere e sostare sulla predetta spiaggia.

Fu sottoposta a censura tutta la corrispondenza; furono chiusi gli esercizi pubblici alle ore 21 e vietate le pubbliche riunioni; fu applicato il coprifuoco dalle ore 21.30 alle ore 05; fu intensificata la sorveglianza sugli internati e sul carcere mandamentale e ridotta l’erogazione dell’energia elettrica dalle ore 12.30 alle ore 13.30 e dalle ore 20 alle ore 00.30; fu avviato il censimento degli apparecchi radioriceventi esistenti nell’isola; furono prese in consegna le sedi del fascio, della GIL, della Milizia e del Dopolavoro e concessi poteri esclusivi al commissario prefettizio D’Atri per garantire l’afflusso dei viveri e per la loro equa distribuzione.

Anche i militari di stanza nell’isola subirono delle restrizioni: ad essi venne sospesa la libera uscita e, inoltre, proibito intrattenersi con gli isolani a conversare sulla nuova situazione politica del Paese o sostare negli esercizi pubblici, salvo il tempo strettamente necessario per qualche consumazione. Infine, ad essi fu posto l’obbligo di andare sempre armati, anche fuori servizio, e di usare le armi in caso di oltraggio o attentato, qualora la prima intimazione rimanesse senza appello.

Scrive Folchi: “Con Mussolini chiuso nell’appartamento di S. Maria e guardato a vista, nove giorni dopo l’affondamento del postale “Santa Lucia”, Ponza era completamente isolata. Erano sospesi il servizio passeggeri e il servizio postale. Solo un mezzo della Regia Marina Militare era approdato nell’isola per portare la corrispondenza che giaceva a Gaeta”.
Ma tutto ciò durò appena 11 giorni: il pericolo avvertito dal Governo Badoglio sulla possibilità di evasione di Mussolini, aiutato dall’esterno da alcuni militanti fascisti, fece sì che la notte tra il 6 e il 7 agosto egli, senza alcun preavviso, venisse imbarcato sull’ex caccia francese FR-22 e destinato alla Maddalena.

L’8 agosto 1943, a Littoria che chiedeva se “persona indicata vostro telegramma 30 luglio scorso sia ancora costà” Ponza rispondeva brevemente: “Nota persona trasportata altrove”.

A seguito della decisione di sgombero del campo di concentramento di Ponza assunta ufficialmente dal ministero dell’Interno il 28 agosto 1943, dall’isola, con il piroscafo “Ingran”, l’8 settembre 1943, partiva il secondo e ultimo contingente di 293 internati per Gaeta.

Libertà dalla prigionia e dal confino [5]

Storicamente, si può dire che la fine della lunghissima vicenda di Ponza come isola-prigione, salvo il breve episodio del soggiorno obbligato dei capi del separatismo siciliano Andrea Finocchiaro Aprile, Antonio Varvaro e Amedeo Restucci, dall’ottobre del 1945 alla primavera del 1946, può essere fissata proprio nel giorno della dichiarazione dell’armistizio; e per essere stata, quella di Ponza, una millenaria storia di persecuzioni, di sofferenze, di stenti, di miseria, di oppressioni, di esilio e di carcere, essa non poteva avere migliore epilogo, dato l’alto e rilevante significato emblematico racchiuso in detto evento, anche in termini prospettici.

 

[A Ponza, dopo la chiusura della colonia di confino… (3) – Fine]