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Le isole del mito. (7). Ultima Thule e altri luoghi estremi (prima parte)

di Sandro Russo

Thule da Graks dei Thule.1997 [1]

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Per le puntate precedenti, digitare – Le isole del mito – nel riquadro CERCA NEL SITO, in Frontespizio

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Nel nostro viaggio tra le isole del mito, ‘fatalmente’ approdiamo a “Ultima Thule”, uno dei luoghi – tra realtà e fantasia – più antichi e longevi tra le storie di viaggi e le avventure fantastiche.
E per analogia, a tutte le terre ‘alla fine’ di qualcosa: del mondo, delle terre conosciute; al bordo dell’abisso, reale o metaforico che sia.

Spesso, su quelle estremità, c’è – o andiamo a cercare – un Faro…

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Thule è un’isola citata per la prima volta nei diari di viaggio dell’esploratore greco Pitea (Pytheas), salpato da Marsiglia verso il 330 a. C. per un’esplorazione dell’Atlantico del Nord.

Confronto delle mappe di Eratostene e Strabone con quella di Tolomeo [2]

Confronto delle mappe di Eratostene e Strabone (rispettivam. tra il 194 a.C e il 20 d.C ) con quella di Tolomeo (164 d.C.). Entrambe queste mappe sono successive ai viaggi di Pitea (cliccare per ingrandire) – Nella mappa di Eratostene (sopra) sono visibili Thule e Taprobane (leggi qui [3])

Questo Pitea fu un personaggio notevole.
Originario della colonia greca di Massalia (l’odierna Marsiglia), compì un viaggio di esplorazione dell’Europa nord occidentale intorno al 325 a.C.

Pitea è la prima persona che abbia descritto il sole di mezzanotte, l’aurora boreale e i ghiacci polari. Probabilmente fu anche il primo uomo del Mediterraneo a esplorare le isole Britanniche.

Egli registrò il nome delle isole in greco come Prettanike, che Diodoro in seguito definì Pretannia (Diodoro Siculo: Bibliotheca historica, 60 – 30 a.C.). Questo corrobora le teorie secondo le quali gli abitanti costieri della Cornovaglia possano essersi chiamati Pretani o Priteni, persone “Pitturate” o ‘Tatuate’, un termine che i Romani latinizzarono come Pitti (o Picti)

Ci sono prove che Pitea abbia usato la stella Polare per fissare la latitudine e che abbia compreso le relazioni tra le maree e le fasi della Luna. Fu infatti nella Spagna settentrionale che studiò le maree, e dove potrebbe aver scoperto che sono causate dalla Luna.

Scrisse che gli fu mostrato il luogo dove il Sole ‘andava a dormire’ e annotò che la notte a Thule durava solamente due o tre ore. Con un giorno ulteriore di navigazione a nord, egli sostenne di aver visto il mare congelato (‘il mare di gelatina’); a questo punto è possibile che abbia raggiunto la Groenlandia. Così ne scrisse Strabone (60 a.C. – 23 d.C.):

Pitea parla anche di acque intorno Thule e di quei posti dove la terra, propriamente parlando, non esiste più, e neppure il mare o l’aria, ma un miscuglio di questi elementi, come un ‘polmone marino’, nel quale si dice che la terra e l’acqua e tutte le cose sono in sospensione come se questo qualcosa fosse un collegamento tra tutti questi elementi, sul quale fosse precluso il cammino o la navigazione”. 

Nessuno degli scritti originali di Pitea è rimasto – la versione originale del testo del suo viaggio andò perduta durante l’incendio della Biblioteca di Alessandria d’Egitto nel 45 a.C. – ma estesi resoconti dei suoi viaggi sono contenuti nei testi di Diodoro Siculo e Strabone, appunto, e di Plinio il Vecchio.

Thule_carta_marina_Olaus_Magnus.1539 [4]

Thule raffigurata nella Carta marina di Olao Magno (del 1539). L’isola è chiamata “Tile”. Accanto all’isola sono raffigurati un “mostro visto nel 1537”, una balena, e un’orca


Nei suoi resoconti si parla di Thule come di una “terra di fuoco e ghiaccio” sulla quale il sole non tramonta mai, a circa sei giorni di navigazione dall’attuale Gran Bretagna.

Vari autori hanno identificato Thule con l’Islanda, le Isole Shetland, le Isole Fær Øer. Attualmente la teoria più accreditata è che Pitea abbia descritto come ‘Thule’ un tratto della costa norvegese (fonte Wikipedia).

Il fascino di una ‘terra estrema’ aveva affascinato già nell’antichità scrittori e geografi, come testimoniano un romanzo di Antonio Diogene Le incredibili meraviglie al di là di Tule (II secolo d. C.: in 24 libri, tutti perduti) e la Geografia di Claudio Tolomeo – Claudius Ptolomaeus 100- 175 d. C. – (Cfr. ancora nell’articolo su Taprobane).

Nel corso della tarda antichità e nel medioevo il ricordo della lontana isola tra i ghiacci ha generato un resistente mito: quello dell’ultima Thule, come fu per la prima volta definita dal poeta latino Virgilio (Georgiche, 1. 30): nel senso di estrema, cioè ultima terra conoscibile, e il cui significato nel corso dei secoli passò ad indicare tutte le terre “al di là del mondo conosciuto”; così indica l’origine etrusca della parola ‘tular’, confine.

Il mito di Thule, possiede molte analogie con altri miti – di mondi perduti rimasti “fuori dal tempo” che hanno mantenuto caratteristiche di purezza e superiorità proprio grazie al loro isolamento – uno per tutti lo Shangri-La himalaiano del romanzo Orizzonte perdutoLost Horizon, di James Hilton (del 1933).

Lost Horizon. James Hilton novel [5]

Lost horizon. Iconografia [6]

Copertina originale del libro e iconografia di Shangri-La 

Occasionalmente l‘idea è stata sfruttata da gruppi di nostalgici o anche di fanatici come quello tedesco della “Società Thule” (Thule Gesellschaft), fondata nel 1919, e che identificava in Thule l’origine della saggezza della razza ariana, popolata da giganti con i capelli biondi, gli occhi azzurri e la pelle chiara, che un tempo dominavano il mondo.
Idea foriera di gravi e nefaste applicazioni negli anni successivi…

Thule [7]

Thule. Rock Band. Bis [8]

Alcune copertine della rock band svedese dei Thule

Ultima Thule. Fs [9]

Una elaborazione grafica fantastica dell’idea di “Ultima Thule”

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[Le isole del mito. (7). Ultima Thule (1) – Continua]