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Le isole del mito. (6). Taprobane, ovvero Sri-Lanka (parte seconda)di Sandro Russo – Nell’antichità quindi, lo Sri Lanka fu conosciuto con diversi nomi. Ma i nomi del passato lasciano sempre qualche traccia nel presente e anche qui la vecchia denominazione Taprobane Island è stata mantenuta per una minuscola isola privata, poco più di una estroflessione di roccia nel bel mezzo della baia di Weligama (il punto segnato con (A) al sud dell’isola, nella Google Map qui sopra – cliccare sull’immagine per ingrandire). L’isolotto di Taprobane così com’è ora (di proprietà privata, trasformata in resort di lusso) fu costruito nel 1922 dal conte de Mauny-Talvande, un gentiluomo, arricchitosi con il commercio di legnami, dedito ai piaceri, discendente di uno dei generali di Napoleone, che edificò una residenza lussuosa al centro dello scoglio coperto di palme e di vegetazione rigogliosa. La mappa sopra riportata ci permette anche di apprezzare i diversi rapporti dell’isola (rispetto alle vecchie mappe): allungata, disposta ad asse maggiore nord-sud – ‘la lacrima dell’India’ è stata anche chiamata – con lingua, usi e costumi distinti dall’India continentale ma per molti versi in continuità con quelli del Kerala, all’estremo sud dell’India *** Lo Sri-Lanka attuale è definitamente uscito dal mito. Messa fine una guerra che l’ha insanguinato per anni, che contrapponeva la maggioranza sinhala alle ‘Tigri Tamil’ dell’estremo nord-est dell’isola (con capitale Jaffna) e ne tarpava le potenzialità turistiche; sopravvissuto al devastante tsunami del dicembre 2004, sembra ora avviato alla rincorsa del turismo internazionale. Attrattive ne ha molte: una natura rigogliosa, archeologia e maestose rovine di un passato glorioso, templi monumentali dedicati al culto buddhista prevalente; un clima tropicale e temperato insieme, con una zona di alta collina all’interno dell’isola ideale per la coltivazione del the; spiagge assolate e quasi deserte a perdita d’occhio. Non ultimo aspetto: una popolazione cordiale e gentile. La caverna dei mille Buddha – Dambulla rock cave temple, esterno ed interno di un antico santuario rupestre opera del lavoro instancabile dei monaci per secoli Le colline del thè, a Newara Eliya, con le raccoglitrici tamil al lavoro. La continua cimatura delle piante per la raccolta delle foglioline apicali le rende compatte come bonsai Spiagge a perdita d’occhio sulla costa sud occidentale (west coast) con (sotto) una tipica imbarcazione da pesca, in fibra di vetro, con stabilizzazione ‘a bilanciere’ Non poteva mancare il Faro. Qui a Dondra, all’estremo sud dell’isola (a pochi Km da Matara – vedi Google map). Davanti, più nessuna terra emersa, fino al polo sud Vederlo ora, anche con occhi moderni, lo Sri-Lanka, si può ben capire perché avesse attratto i viaggiatori dei secoli passati che ne avevano sempre riportato resoconti di meraviglie.
Sempre collegata al ‘mito’ dello Sri-Lanka come terra delle infinite possibilità, c’è da segnalare la fortuna, specie nei paesi di lingua inglese, del concetto di ‘serendipity’. Nella novella si narra di tre principi orientali in viaggio in questa terra sconosciuta ai più (Serendib, appunto), cui accadono avventure casuali dalle conseguenze inaspettate. Poco conosciuta in altre lingue, la parola e il concetto di serendipity hanno avuto larga fortuna nella lingua inglese. Essa viene applicata ad una varietà di situazioni; in particolare (in astronomia e astrofisica) ai corpi celesti identificati casualmente nel corso di altre ricerche. Il metodo deduttivo reso popolare dalla novella citata fu ripreso poi da Edgar Allan Poe, nel personaggio di monsieur Auguste Dupin Auguste Dupin ne “I delitti della via Morgue” (1845). .
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