Ambiente e Natura

Ponza, un Titanic che affonda?

di Vincenzo Pagano

Naufragio del Titanic. 1912
 

Per gli scritti di Economia di Enzo Pagano su questo sito, digitare il suo nome come ‘Pagano Vincenzo’ nell’indice per Autori

 

Sono appena arrivato a Ponza.
New York – Roma tutto OK. Roma – Ponza, un’odissea!
Treni bloccati, traghetti che non partono, file alla biglietteria. Benvenuti in Italia!
Dalle sette e mezzo del mattino di lunedì, arrivo a Ponza solo dopo le 13 di martedì.

Io sono ponzese, sono nato qui, e poi sono emigrato.
Amo la mia isola, nonostante le imperfezioni e i tanti problemi, e ogni anno la raggiungo per passarvi qualche settimana di riposo.
Penso molto a Ponza nei lunghi mesi invernali a New York dove vivo e insegno economia. E spesso mi ritrovo ad immaginare una ricetta per aiutarla a ritrovare se stessa e a conquistare un futuro di benessere e di serenità.

L’arrivo a Ponza è sconcertante. L’isola appare più pulita e più deserta. Da pochi giorni c’è stata la festa in onore del santo patrono San Silverio.
Ma dove sono i ponzesi, dove i turisti? La sera del mio arrivo passeggio per un Corso Pisacane silenzioso, un silenzio che fa paura.
I miei amici mi dicono che quest’anno la nave dall’Elba ha portato solo 42 passeggeri, rispetto ai soliti tre- o quattrocento.
Cosa succede? A Le Forna, un bar che era aperto estate e inverno 24 ore su 24, adesso chiude nelle ore notturne.
Leggo negli occhi dei miei compaesani una sfiducia che non avevo mai visto.

Quando sono ripartito per gli USA, lo scorso anno, l’isola si dibatteva con una ‘nuova Amministrazione’ dei soliti, annosi e irrisolti problemi: i collegamenti e la portualità.
Al mio ritorno quest’anno scopro con sconcerto che le due questioni centrali non solo non sono state risolte, ma si sono aggravate.
In aggiunta – vengo prontamente informato – l’inverno è stato durissimo: blocco edilizio, pesca in calo, economia in tilt.

Ponza appare al collasso e invece di intervenire sulle questioni vitali, come appunto i collegamenti, sembra che ci si impegni su cose di poco conto o comunque marginali: tinteggiature di strade, esposizione di fioriere, abbellimenti e orpelli, tutte cose belle, ma non necessarie per un ammalato grave che minaccia di soccombere.
Resto allibito non solo come ponzese, ma come economista, dell’assenza di scelte che avviino un recupero dell’economia, di iniziative che sostengano i giovani nelle loro imprese, a mare e a terra, ancora imbrigliate da leggi e limitazioni che di fatto ne imballano l’attività.

E’ vero io vivo ed opero in America, dove il pragmatismo è di casa e ogni iniziativa è più spedita e diretta. Ma a Ponza ho l’impressione di assistere ad una situazione kafkiana. Nessuno sa cosa fare, nessuno dà indicazioni, nessuno decide se non nelle piccole cose.
Spiagge che da anni attendono di essere riaperte, come Chiaia di Luna, attendono non si sa che cosa.
Calette e faraglioni, per sentito dire, sono impraticabili e i turisti come gli isolani non sanno cosa fare.
Gli stessi diportisti sono combattuti se tornare a Ponza o spostarsi su lidi più ospitali.
In tutto questo si svolgono delle attività ludiche-ricreative che non avranno purtroppo verosimilmente che pochi fruitori. Cose positive ma in un contesto diverso.

Soprattutto quello che mi ha veramente allarmato è il fatto che i turisti di buona volontà che intendono raggiungere la nostra isola devono affrontare costi di biglietti così onerosi da respingerli. Quanto viene a costare ad una famiglia media con bambini fare una ‘puntatina’ a Ponza in aliscafo? Io non conosco bene le leggi italiane, ma non esiste un calmiere su questo? O esiste solo sul pane?

E a parte i mesi estivi, per il resto dell’anno anche i ponzesi sono cittadini italiani e quindi titolari di diritti: diritto alla salute, ad essere collegati con il resto d’Italia, a svolgere un lavoro, ad essere tutelati.

In economia la cosa più pericolosa è l’incertezza e la non decisione, e mi sembra che Ponza sulle cose vitali non stia decidendo.

Vorrò proporre in futuro, anche come  esperto di economia, dei suggerimenti utili ad aiutare Ponza e i miei compaesani ad uscire da questo tunnel.
Le settimane di ferie le voglio utilizzare anche in questo senso, per un debito di affetto e di gratitudine verso la terra che mi ha visto nascere.

Amo Ponza e sono terrorizzato dal fatto che come accadde con il Titanic, mentre la nave si era scontrata con l’iceberg e stava affondando, il comandante e gli ufficiali potevano essere anche molto preoccupati in cuor loro, ma dedicavano particolare attenzione a che le danze continuassero.

1 Comment

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  1. polina ambrosino

    30 Giugno 2013 at 14:23

    La situazione di Ponza è davvero difficile, ma non da un anno, nè da due. Si è lentamente scivolati verso “gli iceberg” consapevolmente, direi, ma, come per il Titanic, quando gli iceberg si potevano evitare e prendere rotte diverse, nessuno, caro Signor Pagano, nemmeno le menti illustri che, comunque, se ne rendevano conto, hanno davvero fatto la differenza, perchè il turbinio del turismo con la sua confusione, con le ‘palanche’, con il mordi e fuggi, ha foderato gli occhi di prosciutto e tolto alle menti il loro costrutto. Mi dispiace dirlo, ma noi ponzesi il declino lo stiamo vivendo dalla fine degli anni ’80. Io ho lavorato negli anni ’95-’96-’97 alla pro-loco e già da allora ricordo mesi di luglio affollati nel fine -settimana, aliscafi da Anzio e da Fiumicino che costavano 50.000 lire a persona, che all’epoca era molto più della giornata lavorativa di un dipendente. Ricordo come fosse ora le lamentele lunghissime al telefono degli affittacamere che restavano vuoti mesi interi… Ricordo flotte di barche ondeggiare pigramente sull’acqua dal lunedi al sabato… Ricordo ristoranti con tavoli intonsi… Ci sono state le eccezioni che confermavano la regola, come l’anno caldissimo del 2003, con un euro appena entrato in vigore che con i suoi numeri senza zeri ha furbamente ingannato tutti, che pensavano di risparmiare e si diedero alla pazza gioia per l’ultima vera estate vissuta. Insomma… Peccato non avere registrazioni che dimostrino ciò che dico. Ha ragione, l’isola quest’anno è più vuota. E certo!! I costi dei trasporti sono altissimi e anche per me, che lavoro in Liguria, venire a Ponza è più difficile che fare il viaggio intero fino a Formia, ma è anche vero che la crisi tiene a casa tutta una ex classe media che, come me, con lo stipendio che ho, riesco a stento a sopravvivere. E’ vero che fa specie vedere tutto ciò a Ponza, visto che poi in un’isola tutto risalta agli occhi molto più che in un paese del continente, ma se davvero si voleva arginare un fenomeno, che, a livello economico, è planetario, bisognava DA ANNI E NON DA OGGI, puntare su altre cose, cose di cui ho parlato non solo io, ma in tanti, già molte volte, ma che richiedono volontà e preparazione che non si possono improvvisare come si può improvvisare il diventare un noleggiatore di ombrelloni o barche. E’ la cultura che poteva salvare Ponza, ma nessuno se ne è preoccupato, e oggi che le tasche per il turismo modaiolo e sfrenato si sono svuotate, cosa ci rimane?! Gli occhi per piangere! Le attività su cui in tanti stanno puntando il dito definendole fumo negli occhi, di certo non saranno medicinali salva-vita, ma non mi pare nemmeno corretto sputarci sopra come stanno facendo in tanti. Mi domando se, in una situazione simile, non si riuscissero a fare nemmeno cose del genere, cosa non si direbbe!? Ovvio che ci sono delle priorità, ma le une non escludono le altre, sono binari paralleli, secondo me. Infine, mi auguro io per prima di poter tornare a casa senza dover pernottare a Formia perchè la nave non parte o non c’è proprio, mi auguro io per prima che questi maledetti paletti del PAI vengano rivisti perchè so che altrove non vengono applicati (in Liguria, appunto, dove ci sono le Cinque Terre che presentano rischi idrogeologici peggiori dei nostri queste regole rigide non le hanno, e anche lì ci sono stati dei morti). Quindi da ponzese in attesa di essere trasferita a Ponza, vorrei che la vita fosse di migliore qualità, ma la differenza dobbiamo farla noi ponzesi, imparando a guardare in faccia i problemi quando nascono, non quando sono malattie inguaribili.

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