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San Silverio, festa popolare

di Francesco De Luca (Franco)

Addobbi di mirto. Particolare [1]

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La ricorrenza del 20 giugno può essere letta e goduta secondo vari punti di vista: quello liturgico, quello religioso, quello sentimentale, quello popolare. È questo che paleserò in questo scritto.

Con un gruppo di amici siamo andati a fare la mortella perché, come recita un adagio ponzese: “…’nce sta festa senza murtella”.

La mortella è il “mirto comune”; cresce spontaneo a siepe nei terreni non coltivati. In questo tempo è in fiore, da cui provengono le bacche nere in autunno e da esse, macerate nell’alcol e filtrate, proviene un liquore gradevole.

Myrtus communis [2]

Una zona di Ponza non coltivata per lo più e perciò ricca di  mortella è il cavone del lauro.

Dove si trova? È quell’incavo posto fra monte Pagliaro (a sinistra) e la collina di Giancos (a destra), che da Santa Maria si incunea all’interno, risalente in zona  “linguana “.

Dal  cavone del lauro non si vede il mare; si è circondati da terreni incolti per lo più; alcune catene invece spiccano per l’ordine: i filari di vite evidenziano il recente verderame sulle foglie, e il terreno è giallo perché privo di erbacce.

Armati di forbici da pota si è sotto la guida di Giovanni Pacifico (’i pataccone). C’è il fratello Salvatore (ex postino), un emigrato in Canada (mormone) che mi dice essere parente di Silverio (del bar Panoramica), c’è Paolo (figlio ’i Mercurio), un ragazzo chiamato Salvatore “barone”, il figlio di Ennio, mio figlio Cesare, e una voce argentina palesa la presenza di Lina Raso.

Si unisce il figlio di Antonio Tescione che ha casa da quelle parti e rabbonisce i cani in rumore.

La mortella profuma l’aria, profuma le mani, profuma le strade che il camioncino d’u Tarantino  percorre, per portarla sul sagrato della chiesa. Qui già Luigi e Alfonsino e Cristoforo hanno steso la corda attornoalla quale i ramoscelli verranno legati per farne un lungo festone che dovrà abbellire il Corso Pisacane.

Favoriscono l’abbellimento le bandierine di carte e ancor più le bandiere che, dall’alto della chiesa, scenderanno sull’edificio del Comune e sul Molo Musco, circondando in un abbraccio ideale il centro storico.

La cordialità manifestata in queste attività manda indietro il lavoro che pure è insito in esse. Perché c’è da tagliare, da insaccare, da trasportare i sacchi sulla strada dove arriva il furgone. La scarpata è impervia per me ma non per Paolo che si sobbarca un carico pesantissimo.
Nessuna difficoltà per ’u barone nel salire sui cornicioni dove stendere le bandiere, o per Alfonsino Iodice nel legare i festoni al filo di ferro. E Luigi fa la battuta, e Giovanni simula un broncio e Salvatore incassa, e a me mi tengono come il nonno della situazione.

Insomma un pugno di simpaticoni che giocano ad impegnarsi (o si impegnano a giocare), per rendere la ricorrenza del 20 giugno una festa popolare.

Diversa da quanto avviene in altre sagrestie dove ci si logora in dissapori, in presunzioni di autorità. Dove si vende la devozione al santo per un utile.

S. Silverio 2012. Ghirlande di 'mortella' [3]