Pirrone Tano

La Notte dei Roghi (Büchervernrennungen – Berlino, 10 maggio 1933)

Rogo libri. 10.05.1933

di Tano Pirrone

“Quando i libri vengono bruciati, alla fine verranno bruciate anche le persone”
[Heinrich Heine (1797-1856)] 

 

L’altro ieri, 10 maggio, è ricorso l’ottantesimo anniversario di un evento terribile: il rogo dei libri organizzato dall’Associazione studentesca della Germania nella piazza dell’Opera di Berlino.

Il nazismo stava ormai consolidandosi e da lì a due mesi, il 14 luglio, una legge avrebbe sancito l’esistenza del partito unico. Da quella data fu vietato anche lo sciopero e le associazioni sindacali, padronali e professionali furono fatte confluire nella NSDAP [1]

Il rogo, che non fu il solo attizzato in Germania per farvi incenerire i libri “contrari allo spirito tedesco”, ma il più grande, si collocò, nel tempo, proprio in mezzo all’emanazione di questa legge e quella precedente del 24 marzo, che attribuiva al governo il potere legislativo, svincolandolo dal controllo del parlamento e dall’osservanza della costituzione; moriva Weimar e trascinava con sé i sindacati, il partito socialdemocratico – soppresso – e tutti gli altri partiti implosi a causa della crisi e della loro incapacità di farvi fronte con gli strumenti della legalità e della politica.

Finiva nelle fiamme la grande crisi del 1929: le fiamme dei roghi di libri, le ceneri dei forni crematori, le vampate di Nagasaki e Hiroshima.

Nel mezzo di quelle due date, il 24 marzo ed il 14 luglio, e nel mezzo della bellissima piazza dell’Opera (ora Bebelplatz) furono bruciati più di 25 mila volumi “non tedeschi”, dando di fatto il via alla censura di stato. Lo stesso giorno, nella stessa piazza, Goebbels tenne un enfatico e trionfalistico discorso in cui sanciva la fine dell’“intellettualismo ebraico”. Altri roghi ci furono in Germania, rinviati per la pioggia o per esigenze “organizzative”, ed altri autori vi furono arsi: Bertold Brecht, August Bebel, Karl Marx, Ernest Hemingway, Jack London, Helen Werfel, Max Broad e Stefan Zweig [2].

Con questi atti il nazismo colpì il cuore stesso della resistenza alla tirannide ed alla stupidità del potere, i libri, raffigurazione non solo simbolica, ma fisica, tangibile, della cultura e della sua benefica trasmissibilità.
L’arroganza del potere, la corruzione dello spirito e della vita stessa dei cittadini nella loro trasformazioni in sudditi o in meri consumatori, ha pochi ostacoli, potenti e difficilmente controllabili: la cultura, la conoscenza e l’uso critico della coscienza.

Sulle montagne di libri noi saliamo, tenendoci l’un l’altro, per alzarci di una spanna, di quel tanto che ci permetta di vedere più in là, quel tanto che basta per intuire il nostro destino di uomini liberi e gli strumenti che ci sono indispensabili.

 

Dopo aver preparato questa memoria e prima di inviarla per la pubblicazione, sono uscito, questa mattina, e sono andato in libreria a comprare almeno un libro di almeno uno degli autori della lista. Ho preso un libro che ho già, ma in un’edizione del 1928: Martin Eden di Jack London [Modernissima – Milano, Opere complete di Jack London, a cura di Gian Dàuli, L. 10 in Milano, L. 11 fuori Milano].
Voglio rileggerlo, ma usando la copia stampata ora, 85 anni dopo la rara edizione e 80 dopo i roghi. Sarebbe bello se ognuno di noi comprasse un libro dall’immenso elenco di quelli scritti dagli scrittori “cancellati” dal nazismo, lo datasse 10 maggio 2013 e lo conservasse, dopo averlo ben letto, fra i suoi più cari.

Buona lettura.

Bebelplatz-bezienswaardigheden

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[1]    Nationalsozialistiche Deutsche Arbeiterspartei, Partito Nazionalsocialista Tedesco

[2]    Lista degli autori di cui furono bruciati i libri: Albert Einstein, Alexander Lernet-Holenia, Alfred Döblin, Alfred Kerr, Alfred Polgar, André Gide, Anna Seghers, Arnold Zweig, Arthur Schnitzler, Bertha von Suttner, Bertolt Brecht, Carl Sternheim, Carl von Ossietzky, Charles Darwin, Egon Erwin Kisch, Émile Zola, Erich Kästner, Erich Maria Remarque, Ernst Gloser, Ernest Hemingway, Ernst Bloch, Ernst Erich Noth, Ernst Glaser, Ernst Toller, Erwin Piscator, Eugen Relgis, Felix Salten, Franz Kafka, Franz Werfel, Friedrich Engels, Friedrich Wilhelm Foerster, Hinrich Mann, Georg Kaiser, Georg Lukács, George Grosz, Grete Weiskopf, H. G. Wells, Heinrich Eduard Jacob, Heinrich Heine, Heinrich Mann, Helen Keller, Henri Barbusse, Hermann Hesse, Ilja Ehrenburg, Isaak Babel, Iwan Goll, Jack London, Jakob Wassermann, James Joyce, Jaroslav Hašek, Joachim Ringelnatz, John Dos Passos, Joseph Roth, Karl Kraus, Karl Liebknecht, Karl Marx, Klaus Mann, Kurt Tucholsky, Leon Trotsky, Leonhard Frank, Lion Feuchtwanger, Ludwig Marcuse, Ludwig Renn, Ludwig von Mises, Maksim Gor’kij, Marcel Proust, Marieluise Fleißer, Max Brod, Nelly Sachs, Ödön von Horvath, Otto Dix, Robert Musil, Romain Rolland, Rosa Luxemburg, Sigmund Freud, Stefan Zweig, Theodor Lessing, Thomas Mann, Upton Sinclair, Vladimir Lenin, Vladimir Majakovskij, Walter Benjamin, Werner Hegemann.

 

In condivisione con: sinistra senile

 

Piazza dell'Opera, Berlino

 

N.B. – Cliccare sulle foto per ingrandirle

2 Comments

2 Comments

  1. Placido

    15 Maggio 2013 at 11:05

    Mi sbaglio o non sono presenti nell’elenco autori italiani? Erano forse considerati “germanici”?

  2. Tano Pirrone

    15 Maggio 2013 at 23:10

    Ritengo che la spiegazione dell’assenza di autori italiani fra quelli della lista vada trovata nel fatto che la lista comprende autori di libri che avevano una grande diffusione in Germania. In effetti nel 1933 nessun autore italiano di orientamento democratico, antifascista, socialista o comunista poteva vantare in Germania una fortuna paragonabile a quella degli scrittori presenti in quell’indice. Per fare solo due esempi, le opere di Mazzini erano poco diffuse all’estero e quelle di un filosofo come Antonio Labriola erano conosciute solo da una ristretta cerchia di studiosi. In Italia, inoltre, la censura operava in modo infallibile dal novembre 1926 e gli scrittori politici fuorusciti non rappresentavano in Germania un grave pericolo.
    Come vede, caro Placido, non c’è da essere contenti di quest’esclusione.

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