Ambrosino Vincenzo

Intervista al Grande Vecchio. “L’orizzonte” (2)

a cura di Vincenzo Ambrosino

Per la puntata precedente, leggi qui

 

Alle Forna che succedeva?

Ponza era disabitata nella parte nord-orientale e questa nel 1771 fu occupata da varie famiglie provenienti da Torre del Greco, che era stata colpita da un grave terremoto. Anche a Le Forna venne costruito a spese delle case del re una chiesa e per rendere possibile l’accesso alla nascente borgata fu scavata nel tufo di Cala Inferno una ripida scalinata.

Quindi, Ponza era in pieno fermento… si costruiva l’attuale porto, con i magazzini, il Corso, l’attuale Comune, sede della guarnigione dei soldati e delle famiglie.

La vita che inizialmente si era sviluppata spontaneamente, si faceva civile. La divisione dei terreni che era stata in un primo momento basata sull’arrivo e sulla forza lavoro familiare ora doveva essere razionalizzata. Infatti con il dispaccio del 21 luglio 1777: “si dovevano rispettare le tracciate vie vicinali e di confini fra le contigue proprietà assegnate, colla penale di perdere le migliorie del fondo; ogni usurpazione e frode faceva espellere dall’isola il colono…”.

Il re pensò a tutto, anche a mettere a disposizioni avvocati per dirimere, diciamo, contenziosi tra coloni; in definitiva, se ho ben capito, si volevano le isole colonizzate, si voleva aiutare i coloni, ma questi non dovevano assolutamente permettersi di dare fastidio, perché erano stati “unti” dal sovrano?

Non facciamo dell’ironia, perché, ricordatelo sempre: “nessuno fa niente senza chiedere niente in cambio”; i Borbone non ‘amavano’ i Mazzella, i Vitiello, ecc… amavano i propri interessi. Questi interessi trovarono sulla loro strada questi coloni ai quali la corona chiedeva assoluta fedeltà. Ricordati inoltre, che il re aveva potere di vita o di morte sul suo suddito cosa forse inconcepibile, per un giovane come te che è abituato a discutere su tutto. Se non comprendiamo questo concetto della sudditanza significa che crediamo nelle favole e stai pur sicuro che la realtà nella nostra isola non è mai stata una favola. La società che si instaurò fu inizialmente legata alla terra e da questo attaccamento morboso alla proprietà, nasce la cultura della società individualista, divisa in gruppi familiari, i cui interessi erano improntati alla conservazione e sopravvivenza della propria famiglia. Rispettare la proprietà, i ruoli gerarchici all’interno della famiglia e della società, in definitiva il volere del re.

Le giornate a Ponza passavano tutte uguali immagino; nel mondo però avvenivano strani cose che da questo lembo di terra erano incomprensibili!?

Infatti in Europa imperversava Napoleone. Ferdinando fu costretto dalla moglie, sorella della ghigliottinata Maria Antonietta a partecipare alla lega contro Napoleone, insieme a Austria, Russia, Inghilterra e Turchia. L’esercito napoletano, nel gennaio del 1799, fu battuto dai francesi i quali entrarono a Napoli e fondarono la Repubblica Partenopea.
I Francesi  non poterono presidiare la città a lungo, perché la coalizione attaccava la Francia e Napoleone aveva bisogno di uomini. La Repubblica fu affidata nelle mani di patrioti insigni ma con poca pratica di governo.

Anche a Ponza fu innalzato l’albero della libertà; era di solito un pioppo che i repubblicani piantavano nelle pubbliche piazze a simboleggiare l’abolizione della tirannia.

E incredibilmente, come Repubblicano a Ponza, si distinse Luigi Verneau!

Perché incredibile?

Perché Luigi era militare borbonico, figlio di Francesco tenente borbonico, che dopo aver servito il re, voleva onorare la Repubblica. Grave errore! Infatti quando il cardinale Ruffo abbatté la Repubblica, nella pubblica piazza al posto dell’albero della libertà fu innalzato il patibolo e ad essere impiccato fu proprio Verneau.

I Ponzesi in piazza avranno detto: “Libertè, Egalitè, Fraternité,  i chiacchiere stanno a zero, i maccarune ienchen ’a panza?”

È chiaro che questi cambi di potere creavano apprensione; tensione sia tra i soldati borbonici, che tra i prigionieri e la popolazione residente e questi stati d’animo si successero con il ritorno dei francesi nel 1806 quando a Napoli salì sul trono Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone. Ferdinando intanto fuggiva a Palermo. Prima di fuggire il grande re Ferdinando pensò di rafforzare il presidio a Ponza con un numeroso contingente di soldati e di 150 banditi di Fra’ Diavolo.

Quale poteva essere lo stato d’animo dei nostri coloni,  dei capi famiglia con le loro donne circondate da galantuomini, militari e banditi?

Ci risiamo… queste  ironiche allusioni, che io colgo nelle tue domande lasciale fare a chi ha tempo da perdere nel non voler capire che i “fatti” vanno analizzati nel contesto storico in cui avvengono. I contadini erano braccia da lavoro, abituati a sporcarsi le mani e togliersi il cappello: vivere tra militari, banditi o camorristi era poco significativo per quel tempo, fondamentale era “campare la giornata e vendere cara la pelle”. Questi “galantuomini” come tu li hai definiti, comunque, lasciarono l’isola nel 1809.  A Napoli intanto, il potere passava al generale Murat, cognato di Napoleone. I Ponzesi, malgrado non conoscessero il “francese” si rivolsero a questi per essere protetti dall’eventuali scorrerie barbaresche. Infatti i francesi approdarono a Ponza con due fregate, otto cannoniere, lasciandovi però, una modesta guarnigione.

Passano gli anni, a Ponza si lavora sempre la terra e si impara un po’ di francese perché a governare l’Europa c’è il grande Napoleone. Ma nel 1812 la Francia con tutto quel che resta di Napoleone decade.

Infatti anche a Ponza c’è un cambio di scena. Il 26 febbraio 1813 gli Inglesi con due navi “Furiosa e Tamigi”, si presentano nella baia del porto di Ponza e aprono il fuoco. Da terra i francesi rispondono, ma dopo un breve scambio di colpi gli inglesi occupano l’isola.

Gli inglesi rimasero sull’isola per circa due anni, vi costruirono un vasto campo trincerato, munito di due cannoni, detto ancora oggi “Campo Inglese”.

Non solo, rafforzarono sull’isola le fortificazioni esistenti e costruirono sullo scoglio della Ravia una piccola fortificazione chiamata “Forte Bentick”. Lord Bentick tra l’altro, va ricordato perché si interessò di far liberare dalla schiavitù in Algeri otto ponzesi, catturati nelle acque di Palmarola dai pirati.

Sempre militari, sempre pirati, sempre uomini tra i piedi, sempre fatica. Le condizioni economiche di Ponza si resero in questi anni di continuo cambio di potere, sempre più precarie?

Questo è  evidente… Nel 1815 la Restaurazione portò al trono di nuovo Ferdinando IV che cambiò il nome in Ferdinando I re del Regno delle due Sicilie. Questo Borbone amava la caccia e stare in pace al contrario della moglie, l’austriaca Maria Carolina che vedeva nemici dappertutto. Istigata da questa cominciò a diventare sospettoso e dispotico. Le carceri cominciarono a riempirsi e nel 1817 fece riaprire il bagno penale di Ponza e lo riempì con 800 forzati. Nel 1824 lo abolì perché non sicuro come quello di S. Stefano. Il 22 Agosto 1820 fu istituito il domicilio coatto al quale vennero assegnati i sospettati di appartenere alla carboneria, ma anche condannati comuni.

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