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Restare o partire? Questo è il problema

di Domenico Musco

 

Scrivo queste considerazioni per partecipare al dibattito in corso sulle pagine di Ponza racconta: lo stallo in cui  versa la nostra isola, le discussioni su chi resta e chi parte a fine stagione; debbo confessare che in genere il mio interesse va alle storie ponzesi che il sito raccoglie, archivio utile per le future generazioni e che corre altrimenti il pericolo di
andare perduto.
Con il sito si sta recuperando tanto materiale e personalmente mi sono arricchito nel leggere tante notizie che non conoscevo.

Senza nessuno spirito polemico, piuttosto per contribuire alla discussione propongo alcune considerazioni.

Personalmente penso che vivere sull’isola oggi sia veramente molto difficile rispetto al passato.
Una volta i disagi erano compensati da una comunità che ti accoglieva e ti aiutava: penso ad esempio alle foto presenti sul sito sugli stenditoi fatti con le ‘canne feola’, con le reti dei pescatori stese ad asciugare (non erano di nylon!) e i pescatori intenti a rammendare le reti  con qualche cane e un somarello sullo sfondo.

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In realtà, nella miseria di allora, se un pescatore rompeva la trama delle sue reti e non poteva più pescare riceveva un valido aiuto da tutti gli altri pescatori.
Loro stessi non avevano nulla da dare a quel poveraccio se non il loro aiuto, per evitare che la sua famiglia cadesse in miseria.
Nessuno andava a pescare e rimanevano a terra i giorni necessari a riparare le reti.
In questo modo il compagno sfortunato poteva tornare a lavorare nel più breve tempo possibile e rimettere in moto l’economia familiare.

Un esempio a livello personale: sono mancato per una quarantina di giorni da Ponza e a casa ho trovato la porta che non si apriva – si è ingrossato il legno – la serratura è arrugginita, la calce che è caduta dal soffitto e sembra neve, i rubinetti del bagno pieni di calcare, lo sciacquone bloccato, la tv avrà preso uno sbalzo di corrente o un fulmine, l’autoclave inerte, vestiti e lenzuola umidi, le scarpe che sanno di muffa.

Rimetti tutto al sole – quando c’è – come ogni anno – e si ricomincia…
Mi domando: solo a me succede? Nelle case che vanno in letargo per otto-nove mesi, che succede? In città non mi è mai successo!

Per i trasporti non ci capisco più nulla, non c’è certezza di un orario per più di tre mesi, si cambia sempre…

Ricordo quando ad una BIT (Borsa Italiana Turismo) di Milano incontrai una tour operator americana, era ansiosa di vedere Ponza e poterci lavorare per poi scoprire, con molta amarezza: – Ma come si fa ad arrivare a Ponza? Come si può lavorare? Un’ isola bella e impossibile !

Spesso si rimane a terra per mancanza di posto auto!
Insicurezza, sempre insicurezza !

Anche su questo sito ultimamente si parla di chi trascorre l’inverno a Ponza e chi invece sverna fuori. Si fa spesso riferimento ai forestieri /commercianti che “prendono i soldi e scappano”.

Credo che questo argomento vada approfondito e che non basti fermarsi a frasi da bar.

Il forestiero e il forestiero/commerciante non sono e non sono mai stati un danno per Ponza ma sempre un valore aggiunto.
È  sufficiente vedere la nostra storia, di come eravamo noi quando a Ponza c’erano solo contadini e pescatori.
Il passaggio al turismo è avvenuto grazie ai forestieri che hanno iniziato a fare turismo e ci hanno insegnato il “mestiere”.
Degli esempi: la Torre dei Borboni con la scuola internazionale. L’Hotel Chiaia di Luna, ristoranti come l’Ippocampo, gestito da Marcel divenuto un mito con la sua cucina;  il Mariroc, la prima discoteca, boutiques come Bric à brac, La Peonia, tutte attività che sono state pioniere del turismo.

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Il ristorante Ippocampo in piazza. Foto dall’archivio Giovanni Pacifico

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L’Hotel Chiaia di Luna. Foto dall’archivio Giovanni Pacifico

Altro punto che mi preme sottolineare riguarda il turismo nautico: ci siamo forse dimenticati che la base nautica – mi sembra che si chiamasse Motonautica – stava giù alle banchine circa 55 anni fa ed erano forestieri?
Da loro è nata l’idea e noi tutti operatori della nautica siamo figli loro…

Mi chiedo e chiedo a chi legge: la ristorazione, l’abbigliamento, i locali notturni ed i bed and breakfast sono ancora un valore aggiunto?
Senza nulla togliere ai ponzesi che offrono servizi turistici di alta qualità è bene convincersi che con l’arrivo di nuove teste si è avuta una crescita superiore.
Anche nel campo dell’istruzione l’arrivo di maestri e insegnanti dal continente ha portato arricchimento e colore alla scuola. Aggiungo anche che se i forestieri si sposano con i ponzesi si arricchisce pure il DNA collettivo.

Perfino nel campo dell’edilizia  si è cresciuti grazie alle idee e tecniche importate nel campo delle costruzioni edilizie. È stato un dono la venuta a Ponza di muratori, carpentieri,
idraulici, mattonatori, geometri; gli stessi che poi si sono sposati e i loro figli sono ponzesi. Il nome di Albanino vale per tutti.

Quando si dice che i forestieri si sono comprate le case a Ponza si avverte spesso una sorta di sottile e acre dispiacere.
– Ma scusate… noi quando abbiamo comprato a Formia, Terracina, Roma, Napoli, qualcuno ha avuto da ridire? E quando con i nostri gozzi abbiamo “conquistato” tutto il Mediterraneo, dalla Liguria alla Francia, dalla Dalmazia alla Sardegna, qualcuno ha forse detto qualcosa?

Perché se un forestiero compra casa a Ponza gli si dà addosso? Certo ci sono delle differenze e dei distinguo tra chi compra la casa a Ponza e si fa “aiutare” per le pratiche burocratiche e una volta terminata la vende ricavandone un guadagno perché la legge lo consente!
Penso a quelle persone forestiere che spesso vengono additate come cattivo esempio a Ponza: personaggi del mondo della moda, della politica, dello spettacolo che hanno comprato casa a Ponza: per citarne qualcuno tra i più conosciuti Bruno Vespa, le sorelle Fendi e tanti altri meno noti, che si nascondono sotto il velo dell’ anonimato per godere dell’isola senza clamori.
A queste persone bisogna dire grazie perché non solo amano Ponza ma cercano sempre di aiutare i ponzesi nei loro difficili rapporti con la terraferma.

Se penso all’attuale montagna di problemi che vive l’isola, voci come acqua, sanità, immondizia, trasporti, il PAI, l’insicurezza generale…

Ma è meglio mi fermi qui, per non riempire questa pagina di sole rimostranze.

Smettiamo di sparare a raffica su tutti e tutto perché in questo modo si perde il filo conduttore di questa matassa ingarbugliata e si scopre che il peggio non è mai morto. Sulla nave delle 5.30 (medioevo puro) persone che vanno a Formia a consegnare un foglio in qualche ufficio, fanno ritorno a casa la sera stessa: una giornata usata per un semplice foglio da
consegnare!
Quando ci si reca in questi uffici o nei negozi dove si va a comprare qualcosa ci si sente dire: “Beati voi che state a Ponza e state così bene!”
Non sanno cosa significhi vivere nell’incertezza, non conoscono la parola “è funùte” , è finito: il pane, la benzina, la carne, le mele, il gas e forse anche il sorriso.
È difficile vivere sull’isola e adesso è ancora più difficile: quando incontro il maestro Scotti a passeggio mi dice sempre: ’Uaglio’ a Ponza ce stanne sule sagliute… Ragazzo a Ponza ci sono solo salite – per indicare la difficoltà della vita sull’isola.
Il dott. Sandolo (medico condotto e sindaco per 25 anni) con la moglie maestra Peppina (casa e scuola) hanno sempre detto ai loro figli: – Andate via da Ponza, questo è un paese che non ha futuro.

Come per il film premio Oscar “Nuovo cinema Paradiso” di Tornatore, dove il bambino protagonista ha trovato fortuna altrove.

Bisogna accendere la luce della speranza su progetti seri perché credo che i tramonti le albe e i silenzi non bastino più; investire sulla cultura generale e non solo scolastica; fare squadra e cominciare a vedere il lato migliore di ogni persona; valorizzarla e non vedere solo i difetti, che è la cosa più facile…

Ma sono solo considerazioni di chi non vuole arrendersi, e non sa se restare o partire.