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Passione e politica

[1]

di Francesco De Luca (Franco)

 

Mi scuso subito se il discorso che vado a presentare scende dalle alte  sfere della riflessione dottrinale e si va a mischiare con la realtà della nostra isola.

Ringrazio Sandro Russo per l’impulso che sa dare alle problematiche del Sito (leggi qui [2]), e che ha rinnovato con la domanda: La passione e la poesia si possono applicare alla politica?

Certo che sì, anche se nella realtà ponzese è difficile insinuare germi di passione.
Lo suggeriscono i dati delle ultime elezioni.
I Ponzesi esprimono un elettorato di “imprenditori” che vede nella sicurezza della propria attività economica l’unico obiettivo da ambire attraverso la scelta politica. Il nucleo intorno a cui deve girare la vita privata e pubblica è la salvaguardia dell’interesse economico.

Va da sé che c’è poco margine per la passione, ancor meno per la poesia.
Perché?
Perché manca il fattore innovativo, quello partecipativo, quello morale. Domina soltanto quello conservativo e, se è possibile, quello amplificativo dell’esistente.

C’è tutta una corrente di pensiero economico (che non è il  “liberismo “ – si badi bene) a supportare questa tesi per cui la mia non è una dichiarazione di disapprovazione. Assolutamente.
Se l’isola si è dimensionata come un’impresa allargata è conseguente che i Ponzesi vogliono essere imprenditori. La mano d’opera, la manovalanza, lo “stato” di operaio è stato rifiutato, disprezzato (come categoria sociale e come funzione) a vantaggio esclusivo dell’impresario.
Tutti imprenditori (tanto la manodopera viene da oltre frontiera!).

Questo è in sintonia con la mentalità secondo la quale le disposizioni normative, le autorizzazioni, i vincoli ecologici, le regole del vivere sociale sono giudicate in base all’utilità immediata remunerativa.
Così i condoni sono apprezzatissimi insieme ai relativi abusi. Non soltanto quelli  edilizi, ma anche quelli fiscali. Ma anche quelli relativi alle autorizzazioni, ai confini, ai rispetti. Insomma: tutto quello che permette una forzatura alle norme, alle prescrizioni, ai valori, tutto questo è osannato.
E così pure la politica che sorregge questo impianto, e pure i politicanti che vi hanno dato viso.

È male tutto questo? No, rispecchia le aspettative dei Ponzesi, e dunque è perfettamente conseguenziale.

Sto tirando un pistolotto morale? No, non mi permetto. Sto evidenziando soltanto le logiche sottostanti alle scelte.

E se poi tutto il costrutto vacilla perché la mancanza di regole decompone il sistema economico, lo rende vuoto, lo rende vacillante e ingovernabile perché non sorretto dal fattore solido del  “lavoro”, allora ?

Allora forse bisognerà riguardare le logiche fin qui seguite e appassionarsi ad altri valori, ad altre politiche. Qui sì che ci vuole passione.