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L’antica cultura contadina isolana. Le colture tradizionali e i cambiamenti successivi. (2)

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di Mimma Califano

per l’articolo precedente, leggi qui [2] 

Si parlava del terreno e dei modi per renderlo più fertile. Consideriamo ora in modo più approfondito ciascuno dei suoi componenti.

L’acqua. Recuperare e conservare l’acqua piovana – a fini agricoli e non – è sempre stato di fondamentale importanza nella vita isolana.  Le annate sono sempre caratterizzate da periodi a buona/alta piovosità  – autunno, inverno, primavera  – e un periodo, in genere da maggio a settembre, in cui le piogge scarseggiano.

Oggi i rifornimenti avvengono dall’esterno, almeno per gli usi domestici; in passato bisognava essere in grado di provvedere autonomamente. Perciò ogni abitazione doveva disporre almeno di una piccola cisterna in cui raccogliere l’acqua piovana.

In alcuni quartieri, sicuramente nella zona del porto, fino agli inizi degli anni ’50, erano ancora in uso le enormi cisterne di origine romana (recuperate e/o riattivate in epoca borbonica): ’a cistern’ d’a ponta, d’a draunàr’ (dragonara), d’a torre, d’u cimiter’, – a cui potevano attingere tutti gli abitanti della zona. I tetti – i tipici tetti a cupola di Ponza, comuni anche in molte zone costiere del Mediterraneo – erano mantenuti puliti e biancheggiati, e mille attenzioni erano poste  a che persone o animali non li calpestassero.
Tutta l’acqua raccolta dai tetti era convogliata nelle cisterne. Che differenza con adesso che quando piove le strade di Ponza si trasformano in torrenti impetuosi!

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Per gli usi agricoli le modalità erano un po’ diverse. Tra i tanti impegni dei  contadini, indispensabile era mantenere puliti i canali che convogliavano le acque meteoriche fino ai pozzi; questo sia in campagna che in vicinanza delle abitazioni. Altrettanto indispensabile  per chi coltivava gli orti era poter disporre di più pozzi. Non solo,  nelle case di campagna, le acque utilizzate per uso domestico non finivano negli scarichi, ma erano recuperate nei pozzi per innaffiare gli orti (all’epoca i detersivi erano praticamente inesistenti).

Ma la vera ricchezza era appannaggio di quelle poche zone, principalmente  ’a padura ed in parte la zona di mar’e copp, dove si poteva disporre di acque sorgive; infatti la maggior produzione orticola isolana si concentrava proprio lì. A testimonianza di ciò a Ponza c’era un detto:“C’a padura se fann’ i figli duttùre”.

Infine aspetto fondamentale che consentiva il mantenimento di tutte le attività isolane era l’assenza di sprechi: un secchio d’acqua era considerato una fortuna da usare con parsimonia.

Altro elemento essenziale alla produzione agricola è il concime. Ne diamo prima una definizione sintetica.

E’ definito concime quel mezzo tecnico impiegato in agricoltura/giardinaggio allo scopo di conferire al terreno uno o più elementi nutritivi.
Questi possono essere di origine organica: i concimi animali – stallatico, guano, pollina, etc..,  oppure concimi chimici o minerali, detti anche fertilizzanti, cioè quelli ottenuti da sintesi industriali di prodotti minerali o ancora concimi organo-minerali, cioè quelli ottenuti dalla miscelazione di uno o più concimi organici con uno o più concimi chimici.

Nel concime sono presenti, in quantità e concentrazioni diverse, gli elementi nutritivi delle piante. Ogni concime è definito da un preciso rapporto tra le componenti principali: NPK [N, dal francese nitrogène, Azoto; P, da Phosphorus e K, da Kalium, potassio)

I loro principali effetti consistono, per l’Azoto, in una vegetazione lussureggiante e ottimale sviluppo fogliare; per il Fosforo, nel dare steli robusti e lignificazione; per il Potassio, nel favorire lo sviluppo delle radici ed abbondante e gustosa produzione di frutti. Ma sono da considerare anche magnesio (Mg), calcio (Ca), zolfo (S), ed in minor misura, ferro, rame, boro, zinco, manganese.

Tradizionalmente a Ponza il concime era organico e non poteva essere diversamente. Gli animali: asini, maiali, pecore, capre, qualche mucca, galline, conigli, facevano parte integrante del ciclo produttivo agricolo. Il loro allevamento era indispensabile  non solo per l’aiuto che fornivano – gli asini – o per la carne, il latte, il formaggio, le uova, ma altrettanto vitale per la produzione agricola erano le loro deiezioni.
Queste mischiate con i residui vegetali della loro alimentazione venivano accumulate e lasciate a “maturare” per qualche mese prima di essere utilizzate.

L’eco-sistema isolano d’altri tempi faceva un uso attento di un’altra ricchezza che veniva dal mare, in forma di alghe spiaggiate. A quei tempi non era infrequente dopo una mareggiata vedere contadini che caricavano i ‘stor’ d’i ciuccie sulle spiagge di Sant’Antonio e di Chiaia di Luna, dove tradizionalmente (e ancora oggi) si raccolgono una gran quantità di alghe; parliamo soprattutto della Posidonia oceanica, che a dispetto del nome è l’alga del Mediterraneo.

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Le alghe raccolte non venivano usate come tali (a causa dell’elevata salinità), ma messe nel cumulo a maturare con gli altri componenti; o ancora venivano messe sotto gli animali (analogamente a come si faceva per la paglia) e dopo qualche tempo tirate via arricchite dei loro escrementi.
Adesso si sa che le capacità fertilizzanti delle alghe sono date dalle alte percentuali di  azoto, fosforo e potassio e altre sostanze minerali; come dalla presenza in esse di ormoni di crescita vegetale oltre che di numerosi e preziosi microelementi.

Ed ancora con l’esperienza il nostri contadini avevano imparato a produrre ed utilizzare il compost   che veniva, correttamente, aggiunto al concime al momento della semina.
Che cos’è il compost?

“Si definisce compostaggio quel processo biologico aerobico che porta alla produzione di una miscela simile allo stesso terreno a partire da residui vegetali sia verdi che legnosi medianti l’azione di batteri” (Wikipedia).

Il modo più semplice per ottenere il compost è come si faceva una volta a Ponza: “a cumuli”.

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Scarti vegetali di ogni genere sia della campagna ma anche di casa, ed ancora alghe, cenere, segatura, cartone non stampato, il tutto con l’aggiunta di un po’ di terreno e un po’ di concime organico animale, per aiutare il processo di trasformazione. Il cumulo costituito dai diversi materiali deve essere mantenuto umido, ma non esposto a piogge frequenti, ed arieggiato. Se gestito nel modo corretto il compost non  deve mai puzzare anzi, quando ha raggiunto la maturità, dopo alcuni mesi, deve avere un buon odore di terra di bosco umida.

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Oggi esistono contenitori appositi per favorire il processo di trasformazione ed occupare poco spazio.

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Il compost  è indispensabile al terreno, senza di esso i principi attivi presenti nel concime  non potrebbero essere assorbiti dalle radici delle piante e diventa necessario aggiungere sempre più concime, tanto più se si tratta di concimi chimici. Mentre utilizzando entrambi, il terreno si mantiene fertile nel tempo.

In sostanza il compost va a costituire l’humus del terreno. Un terreno ricco di humus   è facilmente riconoscibile dal colore molto scuro in superficie – bruno, nerastro-  e dalla presenza in esso di vermi, lombrichi, nonché da funghi e batteri. Sono infatti gli esseri viventi del suolo che provvedono alla demolizione e ricostruzione delle sostanze organiche e nel corso di  questi processi liberano gli elementi nutritivi rendendoli così disponibili per le piante.  La percentuale di humus necessaria ad un buon terreno agricolo è stimata tra il 3 e il 6%.

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Tutti questi aspetti che potremmo definire “tecnici”, oggi sono di facile apprendimento. Libri, internet, studi di agronomia… sono tante le modalità che ci consentono di sapere ciò che succede nel terreno, di cosa necessita  e come avviene il processo di accrescimento e produzione delle piante. Mentre i nostri nonni potevano contare solo sulle conoscenze tramandate oralmente  da una generazione all’altra e sull’esperienza e sperimentazione che mettevano in atto anno dopo anno.  Eppure i loro comportamenti erano i più compatibili con il mantenimento nel lungo periodo dell’ecosistema isolano, e la salvaguardia del territorio: parracine per il contenimento del terreno, canalizzazione e controllo delle acque piovane, fertilità della terra, sentieri praticabili.

Altra caratteristica che favorisce il mantenimento nel tempo della fertilità del terreno è la rotazione delle colture e altre tecniche, che andremo a trattare nel prosieguo.

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