Ambiente e Natura

Incontro a Ponza con tre ‘furastere’. (2). La pianta degli scovolini

di Sandro Russo

Per la prima parte, leggi qui

 

Sulla strada delle Forna, qualche chilometro più avanti, quasi la stessa scena. Si passa la Chiesa, ancora avanti, dopo ‘il Cuore di Gesù’, alla biforcazione della strada si prende quella vecchia, che passa di sotto.

Ad uno slargo sulla sinistra, sul versante del mare, un’altra pianta fiorita su cui lo sguardo s’inceppa e sobbalza…

“Mai non fu vista cosa più bella
mai io non colsi siffatta pulzella”
disse Re Carlo scendendo veloce di sella…

[Da: Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers, di Fabrizio De André e Paolo Villaggio]

Ora tutti penseranno che voglia parlare della classica “pianta degli scovolini” ovvero il Callistemon, Fam. Myrtacee, facile e appariscente, che per fortuna ancora non si vede troppo a Ponza. Cioè di questa pianta:

Ma non ci sarebbe stato motivo di sobbalzare, perché è abbastanza diffusa. Caso mai se fosse stata la varietà a fiori bianco-gialli (Callistemon salignus, qui sotto), molto meno comune, a cui la pianta che ci ha fermato per strada somiglia, per l’aspetto dei fiori…

Ma non è così…
È questa la ‘forestiera’ incontrata a Le Forna:

Ora, la semplice osservazione delle foglie – complesse e pluri-pennate, ben diverse da quelli lanceolate del Callistemon – fa subito attribuire la pianta alla stessa famiglia delle mimose (in generale alle Leguminosae).

Altre particolarità: la vegetazione lussureggiante (altrove, in un clima più secco o semi-desertico è molto meno ricca): la presenza di spine; lo ‘scoloramento’ del fiore, da giallastro a quasi bianco in giorni successivi.

Ci guardiamo per bene la pianta e la fotografiamo da ogni parte; siamo sicuri di non averla mai vista prima: almeno questo!
Ora a casa, sui libri e su internet c’è una parte altrettanto affascinante – almeno quanto la scoperta – per  capire cos’è…

E la sorpresa arriva anche qui: si tratta di Mimosa senegal (sinonimo Acacia senegal), Fam. Leguminosee, perché tutte le appartenenti a questa famiglia producono un seme a forma di baccello, o ‘legume’.

Ma questa pianta ha anche un’altra particolarità. Nei paesi di origine è la pianta da cui si ricava la ‘gomma arabica’.

La produzione delle gomme in genere è la risposta della pianta ad una ferita. Il caso più conosciuto è forse quello dell’albero della gomma (Hevea brasiliensis – Fam. Euphorbiaceae) o caucciù, da cui è derivata, dopo l’invenzione del processo di vulcanizzazione, tutta l’industria della gomma.

Ma numerose altre piante secernono un lattice, o una resina, come naturale risposta riparativa di una ferita o per effetto di lesioni artificialmente prodotte

Altre piante produttrici di ‘gomme’ pregiate

Nell’ordine della figura:

– La gomma arabica prodotto da Acacia senegal e Acacia seyal – Fam. Leguminosae.
– La gomma adragante dall’Astragalus tragacantha (Fam. Fabaceae).
– L’incenso dalla Bosvellia sacra (Fam. Burseraceae) albero piuttosto ricercato, presente nello Yemen e nell’isola di Socotra e di qui importato in Egitto e altrove per il reportage di un viaggio a Socotra – vero paradiso per i botanici, quello che sono le isole Galàpagos per gli animali – leggi qui.
– Il mastice di Chio, dal lentisco e ancor più dal terebinto (Pistacia terebinthus) – Fam. Anacardiaceae.

In particolare la gomma arabica si presenta in granuli gialli o appena giallognoli e semitrasparenti nei tipi più pregiati. Le zone di maggior produzione sono il Senegal e la zona sudanese della valle del Nilo. Per ottenerla, si asportano dal tronco delle piante piccole strisce di corteccia, avendo cura di non intaccare il legno sottostante: dopo qualche decina di giorni la zona scortecciata appare coperta da uno straterello di gomma; il raccolto si ripete di tempo in tempo.
La gomma arabica è costituita per l’80% di arabina, un polisaccaride che per idrolisi fornisce vari monosaccaridi. La gomma arabica è usata in varie industrie, tra cui la tessile e quella dei liquori; in farmacologia è sfruttata come emolliente e protettivo della mucosa digerente e come correttivo dell’azione irritante di molti farmaci.
Trova altri impieghi nella produzione di adesivi; in campo dolciario nella preparazione di pasticche gommose e nell’industria farmaceutica, nella quale viene anche usata per dare compattezza alle compresse e alle pastiglie: per tutti questi impieghi è importante che sia commestibile, e la gomma arabica lo è.

 

Quasi incredibile… Si parte da una pianta trovata per strada, per caso, e si arriva all’antropologia, ai viaggi, ai traffici dell’antichità per scambiarsi le materie prime attraverso i deserti e le grandi distanze.
E ancora, ci ritroviamo anche un aggancio – riguardo alla produzione di resina – con un’altra pianta di cui si è di recente trattato su queste pagine (leggi qui).

In conclusione volevo sottolineare la sorpresa e l’arricchimento che accompagnano il percorso di indagine e l’associazione di informazioni varie – un metodo scientifico, quasi poliziesco – a partire da pochi indizi. È una fortuna che si è avuta solo recentemente, nella storia dell’umanità, per la disponibilità di mezzi di acquisizione dati (foto) e di raffronti con altre esperienze. In altri tempi si chiedeva a qualcuno che ne sapeva di più (l’anziano o il sapiente del luogo); ora, con risultati incomparabilmente più ampi e attendibili si cerca su libri ed enciclopedie o, meglio ancora, attraverso data base di immagini e notizie su internet.

Un processo che adesso ciascuno può compiere in autonomia, purché sostenuto da un metodo per procedere e dalla curiosità. Si acquisisce il primo, si coltiva la seconda. L’arricchimento e il piacere sono assicurati.

 

Note
Per ingrandire le foto, fare click con il mouse passandoci sopra;
Alla questione inerente l’introduzione di piante ‘estranee’ in un ambiente che non è quello di origine, cercheremo di rispondere nella quarta puntata di questa serie;
Nella prossima puntata: “La pianta dai fiori rossi”.

[Incontro a Ponza con tre ‘furastere’. (2). Continua]

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