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Spigolature da “Incontri culturali”. Raniero da Ponza (2)

di Francesco De Luca (Franco)

 

per la prima parte: leggi qui [1]

L’attività diplomatico-pastorale di Raniero fu importante. Tralasciando tutte le altre questioni, quella maggiore la incontrò nell’opposizione ai Càtari (1198), che in Linguadoca (Francia) stavano incominciando ad ingrossare le fila e a perfezionare sia nella dottrina sia nei fatti il contrasto con Roma. Il Papa era consapevole che il clero, specie quello delle ragioni lontane, teneva una vita dissoluta e infieriva sul popolo con tasse e imposizioni tiranne. Mandò Raniero perché conosceva la sua sensibilità verso la condizione degli umili, la sua capacità dialettica, la sua erudizione, il suo rifiuto dei privilegi. Virtù queste che nelle lettere di Innocenzo III sono declamate con parole che stanno a significare la grande considerazione in cui era tenuto. Raniero mise in atto tutte le disposizioni di cui godeva, alcune anche fortemente punitive, ma tentò di affrontare il contrasto secondo lo spirito che gli veniva dalla solidarietà con Gioacchino ovvero il dialogo, la comprensione. Non riuscì nell’intento. Non solo, ma nel frattempo sentì premere nel corpo la malattia (1201). Chiese di essere esonerato dall’incarico e di ritornare nella sua isola per riprendere la vita di monaco. Il Papa, per non aggravarne lo stato, lo liberò dall’incarico (1202). Il Catarismo si ingrossò, ingigantì la sua distanza da Roma. Fu oggetto di un Concilio (il terzo lateranense) che indisse una vera Crociata, chiamata la crociata albigese (da Albi in Francia). In essa la Chiesa si macchiò di crimini orrendi.

Raniero riprese la sua isola e la sua quiete. Anche qui, di nuovo, il Papa gli chiese di frapporre i suoi servigi per dirimere una questione presso il signore di Acerra. Finché fu in vita la sua persona fu visitata in Ponza da Signori e Prelati che volevano ascoltarne il consiglio.

A Ponza morì nel 1207. Il monaco cistercense più famoso e più stimato, quello che, presumibilmente, stilò la regola degli Umiliati (1200), morì nella dimenticanza assoluta. No, assoluta no. Ugolino da Segni (in seguito divenuto Papa col nome di Gregorio IX) legato pontificio in Germania a Salem, alla nefasta notizia, scrisse una lettera all’Abbate di Fossanova, a quello di Casamari, a quello di Salem.Diede loro la notizia con parole accorate e disperate: “Fratelli, infelice e derelitto non riesco a trovare conforto… di fronte alla morte del padre e fratello Raniero di incancellabile memoria… ” “…perché il sole è stato visto cadere dal cielo, quando un padre così grande cessò di illuminare il mondo dei vivi…”. E’ lui che lamenta: “dove sono finiti i tuoi (di Raniero) santi scritti, decorati con i fiori della virtù..?”.
Di lui infatti ci sono scarsissime fonti dirette e tutte le notizie, i giudizi, le deduzioni provengono da fonti indirette.
Come mai l’Ordine cistercense non menziona la sua morte, non la degna di una memoria?
Probabilmente Raniero pagò la freddezza nei rapporti con l’Ordine, probabilmente la sua natura schiva (testimoniata da Ugolino) lo aveva portato lontano dalle sedi vaticane e mantenuto ai margini.

[2]

Sigillo che configura simbolicamente lo stemma araldico di Raniero da Ponza: d’argento al libro (portò la luce del Vangelo) e di nero al pastorale (fu pellegrino fra gli eretici e gli infedeli). Il sigillo è stato realizzato da un artigiano di Ponza, Guglielmo Tirendi, in occasione del Convegno su Raniero, nel 1996.

[Raniero da Ponza – (2) – Continua]