Lontano da Ponza

Thanksgiving Day

di Assunta Scarpati

Una gonnellina scozzese verde, rossa e blu con bretelle in tinta, maglietta blu e un magnifico cerchietto nei capelli con una coccardina piccola piccola…..
Ero vestita così il giorno del Thanksgiving Day del 1971.
Ricordo come se fosse oggi tutto ciò che avvenne quel giorno nei minimi particolari, in modo lucido e minuzioso….

La casa dove abitavo era nel Bronx, precisamente in via Grand Concorse di fronte alla stazione dei pompieri… un grande palazzo e al terzo piano abitavamo noi.
Di fronte abitava zio Totonno con la sua famiglia…

Il giorno del Thanksgiving Day è una data importante in America perchè si festeggiano i Pilgrim Fathers (padri pellegrini fondatori) e i primi raccolti nel nuovo mondo.
Lo festeggiano tutte le etnie, ognuno modificandola secondo i propri usi e tradizioni…
Quella mattina sentii rumori di mestoli e pentole che era ancora buio: mi alzai e con le mie babbucce con la testa di cagnolino andai in cucina….
“Morning mamie… what are you doing? E’ scure fore!”
“Assunta… gioie ‘a mamme… è ambresse… c’mon, go to sleep! Sinò no new dress!”
“Please Mamieeeee… let me stay! Facce ‘a brave!”
” No! A cuccà… quanne è ora mamme te chiamme… si se scete daddy primme che va ‘u ristorante s’arragge… c’mon, go!”
Un grande abbraccio con tanti baci e dritta nel lettuccio di nuovo… neanche il tempo di sbadigliare e già ero nel mondo dei sogni…

” Hei sis… it’s time to wake up!!!! C’mon little sis! Susyyy” e poi una marea di coccole, prese in giro, solletico, baci e sberleffi… mio fratello Joe, che amo incondizionatamente, mandato in avanscoperta da mamma per svegliarmi…
” Stooop Piggyyy!!! Stooop!!! Mamieeeeeeee!!!”
Poi una corsa dal letto con mio fratello che mi rincorreva fino ad arrivare in cucina dove nostra mamma, divertita e ridente, puliva i broccoletti.
“Morning Mamie… Joe is laughing about me! Uhhh!!!”
Mamma non riusciva a contenersi dalle risate allo spettacolo che aveva di fronte: mio fratello che mi faceva pernacchie e boccacce e io, nel mio pigiamone rosa, che borbottavo e sbattevo i piedi per terra per protesta!
“Iamme ià… Peppì fernescele… Assunta, bivete ‘u orange juice e p0’ mamme te fa ‘u shower e te veste”.
Ancora in contestazione ma presa dal fatto che avrei messo il vestito nuovo, bevvi il mio succo… mamma mi fece la doccia, i capelli e… CHE EMOZIONE!!!

Il mio nuovo vestito era sul letto poggiato che aspettava solo di essere indossato… a chiudere il quadro un bel paio di ballerine blù… mi sentivo felice e soddisfatta!
Nel frattempo mio fratello era uscito per andare al ristorante ad aiutare papà che in quel giorno avrebbe fatto solo mezza giornata di lavoro…questo succedeva solo due volte l’anno: il pomeriggio del Thanksgiving e la mattina di Capodanno, tutto il resto dell’anno era lavorativo.
“Mamie… may I help you?”
“Yes… viene ccà… mamme te mette ‘u mantesine… tu tien’a cunta’ ’i piatte, ’i bicchiere, tutte chelle che serve a apparicchià ’a tavule…”
In effetti era già tutto pronto ma mamma cosi mi teneva impegnata e mi faceva contare….
“One, two…” fino ad arrivare a quello che serviva…
“E adesso in italiano… uno, due, tre…”
In italiano conoscevo i numeri, i colori, le frasi di saluti ed educazione, i nomi delle festività compreso S. Silverio, l’Immacolata, i nomi di alcune cose ed oggetti…
Nel frattempo dal grande forno, mamma aveva tirato fuori il tacchino e le patate dolci che erano l’unica cosa americana che avremmo mangiato perchè già il giorno prima erano state fatti i “tagliolini”, il ragù, la parmigiana, le nocchette… restavano da fare le “zeppole di baccalà” e i broccoletti.
“Ding dong”….la porta! Cominciava ad arrivare qualcuno!
A me non era assolutamente ammesso avvicinarmi alla porta… avrebbe aperto mamma dopo aver guardato dallo spioncino…
Era zia Maria con Silverio, la mia zia preferita! Le ho sempre voluto un gran bene… arrivava sempre con un regalo… di quel giorno non me lo ricordo ma, vi assicuro, era meglio di Santa Claus!
A parte il regalo arrivò con la classica tovaglia annodata sui quattro versi con all’interno il coniglio alla cacciatora, la scarola ‘mbuttunate e le palline dolci che mi piacevano tanto: gli struffoli!
Che bel ricordo delle due sorelle insieme… tutte e due in cucina che parlavano in ponzese fitto fitto mentre finivano di preparare…
Il campanello cominciava a suonare spesso: Zia Teresa con le figlie, gli zii Zovich, zia Silvia con i bambini…
“Assunta… chiamme a papà ‘u ristorante… dice che se ne venene isse, zi Peppe, zi’ Tatonne e your brother…”
“Ok mamie!!!” Ero felicissima dell’incarico avuto!

E così tutta la famiglia si riuniva… era una gran festa dove ci si riuniva insieme dopo tempo… l’America era lavoro, sacrificio ma ai miei occhi di bimba felice non figuravano queste cose… e non capivo perché, alla fine della bella giornata passata insieme, di solito dopo aver mangiato si cantavano melodie a me sconosciute e poi… tutti i grandi piangevano….
Con il tempo ho ben capito il perché: quegli adulti pensavano alla loro terra, alla loro casa, a Ponza… il loro cuore e la loro mente tornavano prepotentemente al paese natìo provocando nostalgia, dolore e mancanza di questa terra baciata dal mare, dal sole, dal vento e dove un pezzo di loro era rimasto… benedivano il paese dove vivevano perché permetteva loro di vivere dignitosamente… ma l’anima straziata si perdeva nei tramonti di Chiaia di Luna e nel vento di levante che alzava le onde fino ad arrivare a Sant’Antonio…
Adesso lo so.

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