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“Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza”

[1]

di Polina Ambrosino

Errata Corrige

Per un problema tecnico, detto articolo non era stato pubblicato interamente. Adesso è stato aggiornato. Ci scusiamo con l’autrice, Polina Ambrosino, e con i nostri lettori.

La redazione

 

Il mare è in tempesta oggi, 5 novembre. La spiaggia di San Terenzo, il borgo che mi ospita da 5 anni, è invisibile, coperta dalle onde bianche e arrabbiate di un mare di scirocco sempre più grosso. Non sono a scuola: ieri è stata data l’allerta meteo per tutto lo spezzino e, sebbene questa zona del Lericino non sia stata finora gravemente colpita, anche qui le scuole sono state chiuse in via preventiva. Io ne ho, invece, avuto beneficio: ieri, dopo il ponte di Ognissanti, partivo da Ponza (raggiunta dopo 2 giorni a Formia per cause meteo-marine avverse) con l’aliscafo delle 14, che però, per aspettare la squadra di calcio che aveva giocato  a Le Forna, è partito con quasi mezzora di ritardo. Viaggio così così… il mezzo non è proprio idoneo al periodo invernale, ma tant’è… A Formia perdo quindi l’intercity per Roma delle 16.15 e prendo il regionale che arriva a sua volta con ritardo, cosicchè arrivando a Roma non riesco a prendere la freccia bianca delle 18.30 e mi tocca aspettare l’intercity delle 19.39 che, però, avendo avuto un guasto alle porte interne, si è fermato varie volte prima di arrivare  a Roma, e parte con un’ora di ritardo. Arrivo a La Spezia a l’una di notte e a casa a l’una e trenta…Non vado a letto prima delle due , quindi , oggi, questa chiusura della scuola mi va benissimo…

Ma  mi chiedo: una persona che viene da Ponza deve avere il dna di Ulisse nelle vene?? Certo!

Non quello di un  certo personaggio che usa lo pseudonimo di Sangh’ì retunne, scrive su facebook da un mesetto prendendo in giro il mondo intero, con un’ironia sferzante, una satira degna di Giovenale, tante volte maleducato nei termini, usando un linguaggio spesso scurrile,  intercalando   il suo dire con organi di sesso maschile e andate a quel paese continue, volendo così parlare “comme t’ha fatte mammeta”, per rendersi ancor più misterioso, visto che così parlano in molti. Ma in pochi sanno scrivere cosi, in ponzese per non dire in italiano. In pochi sanno poi unire satira e sapere, l’ironia con il piglio del maestro di una volta, imperioso e vòlto a zittire chi, in qualche modo, risponde a tono. Ebbene, questo tal signore, mi perdoni, non tiene conto invece del dna del personaggio omerico della sua gente, usa ai peggiori sacrifici. Magari oggi, abituati  ad avere i piedi caldi e le case con i condizionatori, i ponzesi non sono più quelli di una volta, quelli alla Ulisse, ma nemmeno possono dirsi tutti sangh’ì retunne…

E, appunto, dopo il viaggio di ieri, parlando qui con le colleghe che mi chiedono come si fa ogni volta a dover attraversare tutto questo caos per andare e venire da casa, mi veniva da dire che è ora di smetterla  di generalizzare. Il ponzese è un isolano che ha , già solo per questo motivo, problemi che sulla terraferma non esistono e il solo fatto di dover farsene carico, gli conferisce un quid che non si può offendere con la definizione di persona senza spina dorsale.

Poi, ovvio, il tal signore, scrivendone così appassionatamente nelle sue “delibere comunali” con stemma di  tre bastoni, con intelligenza certo, ma anche con poco rispetto per chiunque, fa capire come lui sia uno dei migliori sangh’ì retunne presenti sull’isola, forse proprio il migliore discendente della razza, l’esponente più illustre di una tal categoria di signori. E parlando  con piglio da duce, arringa la SUA folla.

Dalla notte dei tempi esistono i dissacratori, così come da tempo immemorabile esistono quelli che fanno dell’anonimato la loro forza poiché, esibendosi in prima persona, mettendoci la faccia, purtroppo, non hanno avuto lo stesso successo , anzi, magari, sono quelli che si imparpagliano, che vanno fuori tema, che si scordano quello che stanno dicendo, che arrossiscono, che forse si offendono alla prima battutina che gli si fa…  Ma invece, dietro uno schermo, con la calma della scrittura che si può correggere, con il filtro del nome falso, diventano immensi, diventano eroi. Perfino Zorro, il mitico Zorro, quando era in borghese, appariva un insulso giovanotto un po’ farfallone. Ma Zorro era un puro, un uomo che combatteva il potere corrotto e FACEVA AZIONI PRATICHE, NON CHIACCHIERE.

Cosi, il nostro tal signore, parla. Dal suo pulpito alla SUA gente.

Ha ragione, caro tal signore, poiché lei  e tutti quelli che in lei si riconoscono, avete il vostro credo e fino in fondo lo proclamerete. E’ giusto che lo diciate chi siete e cosa siete, affinché nessuno creda che da un rotondo possa nascere un delfino! E’ giusto che vi facciate vanto della vostra vigliaccheria atavica, della vostra incapacità a “quagliare” una qualunque faccenda, della vostra immensa indifferenza ai guai che, anzi, vi divertono, vi piacciono perché vi danno materiale per parlarne in piazza e nei bar, che sono le vostre “stoà”. Come fareste ad esistere se le cose andassero bene?! Come fareste a sopravvivere in una  società senza problemi, senza poter puntare il dito contro nessuno, senza poter fare ironia, senza poter riempire della vostra mefitica aria tutti gli angoli dell’isola, che , nonostante il vento che la sferza, non riesce a pulirsi delle vane parole dei sangh’ì retunne?!

Quindi, se davvero, come lei dice, tutta Ponza è pervasa dallo stesso vigliacco spirito, se davvero nessuno si salva, allora perché sprecare tanto fiato? Se è tutto inutile, a che serve??

Per avere qualcosa da fare nel lungo inverno isolano e far ridere, di amari sorrisi, i suoi compaesani?

Se davvero lei crede in questa indole indolente, in questa razza senza sangue e senza midollo, ma questi sproloqui a che pro vengono? Solo per stuzzicare l’Amministrazione? O solo per il gusto di dimostrare che a Ponza c’è chi di nascosto, piglia tutti per il …naso?!

Tanto, stando al suo credo, tutto deve restare com’è, visto che secondo lei ,il ponzese è un predestinato al mondo dantesco degli ignavi.

Però, mentre lei si diletta a prenderci in giro e a godere dell’amaro sorriso che suscita, lei finge di non sapere  che esistono tanti suoi compaesani, NON CONSANGUINEI, che combattono tutti i giorni i problemi della vita, riuscendo a rispondere a tono senza bisogno di farsi forza dietro uno pseudonimo, senza piangersi addosso le sciagure dell’essere nato in un lembo di terra aspro e duro, dove il mare comanda e male a chi ne ha paura.

Tanti ponzesi hanno la spina dorsale e il sangue vivo, credono in quello che dicono e hanno il coraggio delle loro azioni. Tanti ponzesi sono convinti  che finché si penserà che l’eroe è un sangh’ì retunne, davvero non ci sarà speranza che gli Ulisse possano avere un seguito, credendoci fino in fondo, pure attraversando le tempeste, pur subendo naufragi, pur trovandosi lontani dalla loro Itaca per il volere del fato, che li perseguita fino in fondo. Però il vero Ulisse sa che il vigliacco  verrà sconfitto, perché il suo spirito prima o poi tornerà in chi non ha sangue finto,e per gli ignavi non ci sarà speranza:  i retunne-Proci non faranno più man bassa alla sua tavola.

Questo mi auguro che accada, che prima o poi gli Ulisse che ci sono, e per ora sono nelle tempeste e nelle difficoltà,e che  vedono i proci-rotondi farsi beffe di loro, ritornino  e vi diano il vostro compenso: essere ricordati per l’ eternità come quelli che per avere un momento di gloria, si sono nascosti dietro un falso nome.

A Ponza, come in tutte le isole, gli Ulisse esistono, il mare,  non li spaventa, né i problemi che esso comporta. Non hanno paura di chi sparla, di chi fa l’acqua che si appantana e puzza,  di chi ha due facce e fa buon viso e cattivo gioco.  Non faranno lamentazioni inutili, non piangeranno per il viaggio andato male.

Ulisse e quelli come lui prima o poi torneranno. E ci sarà davvero da ridere, ma saranno risate vere, non quelle cha fate fare voi, risate amare, per non piangere.