di Luisa Guarino
Catapultata a Ponza alcuni giorni fa per una sgradevole incombenza, grazie alla presenza di alcuni amici e ad alcune amene chiacchiere con loro, riscatto la giornata e riesco anche a sorridere. La prima tappa è al Bar Welcome’s, come quando c’era Ernesto (tanto lui c’è e ci sarà sempre, per tutti noi che gli vogliamo bene): porto a Umberto una copia della pagina del periodico Il Settimanale di Latina dove Pier Giacomo Sottoriva, giornalista, scrittore e storico, ha dedicato un bello scritto al ‘re di Palmarola’ a pochi giorni dalla sua scomparsa. A questo proposito, Umberto mi dice di aver saputo che un bell’articolo dedicato a suo padre è stato pubblicato sull’Unità: glielo ha fatto sapere la nipote di una prof che ha insegnato per un anno a Ponza negli anni ’60. “Ma non riesco a trovare niente – aggiunge crucciato -: ho guardato su Internet ma non ne vengo a capo!”
E’ davvero un peccato, dico io, e poi mi avvio a sbrigare le mie cose: il tempo stringe e alle 15.30 debbo ripartire di gran fretta.
Per fortuna ho il tempo per un rapido pasto; e anche in questo caso il Welcome’s,, dato che il mio centro operativo è lì a un passo, mi sembra l’ideale. Entro e trovo Umberto raggiante. Poco dopo la mia breve visita è passato il postino che gli ha consegnato una busta: all’interno la pagina dell’Unità del 26 settembre dedicata a Ernesto, con una grande foto; non leggo l’articolo né ricordo chi l’ha scritto, però Umberto mi legge la lettera che l’accompagna, scritta di proprio pugno dalla famosa prof, che ricorda con parole toccanti Ernesto, il sostegno e la guida che ha rappresentato per lei all’epoca del suo soggiorno lavorativo a Ponza, negli anni ’60.
Ecco. Pensavo che sarebbe bello, caro Umberto, se ne hai voglia e tempo, trascrivere il contenuto di quella lettera per i lettori e gli appassionati di Ponza Racconta. Rappresenterebbe l’ennesimo omaggio a Ernesto e al suo rapporto con l’isola anche attraverso gli altri. Quello scritto sarebbe inoltre un’importante e diretta testimonianza della nostra isola com’era cinquant’anni fa, vista da un osservatore particolare e privilegiato come un’insegnante, nel suo rapporto con gli alunni e le loro famiglie di allora. Che dici? Ci possiamo contare? Me lo auguro, a nome di tutti.