De Luca Francesco (Franco)

Commemorazione del 2 novembre a Ponza

  

di Franco De Luca 

Già nei giorni precedenti, nonostante gli impedimenti del maltempo, le donne hanno ravvivato i loculi, le cappelle, le tombe, e insieme i muri, i viottoli, le gradinate. Hanno tentato, come ogni anno, di ridare vita al nostro  “villaggio dei morti”, perché tale appare il cimitero di Ponza: chiuso nella cerchia, variopinto nelle facciate, distinto nelle stradine.

  Le donne, generatrici di vita, per consuetudine svolgono il compito di tutrici dei sepolcri. Ne abbelliscono finanche l’aspetto, esse, naturalmente proclive al bello.

  A Ponza si consuma questa tradizione che attesta un valore culturale antico, autentico, spero inscalfibile: il culto dei morti.  Dei  “nostri “   morti, perché ogni anno riscopriamo qualche volto amico, qualche nome dimenticato, qualche ricordo lacerato. E col passare degli anni quei volti ci riportano all’infanzia, all’esistenza, alla materialità del nostro scorrere su questa terra.

  E il divino ? Dov’è il divino in tutto questo ?

Da piccolo sprofondavo nel cavo del mistero  attraverso i canti che il parroco modulava, traendo suoni celestiali da quell’organo sgangherato  ( che è ancora lì nella chiesetta ) , accompagnati dal tinnìo del catino di metallo prima gettato e poi issato dal pozzo.

“ De profundis…” – dal profondo ti ho chiamato Signore, Signore esaudisci la mia preghiera  –  queste le parole del salmo tradotto più tardi, e nell’abisso mi è apparsa la fragilità della condizione umana e, nonostante questa, la determinazione ad esserci. Unico aspetto divino che riconosco.   

  E mentre  si  colloquia con i parenti, si salutano i conoscenti, si tacciono i commenti malevoli, si reprimono i singhiozzi  e il levante, come sempre, schiaffeggia e immette brividi a noi non ancora coperti adeguatamente, ci ritroviamo uniti. Nello stesso destino.

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top