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L’ultima domenica di agosto. 1^ parte

 

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di Rosanna Conte

 

….bisogna preparare i peperoni imbottiti, le melanzane dorate e fritte…e il dolce. Tutto deve essere pronto per stasera.

Domani è l’ultima domenica di agosto e si va al Fieno. Una festa non calendarizzata che si aggiunge a quelle previste , come Natale e Pasqua. Eh, si! … forse c’è anche la loro solenne ritualità.

Ogni anno, per quanto mi sforzi di partire presto per evitare la calura durante la salita della Guardia, non mi riesce mai: la preparazione finale del dolce all’ultimo minuto, i bambini da lasciare alla nonna, la sistemazione delle vettovaglie…

E lo so, zio Giosuè è partito all’alba con Giustino e suo fratello, la Bufera,  mentre zia Teodora è partita con Nanninella ed Anna quando io mi sono svegliata. Zia Adele e zio Pasquale hanno preferito andare per mare, da Chiaia di Luna, con la barca a motore di Giustino, e si sono portati Vittorio, mio figlio più grande.

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Finalmente  sono pronta per uscire. Indosso un pantaloncino con una maglietta e ai piedi ho le scarpette da ginnastica; sotto ho il costume.

– La paglietta e l’asciugamano!- mi ricorda Dino.

Ci dividiamo in due il carico dei ruoti ( a me quello che pesa di meno) e iniziamo la salita.

Non vedo l’ora di uscire dalla zona abitata e di poggiare i piedi sul sentiero di terra battuta, dove l’erba bruciata dal sole fa da  soffice tappeto.

-Non correre, che la strada è lunga!-

E’ una voce vana, quella di mio marito, ma io mi fermo lo stesso perché so che adesso posso godere di un panorama stupendo ed ho un minuto per far scorrere il mio sguardo su tutta l’isola.

Il contrasto cromatico fra l’azzurro del mare ed i colori delle rocce – giallo, bianco, marrone, nero, rosso ..- mette allegria e la sinuosità della linea di costa sta lì a stuzzicare desideri carnali..

Dopo la breve sosta mi accingo a fare l’ultimo tratto in salita.

Seguo il percorso tracciato dal corso dell’acqua piovana e dalla mano dell’uomo, cercando di mantenere l’equilibrio saltando da un basolo all’altro.

Sono già sudata, ma felice.

Inspiro a pieni polmoni l’aria pura, e trattengo nelle narici il profumo del finocchietto selvatico.

Ecco siamo arrivati sul piano. La baia di Chiaia di luna è tutta scoperta: una conca d’acqua azzurra racchiusa in un catino prezioso aperto al Tirreno. L’alta falesa gialla che fa da corona alla lunga spiaggia a falce di luna  riverbera luce e calore nel mare e là, sotto Linguana, degrada in una parete accidentata che a livello del mare  passa da rosso al marrone, al bianco. Più indietro si vede la falesa  di Capo Bianco. E’ una zona bellissima, piena di cale, passaggi, grotte e scogliere incastrati nel bianco.

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Da piccola ho spesso fantasticato sulla grotta di Capo Bianco. Me ne parlava zio Vincenzo che nei primi anni sessanta, prima di andare in America, faceva fare il giro in barca a turisti:

-…è  nu rutton’ luong luong… nun z’ ved’ nient’… ce vo’ na pila … fooooort’…. Grooss’-

Ed io immaginavo che sul fondo di quella grotta marina enorme e scura ci fosse il trono della regina del mare…. sopra non si vedeva niente, ma sul fondo c’era tanta luce e la regina del mare riceveva tutti gli abitanti degli abissi…

Mi avvio per la discesa ripida e scoscesa. E’ il momento in cui le scarpette da ginnastica  si rivelano un bene prezioso.

Lo stretto sentiero basolato  fiancheggiato a tratti da guastaccetti  e a tratti aperto sul precipizio si presenta accidentato. Si snoda a zig zag lungo il fianco meridionale della Guardia con le sue pietre lisciate dal vento, dalla pioggia, dai passi plurisecolari dei vecchi contadini e degli asini da basto che li hanno accompagnati  nel loro lavoro. Devo stare attenta a non scivolare o inciampare, ma anche a non prendere nessuna storta mettendo il piede in fallo.

La discesa del Fieno è impegnativa e ogni tanto mi fermo a guardare il mare. Il caldo si fa sentire. Gocce di sudore mi scivolano lungo il viso e  larghi aloni macchiano la maglietta sotto le ascelle, ma già mi prefiguro l’impatto del mio corpo surriscaldato dal tragitto e dal peso delle vettovaglie con la fresca acqua del mare cristallino che vedo lì in fondo.

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Dino, col suo passo cadenzato, scende più lentamente. Riconosce una barca all’ancora e manda la voce al suo proprietario sdraiato al sole. C’è uno scambio di saluti fatti di braccia in aria e di un coro di  -Ohhhhhhhhhhé!!!!-

Ecco siamo arrivati sopra l’aia. Si sente il vociare delle donne che preparano e quello degli uomini che , al fresco in cantina, commentano di botti e damigiane assaporando già il nettare prodotto lo scorso anno dalle viti del Fieno e dal lavoro di Giustino.

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Facciamo il breve tratto che scendendo con una curva finisce nella piccola aia, arredata, per l’occasione, con un tavolo coperto da incerate che la occupa tutta, una tenda un po’ corta, panche tutt’intorno e qualche sedia vecchia di paglia. C’è poco spazio per muoversi, specie per le donne che nel piccolo ambiente adibito a cucina si danno da fare; le persone che stanno fuori o si siedono e restano ferme o è meglio che se ne vadano in giro fino al momento in cui tutto è pronto.

Anna, la padrona di casa, pur essendo occupata nell’organizzazione della cucina, ci accoglie con un sorriso:

–             Ben arrivati! Ce l’avete fatta!!..  Date tutto a zia Adele e andate a farvi il bagno che tra poco è pronto.-

Posiamo i nostri carichi e chiediamo un bicchiere di acqua piovana prima di continuare la discesa verso il mare.. E’ freschissima!!! Mi riporta indietro negli anni, quando piccolissima andavo da Amalia che mi offriva l’acqua appena attinta dalla sua cisterna. La tirava su col secchio e cantava una vecchia canzone napoletana:

-…e tira tira tira oje ciucciariello sta carrettella tirala tu… e sone sone sone o’ campaniello….ma chi aspettava nun ce sta cchiù…-

Mentre bevo guardo Nanninella che ci ha allungato i bicchieri con l’acqua attingendola dal secchio poggiato sul pozzo  Alta, slanciata. E’ una contadina che incede con la naturalezza di una regina… mi ha sempre affascinata!

Lola, sorridente e dalle gradevoli fattezze giunoniche, è appena risalita dal mare e si siede a riposare all’ombra.

–           I ragazzi stanno giù con le barche. Salgono quando siamo pronti. Vttorio sta con loro. –

Le giovani coppiette si stanno godendo gli ultimi scorci delle vacanze estive. Tra poco Elvira, Maria, Assunta, Lia e gli altri  dovranno tornare a studiare sparpagliati in città diverse.

Nella cantina  Giustino, la Bufera, Ninotto e Giovì sono alle prese con una manichetta che consente di travasare il vino da un’enorme botte in un bottiglione da 25 litri. Zio Pasquale, seduto sul muretto esterno, guarda la scena, tra una sigaretta e l’altra. Zio Giosuè e Totonno commentano ricordando situazioni simili di altri luoghi e altri tempi.

[6]Foto storica del Fieno risalente alla primavera del 1994, inviata da Pasquale Scarpati. Per i particolari clicca qui [7] (A cura della redazione)

L’acqua e la tenda ci dànno un po’ di ristoro. Ci fermiamo a fumare una sigaretta e a gustarci la libertà delle membra liberate dal carico…

Iniziamo la discesa verso il mare e in breve siamo sugli scogli. Nell’ acqua di limpido smeraldo si divertono i più giovani, ma il mio tuffo ristoratore copre ben presto il loro vocìo. Raggiungo mio figlio che sta cercando di imparare a fare le patelle con una pietra tagliente e ne ricevo un entusiasmante spintone verso il basso: è l’occasione per una piccola lotta in cui interviene Dino.

Sento il corpo che riacquista vigore. Lascio ambedue e con  energiche bracciate spazio nella piccola baia… e quando mi dirigo verso lo scoglio, precario attracco per le barche, voci dall’aia di Giustino invitano ad accelerare la salita perché è iniziato il pranzo.

Grondante d’acqua, aspetto Vittorio e Dino e insieme seguiamo la breve fila indiana degli altri bagnanti che si inerpica lungo l’erta che dagli scogli porta alla piccola aia prospiciente la cantina. Quando arriviamo su, i nostri costumi sono quasi asciutti.

(continua)