di Franco De Luca
E’ certamente particolare la vita a Ponza: uno scoglio in un mare che lo rende una nicchia naturale e antropologica.
Spiego: le distanze dal continente non si sono modificate da anni cosicché chi deve pagare lo scotto alla celerità tecnologica e organizzativa, l’ abbandona.
Rimane chi non è abbacinato dalla vivacità della società, chi non ha mezzi né possibilità lavorative per allontanarsene.
E’ una popolazione divisa nei suoi sentimenti eppur costretta a coesistere.
In questo dissidio sordo ciascuna parte attende che l’altra muova le sue pedine espressive.
La parte insoddisfatta lamenta le carenze strutturali e ne accentua le asperità: i trasporti sono inadeguati, la scuola è sgangherata, la vita amministrativa discorde.
La parte appaciata, al contrario, si riappropria del Corso, dirada le sue richieste di vita associativa, riscopre le pratiche religiose, i sapori di stagione.
I giovani ? Dovrebbero essere loro a fare da collante fra tutti questi fattori, perché i giovani sono il futuro, e il futuro va pianificato, va diretto. Altrimenti si vanifica. E invece ?
Invece i giovani nicchiano, si crogiolano nella tranquillità familiare e… il futuro sfuma, i contorni si sfanno, e si perde ogni progettualità.
La componente naturale allora sopravanza quella antropologica. Rabbuffa il mare di ponente e si attende la pioggia, saetta il tordo e segue una gragnuola di spari, Patalano staziona alle Formiche in cerca di “rutunne”.
“ So’ già fenute ?”
“ Sì… erano quatte cascette… surtante “ – risponde Gaetano u Iscaiuolo.
Particolare davvero questa vita a Ponza.