di Bruno Pianigiani
Egregio Sig. Franco De Luca.
Forse non mi sono espresso bene, nella lingua che dovrebbe essere a noi comune, ma le assicuro che, nello scrivere, non era mia intenzione di “attribuire meriti sperticati alla S.A.M.I.P.”; che, come tutti gli insediamenti industriali, ha creato danni ed ostilità locali, per cui è naturale dimenticare i benefici che può aver arrecato anche a livello nazionale.
Ho cercato di elencare, nel modo più asettico e lineare possibile, quello che proponeva la S.A.M.I.P. e la cronologia oggettiva dei fatti.
Se non erro, la giunta presieduta dal sindaco Mario Vitiello era stata eletta nel lontano 1975.
La S.A.M.I.P., da circa quattro anni, aveva dovuto, più volte, sospendere la coltivazione del minerale a seguito delle ordinanze del sindaco uscente (Sandolo) per poi riprenderla con il benestare del T.A.R. del Lazio, subendo fermi che l’avevano decotta per mancanza di minerale.
Poi il colpo finale con l’ordinanza del sindaco Mario Vitiello, protocollata col n°1164 del 2 aprile 1976, che impediva di aprire l’ultimo fronte di cava.
La S.A.M.I.P. non aveva più minerale e, avendo negli anni pregressi sopperito alla mancanza di minerale con le scorte precedentemente accantonate, non potendo coltivarne dell’altro, fu messa in liquidazione dalla proprietà; liquidazione che si trasformò in un fallimento.
Questa è storia.
Nell’immaginario degli abitanti di Ponza, pro e contro, la S.A.M.I.P. era un’entità che aveva del soprannaturale, quasi una deità immortale; in realtà (come da me scritto) una società per azioni, quindi una società di capitali, che viveva esclusivamente della sua attività industriale.
La conseguenza più evidente del fallimento è stata: il mancato riassetto dei terreni coltivati da parte della Società ormai insolvente, obbligo imposto dalle leggi minerarie.
Caro Sig. DeLuca, qua non ci sono né vincitori né vinti e tantomeno degli eroi. C’è solo un problema da risolvere: il riassetto dei lotti di terreno ex S.A.M.I.P. di proprietà del Comune. Riassetto che deve essere compreso in un piano P.r.g. dell’Isola, stillato da persone competenti con supervisione dei delegati dal popolo di Ponza, nell’interesse comune e nel rispetto delle leggi.
Riguardo ai rapporti tra la popolazione ed “il sindaco padrone” dott. Sandalo (pace all’anima sua), “che tanto male fece”, non ritengo esser mia cura né di dover approfondire, tantomeno giudicare.
M’ auguro una sola cosa che, con la globalizzazione, siano venute meno le vecchie rivalità tra ponzesi e fornesi; che hanno prodotto, con azioni ambigue e silenti, svantaggi a questi ultimi, influendo sulle decisioni prese in quegli anni.
Poi qualcuno mi spieghi la ragione per cui, cosa che avveniva di frequente, un fornese che si trasferiva al porto (centro amministrativo) cambiava gagliardetto.
Con questo (come è oggi in uso) mi taccio.
Caro De Luca: “Chiacchiere e tabacchere ‘e lignamme ‘o Banco ‘e Napule nun ‘e ‘impegna”.
Distinti saluti