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La casa del dolore (4)

[1]di Gino Usai

Ponza, terra di conquista

Infine Ponza. Io credo che Ponza sia assimilabile all’isola di Moreau. Negli ultimi decenni la nostra isola è diventata oggetto di mire e di attenzioni esterne da cui è bene guardarsi. Interessi economici, politici e “culturali” si sono riversati su una popolazione alquanto ignara. Un fenomeno che si è andato accentuando sempre più nel corso degli anni.

A Ponza il turismo ai suoi albori apparve timidamente ed elegantemente, come qualcosa di bello e miracoloso. L’incontro tra villeggianti (allora venivano chiamati così) e ponzesi era un proficuo scambio di culture che avveniva alla pari. Sì, c’era la soggezione verso i “Signori” ma quei villeggianti erano veramente dei signori e avevano nei confronti dell’isola un rispetto che potremmo definire sacro. I ponzesi accoglievano i villeggianti nelle loro case umili ma linde e pinte, assolate e silenziose. Agli ospiti venivano offerti, come in una mitica xenìa, i pesci freschi pescati con le reti, i frutti dell’orto e il vino dei palmenti. L’estate si tramutava in un prezioso scambio culturale e in un arricchimento spirituale, civile e morale, prima ancora che economico dell’isola.

Elio Battistini su “Il Giornale d’Italia” del12 Settembre 1958 descrive Ponza nella seguente maniera:

“(…) non è ricca, non è estremamente confortevole, non ha pretese mondane: ma è semplice, silenziosa, gentile e ospitalissima.

 (…) Oggi Ponza, così com’è, è una terra ancora innocente, e perciò benefica (…) Domani, quando vi fossero approdati a colonie i “ parvenus” gli “snobs” e i sofisticati queste taumaturgiche virtù (…) si trasformerebbero in un ricordo che niente e nessuno sarebbero in grado di resuscitare.”

Ponza era come l’Africa incontaminata: poi arriva l’uomo bianco, il colonizzatore, il dr. Moreau. E comincia la sopraffazione e la fine di ogni innocenza.

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Col passare degli anni, in un crescendo impetuoso, orde di “vitaioli” si riversano sull’isola impossessandosene materialmente. Una pioggia di danaro affluisce nelle tasche degli increduli ponzesi. La febbre aumenta. Natanti di tutte le dimensioni e da ogni dove si precipitano a Ponza e danno l’assalto al porto, nascono come funghi i pontili. L’estate è attesa come manna dal cielo. Ma gli effetti collaterali si cominciano a vedere e sono devastanti: i prezzi impennano, il valore degli immobili cresce a dismisura, sorgono attività turistiche in ogni dove, si occupano abusivamente spazi pubblici a terra e a mare, aumentano il caos e l’inquinamento, le leggi vengono travolte, i rapporti umani si deteriorano, le famiglie si smembrano in lite per la proprietà. I villeggianti a loro volta si tramutano in turisti d’assalto, i “signori” si trasformano in “pariolini”. La politica, ridotta ormai a nulla, è costretta a  seguire questo corso, trascinata per forza d’inerzia dall’economia turistica liberista e truffaldina, dannandosi. Oggi  l’isola è allo sbando, senza più un’identità… senza più dignità!

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Per questo io vedo forti analogie tra Ponza e l’isola di Moreau. Ricordate cosa disse il dottore all’esterrefatto Prendick? Disse:“Perché una cellula deve essere legata a una forma e a un destino che non può essere modificato? O possiamo modificarlo?!”

Oggi quella cellula è Ponza, nelle mani di un impersonale e collettivo Moreau. Un Moreau che non saprei meglio identificare, ma certamente composto da forze esterne all’isola provenienti dalla politica, dall’ambientalismo, dall’economia, dalla magistratura, dalla stampa, dall’opinione pubblica; insomma una grande forza di pressione che come Moreau deve aver detto a se stessa: “Perché il destino di Ponza non può essere modificato?” E ha cominciato a manipolare, mettendo in moto un subdolo meccanismo, che col tempo, lentamente, ma inesorabilmente, ha portato Ponza su nuove posizioni, più consone alle esigenze dei tempi nuovi.

Quale il suo piano? Far diventare Ponza il suo giardino di casa e trasformare l’isolano in “Homo civicus”, ossia in “Homo turisticus”. E – perché no? – sottrarre fette di mercato ai ponzesi, magari mettendo le mani sulle attività più redditizie.

(Continua)

Gino Usai