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La serata del 10 agosto per il Faro della Guardia. Una rievocazione storica di Gino Usai (15)

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Sintesi e proposizione a cura della Redazione

 

Il 9 giugno del 1940, il nuovo parroco don Luigi Dies decise di spostare la festa da Giancos a Santa Maria. A mezzanotte una barchetta a quattro remi, con la sacra effigie a bordo, acquartierata dietro allo scoglio del Caciocavallo, sbucò nel buio e lentamente si avvicinò alla spiaggia.

L’indomani, come usa ancora, si tenne sul sagrato della chiesa il panegirico del santo e la benedizione del mare. Al termine della funzione il parroco avvertì i fedeli che la prevista novena di S. Silverio sarebbe stata spostata di un’ora, alle 19.00, perché per le 18.00 era annunciato un importante discorso del duce.

Tutto il popolo italiano infatti era stato convocato nelle piazze per  ascoltare le parole del suo duce.

A quell’ora Piazza Venezia, gremita all’inverosimile, brulicava di gente, gioiosa e festante. L’Italia intera si era riversata nelle piazze ad ascoltare il fatale annuncio.

A S. Antonio, nel piazzale antistante il Palazzo di Martinelli dov’era ubicata la sede locale del PNF (Partito Nazional Fascista – NdR), venne sistemata la radio fuori del balcone del primo piano, così come si faceva in occasione dei  grandi annunci. Si formò una folla di un centinaio di persone, in trepida attesa.

A quel tempo la radio a Ponza la possedevano in pochi. Tra questi don Michele Regine, don Luigino D’Atri, l’avvocato Gaetano Migliaccio, don Umberto Fiorentini e il macellaio Totonno Guarino.

Alle ore 18.00 con puntualità mussoliniana il duce, si affacciò al balcone di Palazzo Venezia e annunciò la dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. La piazza cominciò a tumultuare in un tripudio di alari, bandiere e gagliardetti.

 

A Ponza non si gioì a quel modo. Il comandante del porto Volpe convocò subito in Capitaneria Fabrizio Mazzella di Sopra Giancos. A quel tempo a Ponza esistevano pochi gozzi, e Fabrizio Mazzella  possedeva il “S. Domenico”, un gozzo di 9 metri dotato di motore Bolinder, 8HP, costruito dal maestro d’ascia Paolo Laddomada nel suo cantiere di Giancos, ubicato nelle grotte oggi incorporate dalla centrale elettrica.

Il Comandante gli affidò una lettera da consegnare urgentemente  al Faro della Guardia nelle mani del capofanalista Silverio Scotti (nonno di Gino e di Pompeo, attuale geometra comunale). A quel tempo la strada che portava al faro era molto impervia e si inerpicava fin sotto il costone del massiccio della Guardia. Era più agevole dunque raggiungere il faro via mare.

Nel consegnare la lettera a Fabrizio, il Comandante Volpe commentò: ”Quando giungono queste lettere è brutto segno!”

Nella lettera vi era l’ordine arrivato dal Ministero di spegnimento del faro della Guardia, per l’inizio delle operazioni belliche.

 

Nota – Oggi i resti del “S. Domenico” giacciono nel grottone del Bagno Vecchio

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Gino Usai

 

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