Ambiente e Natura

La serata del 10 agosto. Le voci dei testimoni. Biagio Vitiello (9) (10)

sintesi e proposizione a cura della Redazione

Continua la presentazione degli interventi alla serata del 10 agosto, secondo l’ordine: leggi qui

 

Giuseppe Mazzella presenta “i Vitiello”, la dinastia di fanalisti che ha dato lustro all’isola e al proprio lavoro, come “Gli Stevenson di Ponza”, in analogia con la famiglia scozzese di costruttori di fari già citata e di cui si sentirà ancora parlare. Chiama quindi a ‘testimoniare’  – Giuseppe, oltre che presentatore è anche avvocato! – Biagio Vitiello, di Filippo, che al Faro della Guardia, si può dire, c’è cresciuto…

Giuseppe chiarisce il senso della sua presentazione de “i Vitiello”, una dinastia di fanalisti, con l’aiuto di Biagio, attualmente medico sull’isola.

E Biagio racconta… della presenza di quel faro così presente nella vita della sua famiglia e sua personale, da essergli  passato anche nei sogni! Dalla targa che ha sotto casa, che mette insieme nella stessa piastrella di ceramica, Ponza, il Belvedere su ‘La Madonna’ (la casa di famiglia – NdR) e l’immagine del faraglione/faro della Guardia.

A richiesta del conduttore, Biagio fornisce poi informazioni e immagini dei tre ‘Filippo Vitello’ che sono vissuti contemporaneamente a Ponza, con tali difficoltà a distinguerli da essere nominati con i patronimici… E presenta la foto sottostante scattata appunto al Faro della Guardia, sullo sfondo del ‘Fieno’ e di Capo Bianco:

Biagio commenta questa foto, come anche le successive: “Da sin.: Silverio Vitiello (zio di mio padre), già presentato sul sito (leggi qui – NdR); poi… un colonnello di Marina, e ancora, scorrendo verso sin., mio padre, suo cugino, Vitiello Filippo di Silverio e l’altro cugino Vitiello Filippo di Francesco; la foto è datata agosto 1933. Per addentrarci un po’ nelle parentele con persone molto conosciute a Ponza, Silverio Vitiello è il nonno di Ornella (come anche di Lena, Flora e Gioconda) e padre di Filippo.

Mia madre – Lucia Scotti – è cugina sia della madre di Enzo Di Fazio (Delia Scotti), sia della mamma di Cristoforo Tagliamonte (fanalista, attualmente in servizio), sia anche del padre di Gino e Pompeo Scotti…

A richiesta di Giuseppe, Biagio fornisce informazioni ancora più precise su “i tre Filippo Vitiello”:

– Filippo Vitiello di Biagio (mio padre) identificato qualche volta come Filippo Vitiello ’i Musuraca (di Misuraca, dal cognome della madre)

– Filippo Vitiello di Silverio (figlio dello stesso Silverio all’estremo sin della foto)  è alla destra di mio padre, anche lui con capigliatura fluente.

– Filippo Vitiello di Francesco: dei tre Vitiello Filippo era il più anziano (classe 1904); emigrò da Ponza per andare a lavorare al faro dell’isola di Tavolara in Sardegna.

“…E vediamo altre immagini: in questa, riferita ad una Pasquetta del 1951, io Biagio che potevo avere a mala pena un anno, sono in braccio a mio padre, e a fianco, riconoscibile, anche se molto giovane, il ‘maestro’ Totonno Scotti.

Un’altra foto ‘storica’ del Faro della Guardia, presa proprio sui gradini dell’ingresso principale: Vincenzo Ferraiuolo, Vittorio Coppa con la figlia Cristina; mio padre Filippo Vitiello (di Biagio) con la moglie Lucia (mia madre) e un marinaio della Guardia Costiera”.

“…Nelle due foto appaiate si vedono mio padre da giovane, ad un angolo del cortile del Faro e io da bambino… A quei tempi ero piuttosto ‘selvaggio’ e spesso mi nascondevo quando i ‘turisti’ in visita al Faro volevano fotografarmi”.

La foto di un’altra scampagnata al Faro, sotto il costone con sfondo del Monte Guardia, dove si possono vedere mio padre Filippo, il primo da sin in piedi, e mia madre, la terza da sin.

Scorriamo ora una serie di foto che non hanno bisogno di commento, tanto raffigurano luoghi noti a  tutti (per evidenziare le didascalie delle foto portare il cursore sulla foto stessa  – NdR)

Qualche parola sull’orto, raffigurato nell’ultima foto qui sopra. Fu costituito con terra portata a dorso di mulo – perché sul faro, ovviamente c’era solo roccia – per farne un terreno di assorbimento degli scarichi fognari e svolgeva ottimamente la sua funzione; le verdure e i pomodori crescevano che era una bellezza!

Ma per la gestione da parte dei tre fanalisti che si alternavano al Faro – quando era abitato anche dalle loro famiglie – c’era una divisione netta della parte che toccava a ciascuno. Poi c’era il pollaio, anch’esso condiviso, ma le galline avevano ognuna il loro padrone; il lavatoio con il locale per la ‘culata’, il forno, ’a piscina (la cisterna dell’acqua potabile), che veniva periodicamente riempita dalla nave cisterna  – erano i tempi del ‘Flegetonte’, chi se lo ricorda? Una volta ci fa la contaminazione tra le acque di scarico e quelle potabili: fu un brutto periodo; l’acqua bisognava bollirla, ma faceva sempre un po’ impressione. Poi la perdita  fu riparata.

Qualche foto di interni, come sono adesso dopo anni di abbandono; qui l’appartamento dell’Ufficiale, con il tavolo e la vetrinetta per i documenti importanti; nell’altra, i tendaggi ancora alle finestre… Poi c’è il vecchio motore a scoppio utilizzato per il gruppo elettrogeno, la cui manutenzione era affidata a mio padre; il che spiega la sua più lunga permanenza in servizio al Faro della Guardia (18 anni!): perché era l’unico con la qualifica di ‘motorista’.

A proposito delle foto del fanale e della lanterna, ricordo qualche episodio simpatico da riportare… Una volta mio padre fu allarmato da strani rumori che venivano dalla lanterna; accese qualche luce e guardò giù nel cortile: ebbe l’impressione che ci fossero centinaia di topi stesi per terra. Quando scese a vedere, trovò invece centinaia di quaglie, un stormo che si era perso nella nebbia e erano andato a sbattere contro l’ostacolo del Faro. Quella volta mangiammo quaglie per molti giorni!

Ma non solo quaglie venivano a sbattere contro la lanterna: un volta furono due ‘parlanti’ (Berta maggiore – NdR) che in tempi di penuria alimentare come erano quelli, mia madre provò anche a cucinare. Beh, erano immangiabili; fecero una tale puzza che mamma voleva buttare pure le pentole che erano servite per la cottura! Al che mio padre ebbe l’idea di proporle ad un certo ‘signor Allegretto’,  un confinato (credo non politico), comunque un poveraccio che abitava in una grotta vicino allo sbarcatolo e faceva piccoli lavori occasionali. Ebbene il sig. Allegretto gradì moltissimo, tanto che ringraziò mio padre con molta enfasi: “Signor Vitiello, con questo pranzo lei non mi ha fatto fare solo Natale, ma l’Epifania e anche Pasqua!”

Per concludere questa rievocazione di mio padre, voglio ricordare un elogio solenne ricevuto per un salvataggio compiuto una notte, insieme al collega (e cugino) Filippo Vitiello di Silverio (il papà di Ornella), gran marinaio e uomo abituato a imprese estreme. Salvarono da sicuro naufragio una imbarcazione da diporto in difficoltà, dalla parte della ‘Scarrupata di fuori’; non si sa come, sentite le grida di aiuto, con il mare agitato, raggiunsero il natante con la barchetta a remi in dotazione del Faro e  riuscirono con l’ausilio di una vela di fortuna a governare fino a portare la barca a ridosso, sotto l’approdo del faro, e a mettere in salvo l’equipaggio”.

Conclude tra gli applausi la sua relazione, Biagio Vitiello, e riceve un’ultima domanda dall’inappuntabile Giuseppe:

Caro Biagio, ma con questi antecedenti familiari, com’è che non hai pensato a fare anche tu il fanalista, e ti ritroviamo medico condotto?

Risponde Biagio:

– Ci ho pensato… E come se ci ho pensato! …Ma c’è stato un momento in cui per una scadenza di termini di presentazione di domanda, all’ultima tornata per entrare nel servizio Fari, dovevo prendere una decisione rapida, e non c’è stato tempo. Così mi ritrovo medico… E non è stata una cattiva scelta, in fondo…


A cura della Redazione

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