Carannante Martina

Il Diario del Nonno (4)


Per le puntate precedenti, digitare: “Il Diario del Nonno” nel riquadro in basso a sin. del frontespizio: “CERCA NEL SITO”

 di Martina Carannante

 

Così rimanemmo isolati da ogni collegamento con i vivi della terra e con l’altro battello sottomarino nostro gemello e in missione con noi, l’Onice. La lancetta dell’orologio aveva segnato per la terza volta il dodici, siamo a mezzanotte, incomincia il nuovo giorno con 26 ore d’immersione. Il nemico ci ascolta sempre anche se ha rallentato glia attacchi furiosi, noi dal fondo spiamo attraverso l’idrofono i suoi movimenti in superficie. Sono sempre uniformi intorno a noi, forse aspettano altri rinforzi? Oppure l’alba per iniziare i loro concentrici attacchi? Così pensavamo noi, 32 persone rinchiuse in quel fusiforme di pochi millimetri d’acciaio che ci separa dalla massa delle acque e da ogni collegamento con la terra. Mentre la respirazione diveniva di ora in ora sempre più pesante e asmatica, l’aria già quasi tutta avvelenata di anidride carbonica, la stessa puzza di aliti avvizziti, di olii bruciati, di sudore evaporato, di putrefazione di sentine, di acidi generati dalla trasformazione chimica degli accumulatori. Siamo quasi tutti abbattuti e snervati: che sarà di noi in questa grossa cella marina?

Illuminati da doppie file di lampadine elettriche sembra una notte senza fine, abbagliati come in un laboratorio chimico, stanchi e sconfitti dal sonno, non riusciamo a dormire, il sistema nervoso è troppo provato, ognuno di noi è abbattuto sul proprio posto di manovra, chi vaga con gli occhi intorno come per cercare qualcosa per potersi distrarre, chi con le dita delle mani incrociate fa girare i pollici rimasti liberi, chi si stiracchia, chi sbadiglia…che noia! Che pena insopportabile! Nessuno di noi aveva il pensiero della morte, eppure era lì di fronte a noi che ci spiava. Son passate ancora quattro ore, sono le quattro del mattino: un nuovo giorno. Che ci sarà ancora oggi? Solo la fatalità lo sa. La respirazione aumenta il suo ritmo, incominciamo a sentirci tutti malati, sono ormai trenta ore che non respiriamo più aria pura e il nemico non desiste dallo spiarci. Nel frattempo il comandante ordina di aprire tutte le cassette di Bullock, un composto di calcio e soda caustica, che messo a contatto con l’anidride carbonica l’assorbe producendo ossigeno (*). Man mano che la reazione del processo Bullock avanza s’incomincia a sentire sollievo. Quanto ossigeno ci può rifornire questo Bullock?  Nessuno pensa a questo. La respirazione migliora, con essa ritorna la vita e le speranze si accendono in noi.

Solo i due idrofonisti, dandosi il cambio al’ascolto, sentivano i movimenti in superficie dei caccia mentre il comandante con il secondo sorvegliavano gli strumenti, calcolavano e ordinavano. Dalle ore 23:00 della notte non segnalavano che soli due caccia perché gli altri due si erano allontanati; l’alba delle ore 06:30 marcò l’arrivo di otto caccia che si avvicinavano a noi: fra non molto incomincerà il nuovo ballo.

Le semplici parole del comandate, in risposta ad un capo che aveva fatto domande a riguardo, furono: – Fate attenzione e coraggio! 

Alle ore 08:00 ogni moto propulsore è cessato, si sentono i rumori di alcuni piccole imbarcazioni, forse qualche consiglio di guerra fra comandante dei caccia, l’orologio marca le 9:00 , si sentono altre imbarcazioni solcale il mare, poi più nulla. All’improvviso si ode un tonfo, come un corpo caduto in acqua e le macchine di un caccia che si avvicina adagio.

 ***

Tutti quelli della camera di manovra videro il comandante stringere i pugni e alzare la testa balbettando queste parole: – …Torpedine da rimorchio!. Poi chiamò il nostromo e lo mise a timone verticale raccomandandolo di fare bene attenzione a lui e così tutti attendemmo che cosa ci poteva fare questo nuovo ordigno. Il caccia su di noi solca in tutte le direzioni e così il nostro comandante fa invertire di continuo la rotta. Di nuovo la bestia uomo mette astuzia contro astuzia, intelligenza contro intelligenza, questa macchina perfetta riceve, calcola, trasmette.

Ci odiamo, ci combattiamo eppure non ci siamo mai conosciuti; ma a qualunque costo essi chiedono la nostra fine. Oh uomini, voi che godete ancora la luce diurna, forse anche allegramente, non canterete di gloria per averci distrutto! Perché vi accanite tanto contro di noi che da giorni non vediamo più la luce del sole e da ottantasei ore non vediamo più neanche la luce delle stelle? Non respiriamo più aria pura in modo da riempire i nostri polmoni quasi malati, né la brezza marina accarezza i nostri volti… Ormai siamo impotenti alle vostre offese! Volgiamo alla fine del nostro dialogo, voi cercate di ammazzare delle cose già morte!

Signor cacciatore, mi sento orgoglioso di essere su questo battello che voi avete scambiato per un cinghiale senza denti per l’offesa. Mentre voi vi sentite come cinque leoni alla nostra caccia…

Passa ancora un’ora. La caccia continua sempre più stretta e accanita…

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Dal diario di Aldo Mazzella, recuperato e trascritto dalla nipote Martina Carannante

(*) Nota – L’apparato probabilmente utilizzava come reattivo la cosiddetta  “calce sodata”; si tratta di un composto chimico molto alcalino in grado di neutralizzare l’anidride carbonica. Generalmente è in forma granulare. I principali elementi chimici che partecipano alla reazione sono: idrossido di calcio (oltre il 70%), idrossido di sodio (circa 3%), idrossido di potassio (circa 1%) ed acqua (16-20%). L’assorbimento vero è proprio è operato dall’idrossido di sodio, un prodotto fortemente caustico. La reazione non produce ossigeno, ma semplicemente ‘cattura’ l’anidride carbonica, il cui innalzamento anche lieve può rendere l’aria inspirata altamente tossica – (NdR)

[Il Diario del Nonno. (4) Continua]

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