di Franco De Luca
In attesa della seconda parte di Sandro Russo
Mi annoia la nostalgia “consolatoria” .
Amo la nostalgia “propulsiva”.
La nostalgia “consolatoria” per me è quella che ti inebetisce ogni volontà perché ti avvoltola nella rete dei ricordi e ti blandisce con essi. I quali, essendo lontani nel tempo, appaiono ammantati di bellezza, di giovinezza, di gioia, di spensieratezza. Ed è falso, perché ciò lo determinano la lontananza e il ricordo; essi elidono ogni bruttura ed emulcono ogni evento.
Ti consola questa nostalgia perché ti ammanta di bambagia del passato. Il quale è passato e dunque ti dà dolore, ma attraverso la nostalgia tale dolore “ritorna”: sopportabile, addolcito quasi, “consolatorio”.
Sì, consolatorio perché il presente è confronto, è dialettica, è opposizione, è lotta.
E allora il “ritorno nel passato”, mollemente doloroso, rende sopportabile il presente. Te lo fa digerire.
La “nostalgia propulsiva” ha lo stesso marchio del ritorno nel passato, perché sono i ricordi ad alimentarla. Questi (i ricordi) hanno lo stesso marchio del “dolore”, perché riportano a persone, eventi, atmosfere perdute per sempre. Ma… da tutto ciò emerge un senso di aggressione nei confronti del presente, della vita quotidiana, dell’attualità.
Questa nostalgia non si crogiola, si scuote; non si avviluppa nell’abbandono, se ne libera; non ristagna, si fa carico di nuova energia.
Al postutto la nostalgia serve per “ri-trovarsi” in ciò che è stato e in ciò che eri, e da questo partire per affrontare ciò che è e ciò che sei.
Francesco De Luca
(*) Etimologia del termine nostalgia: dal greco nòstos ritorno e àlgos dolore (NdR)
Silverio Tomeo
19 Maggio 2012 at 07:41
Nostalgia sta per dolore del ritorno negato, difficile o impossibile che sia. Può essere un ritorno al passato, o piuttosto a un luogo, a un’origine. Una narrazione classica del nòstos è l’Odissea, tanto da essere diventata un archetipo. La nostalgia è una parola moderna che venne individuata in una dissertazione medica del 1688 come una malattia (anche mortale) che colpiva i soldati delle valli svizzere quando erano in lontani paesi e guarnigioni. Gli antichi conoscevano la nostalgia come desiderium patriae. Soltanto nella seconda metà dell’Ottocento la nostalgia si emancipa dal linguaggio medico ed entra nel lessico dei sentimenti. Sentimento e non ri-sentimento, attivo e non passivo, fonte di elaborazione dell’esilio, dell’erranza, del non-luogo e dell’altrove, il sentire della nostalgia può essere giacimento di intelligenza poetica delle cose e persino di azione ben piantata nel presente. Stranieri, migranti, esuli, apolidi, hanno conosciuto e conoscono il morso della nostalgia. Come si diceva in una canzone di Gianfranco Manfredi degli anni ’70: “Ma non è una malattia”.
Vincenzo Ambrosino
19 Maggio 2012 at 19:43
Franco De Luca ha risposto per me, questo è quello che intendevo, raccontando della pipa di mio padre: un oggetto, rotto, ma che nelle mie mani prende forma, colori, immagini…. (“La nostalgia “consolatoria” per me è quella che ti inebetisce ogni volontà… leggi articolo Franco”) quindi, quando facciamo parte dei comitati è per far rivivere, dar nuovo lustro alle vecchie tradizioni? Ma perché allora non capire che la Chiesa è sempre la stessa, solo che i preti sono più esposti a critiche, nell’invasiva società delle comunicazioni? E allora queste tradizione legate anche all’ambito religioso devono trovare nuove forme di aggregazione. Il prete faccia il prete: la processione, i cori, l’arredamento della chiesa ecc..; ai mortaretti, alle danze, alla musica, alle bancarelle, al profano-folcloristico-turistico ci pensi una nuova organizzazione che ripartendo dalla conoscenza fedele della tradizione, la rinnovi, la renda popolare, possibilmente seguita dai vecchi e dai giovani, la rafforzi di nuovi iniziative che richiamino sponsor interessati e rinfocoli entusiasmi.
“C’era una volta quel bambino che non sapeva cosa era l’ombra, oggi c’è un uomo che sa cos’è l’ombra, ma non sa come fare ad accendere la luce senza dover pagare la bolletta. Questa soluzione sarebbe molto utile nel presente ma purtroppo non sono capace di realizzarla, per questo continuo a parlare del passato!”