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Informazioni di base sulle droghe d’abuso (9). Gli Oppiacei (4)

di Sandro Russo

 

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Gli oppiacei, sostanze d’abuso di origine antichissima, comprendono molecole di origine vegetale come l’oppio, sostanze raffinate chimicamente, come morfina ed eroina (di-acetil-morfina), e molecole di sintesi (tra cui il metadone). Si fa inoltre menzione delle ultimi prodotti sul mercato del consumo illegale.

L’eroina è presente sul mercato in vario grado di purezza, in associazione  con ‘sostanze da taglio’ che possono essere relativamente inerti, aggiunte al solo scopo di aumentare la quantità (dette ‘diluenti’: glucosio, lattosio, bicarbonato di sodio), o addizionate per modificare in vario modo gli effetti della droga (dette ‘adulteranti’: caffeina, lidocaina); particolarmente insidiosa, per gli effetti imprevedibili che determina, è l’associazione eroina + cocaina (nota come speedball – leggi qui).

Recentemente si è registrata l’introduzione sul mercato illecito del Kobrett (o Cobret), un composto da fumare a base di eroina a bassa concentrazione. Il prodotto viene qui segnalato per sfatare l’erroneo luogo comune che le sostanze ‘da fumare’ non sono pericolose. L’uso prolungato del Cobret infatti porta anch’essa all’assuefazione da oppiacei.

 

Infine, tra gli ultimi arrivi su mercato è da accennare alla droga cosiddetta ‘Krokodile’ (Coccodrillo), un oppiaceo particolarmente pericoloso, con le caratteristiche mostrate nella figura qui sotto:

A proposito del Metadone, ad eliminare equivoci, è da sottolineare come esso sia un analogo degli oppiacei (…e non un antidoto! – vedi in seguito), sebbene utilizzato nelle terapie di disassuefazione. A questo scopo ha il vantaggio di poter essere assunto per bocca, a dosi progressivamente minori, a tossicodipendenti consenzienti a tale terapia e per evitare la sindrome di astinenza (vedi in seguito). Ma rimane una sostanza oppiacea! Basta pensare ai numerosi casi di intossicazioni in bambini che lo assumono per errore – perché è uno sciroppo dolce! – per averlo trovato nell’armamentario farmaceutico dei genitori.

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Le sostanze oppiacee, nel cervello, si fissano a recettori specifici identificati in tempi relativamente recenti.

Sono stati gli studi relativi alla selettiva localizzazione delle sostanze oppiacee a far nascere l’interrogativo sul perché l’evoluzione avesse predisposto questo particolare sistema di recettori. Non certo per gli oppiacei; ci doveva essere una sostanza endogena con caratteristiche simili che elettivamente utilizzava tali recettori. Una volta focalizzata la ricerca si è arrivati  (nel 1975) alla identificazione delle endorfine. Esse sono un gruppo di sostanze prodotte dal cervello, classificabili come neurotrasmettitori, dotate di proprietà analgesiche e fisiologiche simili a quelle della morfina e dell’oppio, ma con portata più ampia. Attualmente si conoscono quattro distinte classi di endorfine, dette rispettivamente ‘alfa’, ‘beta’, ‘gamma’ e ‘delta’. Dotate di una potente attività analgesica e sedativa, fungono quindi da “anestetico naturale” con benefici simili alla morfina e ad altre sostanze oppiacee (calmano il dolore e danno euforia, appagamento e senso di benessere). Vengono rilasciate dal corpo, ad esempio, durante l’attivita’ sportiva prolungata, sesso, bacio, innamoramento, contatto, carezza, quando si mangia cacao, e anche durante le sedute di agopuntura e agopressione, rilassando e attenuando i dolori.

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Il paziente con intossicazione da oppioidi presenta una globale depressione delle funzioni del Sistema Nervoso Centrale (SNC )con analgesia, sonnolenza, variazioni dell’umore, rallentamento ideo-motorio e globo vescicale.

Gli oppiodi, con maggior evidenza di qualunque altra droga d’abuso determinano tolleranza, dipendenza sia fisica che psichica, astinenza e craving  (leggi qui) – in sequenza e in grado elevato – che si instaurano precocemente nell’uso della droga.

Per il fenomeno della tolleranza, in seguito all’uso continuativo degli oppiacei, si verifica dopo qualche tempo la diminuzione o scomparsa di alcuni degli effetti caratteristici. I primi a ridursi sono gli effetti collaterali sgradevoli della nausea e del vomito, ma anche la depressione respiratoria tende ad attenuarsi. Non si sviluppa mai invece una completa tolleranza agli effetti degli oppioidi sulla pupilla (miosi), sull’intestino (stitichezza) e sulla libido (impotenza). Mentre la tolleranza si sviluppa ben presto per gli effetti analgesici ed euforici.

La “meravigliosa sensazione di benessere” che le persone ‘addicted’ provano nei primi tempi, scompare con l’uso ripetuto; la si può rinnovare per qualche tempo con l’aumento delle dosi, ma inevitabilmente tende a ridursi.

Il rapido aumento delle dosi che spesso travolge il soggetto dipendente – soprattutto da eroina – rappresenta il vano tentativo di ritrovare la beatitudine delle prime esperienze. Sono tipici della dipendenza all’ultimo stadio la compulsività dell’uso, la priorità della sostanza rispetto a qualunque altro valore e un deterioramento globale dei comportamenti: esistenze esclusivamente dedicate a procacciarsi e a consumare ‘la droga’. La trappola dell’eroina è proprio questa: la riduzione delle sensazioni più piacevoli insieme alla necessità di continuarne l’uso per evitare malessere e sofferenza.

L’overdose da oppiacei si manifesta con una sintomatologia caratteristica consistente in  depressione respiratoria e cardiocircolatoria e miosi [in caso di dubbio diagnostico, la miosi, ovvero il restringimento della pupilla (a spillo) è il più caratteristico!].

In queste condizioni – evidentemente a rischio imminente di morte – la pratica salvavita è la ventilazione del paziente, il cui respiro è primariamente depresso dall’oppioide (oblio respiratorio), seguita dalla somministrazione dell’antidoto specifico (Naloxone®).

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Tipicamente una brusca sospensione degli oppiacei, in un organismo assuefatto, determina una sindrome di astinenza, denominato il slang americano “cold turkey” (tacchino freddo), per la caratteristica della pelle che sembra quella di un pollo spennato.

I principali  sintomi dell’astinenza da oppiacei sono: lacrimazione, sudorazione, tremori, anoressia (perdita dell’appetito), midriasi (pupille dilatate, il contrario della miosi dell’intossicazione acuta), febbre, insonnia, tachipnea (respiro superficiale e frequente), vomito, diarrea, brividi di freddo e piloerezione (responsabile dell’aspetto cutaneo che dà origine alla ‘sindrome del tacchino freddo’).

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Numerosi film rappresentano in modo veritiero e incisivo il mondo delle droghe – dell’eroina in particolare – per gli aspetti che stiamo trattando. Ne presentiamo solo tre; notevolmente diversi per registro e modo di mettere in scena quel mondo, ma quando li si è visti, è difficile dimenticarli.

Maria full of grace – Maria piena di grazie – film del 2003 del regista Joshua Marston che delinea la realtà di giovani donne della Colombia che fungono da ‘corrieri della droga’ – body packers – tra quel paese e gli Stati Uniti, con l’intestino pieno di ovuli di eroina o di cocaina. Uno solo di essi, in caso di rottura e assorbimento, può essere mortale

 

I comportamenti compulsivi di cui si parla nel testo sono acutamente rappresentati, con una vena surreale e grottesca, nel film ‘Trainspotting” di Danny Boyle del 1996, dal romanzo omonimo di Irvine Welsh (1993)

 

Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino (‘Christiane F. – Wir Kinder vom Bahnhof  Zoo’): del 1981 diretto da Uli Edel. Un film duro da vedere, ma fondamentale ed estremamente coinvolgente sui comportamenti giovanili in relazione all’abuso di eroina.

 

Sandro Russo

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