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Un antico manoscritto…

[1]

di Pasquale Scarpati

 

Gentile Redazione

Innanzitutto voglio cordialmente salutare tutti voi e tutti quelli che scrivono o leggono su questo sito. In particolar modo il mio caro saluto va a Gennaro di Fazio, a Silverio Lamonica e a tutti quelli che mi dilettano con le loro ricerche storiche. Spinto dal loro esempio anch’io, pur nella mia forzata inattività fisica, ho cercato qualcosa e, dopo tanto, finalmente, ho trovato, nella chiesetta della “Madonna di Ponza” o tra i ruderi del convento di monte Tortona o nella biblioteca dell’arcidiocesi di Gaeta (esattamente non ricordo) un antico manoscritto stilato in latino tardo che trascrivo integralmente (molte parole, però, con il tempo, si sono sbiadite e sono illeggibili).

Sic… Incipit… qui sunt albati et qui audiunt novas res –

Deus postquam fecerat coelum et terram et viderat omnia….

 

…Ma credo che sia meglio tralasciare il latino e direttamente tradurre…

 

Per quelli che indossano la candida veste e… “chi ha orecchi per intendere, intenda”

 

“Dio dopo aver fatto il cielo e la terra, dopo aver visto che tutto ciò che aveva creato era buono e dopo aver riposato, guardò di nuovo le Sue creature e volle dare all’uomo un’ulteriore prova della Sua grandezza e magnanimità. Come un pasticciere rifinisce ad arte una torta per renderla più bella ed appetitosa, decise, infatti, di rifinire il mondo con alcune bellezze particolari. Tra l’altro, avendo delimitato il mar Tirreno ad ovest e a sud con due grosse isole, pensò bene di spargere a pioggia, verso nord, una serie di granelli più o meno grandi.

Rimaneva, però, uno spazio piuttosto ampio: una distesa di mare piatta ed informe.

Il Creatore decise, quindi, di spezzare quella monotonia con altri granelli. Così punteggiò quel tratto di mare con alcune isole cominciando dal punto più vicino alla costa. Ad ognuna di esse diede qualcosa di bello ed affascinante: ad una dei faraglioni ed una grotta, ad un’altra addirittura un vulcano ed acque termali, ad altre la grazia di essere piccole e seducenti.

Alla fine, aleggiando sul vasto mare, chiamato Ponto, ed avendo ancora a disposizione, nella sua bisaccia, molte bellezze ,decise di concentrarle nell’ultima Sua creatura, regalandole: faraglioni e cale e calette e grotte marine e spiagge di tutti i tipi ed arbusti e ginestre ed anfratti e colori che gareggiavano con quelli del mare, del cielo e dell’arcobaleno. Inoltre, come in una corona regale sono incastonate pietre preziose, così la circondò di meravigliose perle. Rimase talmente entusiasta di questa Sua ultima opera che, trascorso poco tempo da che Suo Figlio aveva redento il mondo, volle affidarla nientemeno che ad un Suo più alto rappresentante sulla Terra, pensando che così facendo potesse preservarla dagli attacchi del Maligno.

Ma quest’ultimo, si sa, non sta con le mani in mano ed in ogni momento ed in ogni luogo cerca di distruggere quello che il suo Nemico ha creato. Lasciò, più o meno, in pace quei luoghi quando imperversava il paganesimo (a lui non importava niente), favorì soltanto la costruzione di apogei, di alcune ville, di tunnel, acquedotti, cisterne, ma non più di tanto, ben sapendo che sarebbero andati in rovina per sempre e così sarebbero rimasti nel tempo.

Quando Cristo Gesù portò la salvezza, il Malvagio solo all’occorrenza rivolse il suo sguardo verso quella perla del creato. Ne fece, infatti, una terra di martirio e, non appena qualche ordine sacro tentava di porvi piede, lui immediatamente si adoperava affinché venisse perseguitato e scacciato. Gongolava vedendola abbandonata, boscosa ed abitata soltanto da animali selvatici.

Un giorno Dio si ricordò che aveva promesso all’uomo che avrebbe comandato su tutti gli animali e che avrebbe potuto fruire a pieno di tutto ciò che Egli aveva creato. Per questo si adoperò affinché un manipolo di uomini andasse in quell’angolo di paradiso.

Ma il Maligno subito si pose in agguato e balzò al loro fianco meditando una sottile vendetta. Memore, infatti, che, nonostante la cacciata dei Progenitori dal Paradiso terrestre, vi era stata, comunque, la Redenzione, pensò bene di instillare nell’animo di quegli uomini un egoismo così violento da portare alla distruzione quella bellezza del Creatore, trasformando, essi stessi, in inferno il loro paradiso terrestre.

Per prima cosa li accecò talmente  che quelli, non vedendo nulla, calpestarono tutto.

Fece fare, poi, talmente tanto chiasso e rumore che quelli non sentirono più la voce del Creatore – Dio, si sa, preferisce il silenzio – e lui ne approfittò per inculcare nel loro animo questo pensiero:  “Avete  una bellezza incomparabile, che sicuramente durerà per sempre, dovete solo sfruttarla; è talmente bella che non c’è alcun bisogno di aguzzare l’ingegno né tanto meno di dare qualcosa in cambio. Usate tutto senza riguardo né per il paesaggio (terrestre o marino che sia), né per la flora né per la fauna, perché vi è stato dato gratuitamente”.

Quest’ ultima parola rimbombò nelle orecchie di quegli uomini a tal punto che i loro cuori indurirono come le pietre riarse della loro terra. Arraffarono tutto, sgomitando ed avvinghiandosi. Addirittura pregarono il loro grande Santo Protettore di intercedere presso il Signore affinché sostituisse il “dacci oggi il nostro pane quotidiano” in: “dacci oggi il nostro litigio quotidiano”.

Ma Egli, frastornato da tutti quei rumori, aveva distolto gli occhi da loro perché non riusciva più a sentire.

Moltissimi, terrorizzati, fuggirono da quella terra con la morte nel cuore. Così quella bellezza, come una nave abbandonata a se stessa, andò alla deriva…”

 

Mentre leggevo, perplesso, questo antico manoscritto si è avvicinato un sant’uomo che mi ha rincuorato, dicendo: “Non ti preoccupare; vedrai rifiorire il granello come seme; le cose cambieranno: si valorizzerà la flora e la fauna, tutto sarà sostenibile e fruibile, le grosse ciance andranno via come i neri uccelli migratori, si apriranno di nuovo gli occhi perché le vie del Signore sono infinite; quella che hai letto è una storia di tanto tempo fa… Amen”

Mi ha dato fiducia e ringrazio tutti per la benevola attenzione

 

Pasquale Scarpati

Gentile Redazione

Innanzitutto voglio cordialmente salutare tutti voi e tutti quelli che scrivono o leggono su questo sito. In particolar modo il mio caro saluto va a Gennaro di Fazio, a Silverio Lamonica e a tutti quelli che mi dilettano con le loro ricerche storiche. Spinto dal loro esempio anch’io, pur nella mia forzata inattività fisica, ho cercato qualcosa e, dopo tanto, finalmente, ho trovato, nella chiesetta della “Madonna di Ponza” o tra i ruderi del convento di monte Tortona o nella biblioteca dell’arcidiocesi di Gaeta (esattamente non ricordo) un antico manoscritto stilato in latino tardo che trascrivo integralmente (molte parole, però, con il tempo, si sono sbiadite e sono illeggibili).

Sic… Incipit… qui sunt albati et qui audiunt novas res –

Deus postquam fecerat coelum et terram et viderat omnia….

 

…Ma credo che sia meglio tralasciare il latino e direttamente tradurre…

 

Per quelli che indossano la candida veste e… “chi ha orecchi da intendere, intenda”

 

“Dio dopo aver fatto il cielo e la terra, dopo aver visto che tutto ciò che aveva creato era buono e dopo aver riposato, guardò di nuovo le Sue creature e volle dare all’uomo un’ulteriore prova della Sua grandezza e magnanimità. Come un pasticciere rifinisce ad arte una torta per renderla più bella ed appetitosa, decise, infatti, di rifinire il mondo con alcune bellezze particolari. Tra l’altro, avendo delimitato il mar Tirreno ad ovest e a sud con due grosse isole, pensò bene di spargere a pioggia, verso nord, una serie di granelli più o meno grandi. Rimaneva, però, uno spazio piuttosto ampio: una distesa di mare piatta ed informe. Il Creatore decise, quindi, di spezzare quella monotonia con altri granelli. Così punteggiò quel tratto di mare con alcune isole cominciando dal punto più vicino alla costa. Ad ognuna di esse diede qualcosa di bello ed affascinante: ad una dei faraglioni ed una grotta, ad un’altra addirittura un vulcano ed acque termali, ad altre la grazia di essere piccole e seducenti. Alla fine, aleggiando sul vasto mare, chiamato Ponto, ed avendo ancora a disposizione, nella sua bisaccia, molte bellezze decise di concentrarle nell’ultima Sua creatura, regalandole: e faraglioni e cale e calette e grotte marine e spiagge di tutti i tipi ed arbusti e ginestre ed anfratti e colori che gareggiavano con quelli del mare, del cielo e dell’arcobaleno. Inoltre, come in una corona regale sono incastonate pietre preziose, così la circondò di meravigliose perle. Rimase talmente entusiasta di questa Sua ultima opera che, trascorso poco tempo da che Suo Figlio aveva redento il mondo, volle affidarla nientemeno che ad un Suo più alto rappresentante sulla Terra, pensando che così facendo potesse preservarla dagli attacchi del Maligno.

Ma quest’ultimo, si sa, non sta con le mani in mano ed in ogni momento ed in ogni luogo cerca di distruggere quello che il suo Nemico ha creato. Lasciò, più o meno, in pace quei luoghi quando imperversava il paganesimo (a lui non importava niente), favorì soltanto la costruzione di apogei, di alcune ville, di tunnel, acquedotti, cisterne, ma non più di tanto, ben sapendo che sarebbero andati in rovina per sempre e così sarebbero rimasti nel tempo.

Quando Cristo Gesù portò la salvezza, il Malvagio solo all’occorrenza rivolse il suo sguardo verso quella perla del creato. Ne fece, infatti, una terra di martirio e, non appena qualche ordine sacro tentava di porvi piede, lui immediatamente si adoperava affinché venisse perseguitato e scacciato. Gongolava vedendola abbandonata, boscosa ed abitata soltanto da animali selvatici.

Un giorno Dio si ricordò che aveva promesso all’uomo che avrebbe comandato su tutti gli animali e che avrebbe potuto fruire a pieno di tutto ciò che Egli aveva creato.

Per questo si adoperò affinché un manipolo di uomini andasse in quell’angolo di paradiso.

Ma il Maligno subito si pose in agguato e balzò al loro fianco meditando una sottile vendetta. Memore, infatti, che, nonostante la cacciata dei Progenitori dal Paradiso terrestre, vi era stata, comunque, la Redenzione, pensò bene di instillare nell’animo di quegli uomini un egoismo così violento da portare alla distruzione quella bellezza del Creatore, trasformando, essi stessi, in inferno il loro paradiso terrestre.

Per prima cosa li accecò talmente  che quelli, non vedendo nulla, calpestarono tutto.

Fece fare, poi, talmente tanto chiasso e rumore che quelli non sentirono più la voce del Creatore – Dio, si sa, preferisce il silenzio – e lui ne approfittò per inculcare nel loro animo questo pensiero:  “Avete  una bellezza incomparabile, che sicuramente durerà per sempre, dovete solo sfruttarla; è talmente bella che non c’è alcun bisogno di aguzzare l’ingegno né tanto meno di dare qualcosa in cambio. Usate tutto senza riguardo né per il paesaggio (terrestre o marino che sia), né per la flora né per la fauna, perché vi è stato dato gratuitamente”.

Quest’ ultima parola rimbombò nelle orecchie di quegli uomini a tal punto che i loro cuori indurirono come le pietre riarse della loro terra. Arraffarono tutto, sgomitando ed avvinghiandosi. Addirittura pregarono il loro grande Santo Protettore di intercedere presso il Signore affinché sostituisse il “dacci oggi il nostro pane quotidiano” in: “dacci oggi il nostro litigio quotidiano” .

Ma Egli, frastornato da tutti quei rumori, aveva distolto gli occhi da loro perché non riusciva più a sentire.

Moltissimi, terrorizzati, fuggirono da quella terra con la morte nel cuore. Così quella bellezza, come una nave abbandonata a se stessa, andò alla deriva…”

 

Mentre leggevo, perplesso, questo antico manoscritto si è avvicinato un sant’uomo che mi ha rincuorato, dicendo: “Non ti preoccupare; vedrai rifiorire il granello come seme; le cose cambieranno: si valorizzerà la flora e la fauna, tutto sarà sostenibile e fruibile, le grosse ciance andranno via come i neri uccelli migratori, si apriranno di nuovo gli occhi perché le vie del Signore sono infinite; quella che hai letto è una storia di tanto tempo fa… Amen”

Mi ha dato fiducia e ringrazio tutti per la benevola attenzione

 

Pasquale Scarpati